Giacinto Piracci Septet – Seven tales of guilt (Dodicilune Dischi Ed561)

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Rimani piacevolmente sorpreso quando leggi l’affetto che la stampa ha verso questo talentoso musicista napoletano e titoli come una chitarra dal respiro orchestrale, ti conducono per mano nell’ascoltare Seven tales of guilt con animo sereno, ma anche curioso: le ampie armonie, i gustosi arrangiamenti, la dinamicità che ciascuna composizione porta in dote, ti invitano a respirare a pieni polmoni. Come cantava Eugenio Bennato, il Golfo di Napoli è difeso solo dalle sirene e sono sicuro che Giacinto Piracci con la sua chitarra si sia seduto più volte sul balcone, cogliendone colori lontani e profumi vicini. Lo intuisce dall’iniziale And darkly bright, are bright in dark directed (ispirato del Sonetto 43 di Shakespeare) e dalla complicità emotiva del sestetto con cui ha composto questo disco ossia Umberto Muselli (sax tenore), Giulio Martino (sax soprano e tenore), Francesco Desiato (flauto e sax baritono), Ergio Valente (piano), Umberto Lepore (contrabbasso) e Leonardo De Lorenzo (batteria). L’album propone sei sue composizioni originali, più la rilettura di Heaven, tratto dal Second Sacred Concert di Duke Ellington. Il bel cd si apre a fisarmonica e propone le riflessioni del critico musicale Ugo Sbisà, concreto nel richiamare la nostra attenzione sul fatto che (alla base di questo disco) ci sono anche delle suggestioni letterarie che rimandano sia alla letteratura occidentale o alle miniature letterarie della cultura giapponese: concordo con lui sul fatto che l’aspetto più sorprendente è rappresentato dall’approccio compositivo che (mi ripeto) mi immagino sia fatto di aria fresca fatta entrare in casa alla mattina presto e da quegli odori tipici del Mediterraneo. Se amate il coraggio (incosciente ed istintivo) di tutta la variegata produzione di Pat Metheny (ma anche di Joe Cohn), troverete soddisfazione filosofica da un paio di brani di Seven tales of guilt: poi concentratevi su Minor Figure ed ipotizzate che sia un brano sconosciuto di Wayne Shorter, magari con i Weather Report. Quando l’avete fatto, ritornate con lo sguardo alla copertina del disco di Giacinto Piracci, opera di Sergey Nivens: la luce fioca illumina le pagine di un libro da cui sicuramente sgorgano emozioni, perché l’abilità del narratore sta anche nell’avere il potere della sintesi. E’ la stessa emozione che proviamo nell’ascoltare il suo brano Haiku In Eight Bars: rimanda alla tecnica atavica delle poesie giapponesi (composte di tre versi per complessive diciassette more, secondo lo schema 5/7/5) che riescono a narrarti lunghe situazioni naturalistiche, utilizzando pochi versi. Un brano davvero pieno di pathos, forte come la nostalgia malinconica che ti sale impetuosa, quando hai voglia di risentire Ospedale delle Bambole.

Tracklist di questo disco: And darkly bright, are bright in dark directed / Minor Figure / Haiku in eight bars / Finzioni / Ospedale delle Bambole / Bartleby / Heaven.