J.C. Cinel: i tempi sono cambiati, ma l’amore per il rock è immutato!

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Un ritorno solista dopo oltre dieci anni potrebbe sembrare una pazzia in un mercato discografico caotico come quello attuale, ma J.C. è artista vero con un motto semplice “Quando la musica chiama un artista deve rispondere”.

Ciao JC, complimenti per il disco, molto bello, veramente un piacere ascoltarlo.

Ti ringrazio Beatrice mi fa molto piacere tu abbia apprezzato “Where The River Ends”, nella tua recensione hai colto molte sfumature, non solo dal lato strettamente  musicale, ma anche  emozionale e questo per un artista è sempre una bella soddisfazione. Ho sempre prediletto una scrittura  piuttosto articolata ma che non perdesse mai di vista il formato “song”,che  alla fine riporta l’ascoltatore su terreni più conosciuti e confortevoli.. .é stato un lungo lavoro ma sono pienamente soddisfatto del risultato ottenuto.

Come mai tanto tempo tra il precedente e questo nuovo album. Undici anni con la discografia di oggi sono un’eternità. Cosa hai fatto in questo tempo?

Hai perfettamente ragione. Questi anni sono stati veramente molto intensi ed attivi nella dimensione “live“…abbiamo girato spesso in Europa per presentare il precedente album, ho fatto altre collaborazione che mi hanno impegnato tantissimo, tanti viaggi che ritengo fondamentali per conoscere e raccontare, per scrivere bisogna innanzitutto vivere esperienze. Infine non nego che il mio approccio estremamente meticoloso in studio ha portato via un sacco di tempo in quanto mi occupo personalmente della scrittura di tutti i brani, gli arrangiamenti e della produzione sonora. Un percorso che richiede molte energie e determinazione.

Rispetto a “The Light Of A New Sun” cosa è mutato nella tua scrittura e tu come persona ed artista in cosa pensi di essere cambiato?

“The Light Of A New Sun” era un disco molto speranzoso, sognante  ,scritto in parte durante le mie permanenze americane, si percepiscono gli spazi enormi, la voglia di osare, di mettersi in gioco, di condividere le descrizioni di un mondo affine e comune, la voglia di viaggiare al di fuori dagli schemi prestabiliti, di fare la differenza.”Where The River Ends” è un disco più disincantato. Il fiume-vita  ti lascia spesso disilluso, le trasformazioni e allontanamenti che si avvicendano nel lungo percorso ti ricordano che alla fine nulla è realmente permanente e che la nostra identità e personalità  deve essere alimentata soprattutto da dentro…L’esigenza di bastare a se stessi ,di togliersi dal futile e inutile che purtroppo ci avvolge costantemente. Musicalmente ho voluto soddisfare e concludere un percorso evolutivo  iniziato tanti anni fa, una miscela di stili ed influenze che si sono susseguiti  per approdare all’ultimo capitolo che enfatizza il mio lato più hard rock/prog che è sempre stato presente, ma che nei dischi precedenti era meno spinto, meno invadente. Questo disco conclude il cerchio  e mi permette di essere riuscito a mettere in musica tutto ciò che rappresenta il mio sentire artistico .

L’avvento della musica liquida negli ultimi anni ha completamente modificato la percezione della stessa. Tutti corrono dietro ai singoli, al consenso immediato. Ti chiedo: ha ancora senso oggi pubblicare album interi? E quanto è difficile essere artisti puri oggi?

Penso sia innanzitutto fondamentale accettare che il ruolo della musica oggi è cambiato completamente. Non è più  identificazione, stile di vita, appartenenza viscerale, bensì’ qualcosa di più distratto, disinvolto, meno presente. Nessuno vuol più pagare per la musica, abbonamenti ridicoli a piattaforme digitali con totale accessibilità di download e ascolto, la musica è stata svenduta come qualcosa di non indispensabile, quindi penso sia ovvio che l’usufrutto veloce e compulsivo sia privilegiato. Essere artisti oggi ha a che fare con se stessi come dicevo prima. Le opportunità ed aspettative si sono drasticamente ridimensionate. L’artista deve capire che non ci si può più aspettare nulla che non possa essere commercializzato velocemente, essere artisti vuol dire sentire  l’esigenza di scrivere e di raccontare a prescindere dal mondo che ci gira attorno.

Come ti viene l’ispirazione dei testi? Mi parli del loro contenuto in generale? Io ho molto apprezzato le parole di “Strangers”. Ti senti fuori contesto in questo mondo alcune volte?

Mi sento spesso un occhio distante che osserva e interiorizza, questo è ciò che mi spinge a scrivere…le difficoltà dell’appartenere ad un mondo alla completa deriva emozionale e spirituale dove spesso cultura ,arte e profondità intellettuale  hanno minima rappresentanza ed eco….Il carrozzone televisivo e mediatico che sforna modelli vincenti di avere/apparire ha decisamente contribuito a svuotare la curiosità…Ho sempre amato i testi che provano a  risvegliare le coscienze che creano dubbi e domande e non soluzioni preconfezionate. Mi sento s fuori contesto da sempre ah ah…grazie a questo” mood” ho imparato  che sentirsi uno “stranger” è un valore aggiunto anche se all’inizio può nn sembrare così, è quello che mi ha permesso di diventare un artista, di capire che c’è più poesia nella diversità, nell’impossibilità che ci spinge a crescere. Lo “Stranger” è il camminatore solitario, colui che grazie ai suoi dubbi va ad esplorare e conoscere il mondo.

So che suoni spesso nel nord Europa. Vedi differenze rispetto all’Italia? In termini diattenzione e rispetto per la musica suonata?

Sono ormai più di venti anni che suono in club e festival in tutta Europa e America. Partiremo appunto a fine settembre per una nuova avventura on the road In Belgio, Olanda e Francia per promuovere il nuovo disco. Diciamo che all’estero c’è una curiosità differente, la superiore cultura musicale avvicina diverse generazioni che frequentano i locali e festival di musica rock. Non è  inusuale trovarsi a fine concerto a firmare autografi e vendere dischi e merchandising in grandi quantità a persone affascinate dal sound di una band che magari prima non conoscevano nemmeno Scoperta e viaggio vanno sempre di pari passo.

Perché secondo te oggi diciamo una band di successo come Greta Van Fleet, che pur mantiene vivo il rock classico, trova tanti detrattori, proprio tra gli amanti del rock?

Non saprei dirti precisamente. Forse oggi si aspettano tutti che il successo equivalga inevitabilmente a novità. Ma è innegabile che in un mondo costellato da sosia e tribute band forse qualcuno richieda un minimo di identità e personalità alle band giovani che si affacciano sul mercato e che hanno successo, argomento complicato e di non facile analisi.

In che direzioni pensi andrà il rock? Mi spiego: lo vivi e senti ancora come un legame emotivo o sarà sempre più un carrozzone per mega eventi dal vivo, con tour giganteschi, con tanto spettacolo e poca anima.

La musica rock è nata, per quanto mi riguarda, come identificazione e stile di vita e questo è il mio modo di sentire. Mi auguro che tante giovani band portino avanti questo concetto  e che sviluppino di nuovo un’esigenza ed attaccamento a questo stile a prescindere dal richiamo dell’apparire e del facile successo, secondo me questo è il punto focale, quanti sono disposti ad investire in un sogno senza grandi aspettative? I grandi tour nel bene e nel male ci ricordano che ci sono e ci sono state grandi band che possiamo ancora ascoltare nonostante a volte il tempo e l’esagerato input visivo intacchi le prestazioni e le  ridimensioni, ma poco importa. La musica live ,intesa come band live, deve ritornare ad avere il ruolo storico che le spetta.

Tirando le somme, ad oggi: dalla musica hai più dato o ricevuto? E cosa ti aspetti o meglio cosa vorresti dal futuro?

Ho dato tanto e ricevuto tanto. Sicuramente i contesti dove decidi di vivere e sviluppare la tua professione incidono fortemente sulla tua realizzazione personale e progettuale, scelte e non scelte spesso si guardano negli occhi, ma alla fine come diceva il grande Tom Petty “I would have done it anyway”. Dal futuro vorrei la possibilità di continuare a scrivere e viaggiare grazie alla mia musica  a rincorrere sogni e vivere il momento.. Ah dimenticavo, anche una Cadillac Eldorado bianca decappottabile del ’74… ah ah ah!!

Termina così la nostra chiacchierata, ma credetemi, quella Cadillac uno sincero e puro come J.C. Cinel la meriterebbe. Intanto torno a riascoltare “Where The River Ends”.

J.C. Cinel biografia: dopo un ep da solista nel 2000, J.C. Cinel si è messo in luce con i Wicked Minds, band hard rock sulla sia di Uriah Heep e Atomic Rooster con l’album “Form The Purple Skies” (2006) che ha conquistato fan in tutto il mondo. Dopo “Live At Burg Herzberg festival 2006”, JC è tornato alla carriera solista. Il debutto è del 2007 con “Before My Eyes”, poi “The Light Of A New SuN” (2011), fino a “Where The River Ends” di quest’anno. Le influenze arrivano da rock, blues, soul e cantautorato rock, tra Eagles, Lynyrd Skynyrd, Allman Brothers, Led Zeppelin, Bad Company, Tom Petty… Il tutto accompagnato da numerosi concerti e tour, anche all’estero, in gruppo, come duo o in solitaria, accompagnato solo dalla sua chitarra.

J.C. Cinel, pagina Facebook: https://www.facebook.com/jc.cinel