Del folk rock corroborante e filantropico è quello prodotto dallo scribacchin Stefano Ferro: oltre ai complimenti, mi piace analizzare con lui l’evoluzione della sua attività. Userò il termine maturità conquistata, come si usava nel periodo storico del cantautorato italiano…
Dopo anni trascorsi a traghettare il progetto Stefano Ferro & band attraverso l’Italia dei festival e del concorsi (da cui è nato nel 2016 il disco Il Mercante di pensieri realizzato con U.d.U. Ululati Records), il veronese Stefano Ferro si è dedicato all’attività letteraria e compositiva, regalandosi nuove e inattese soddisfazioni. Reduce dall’aver bissato il primo posto in due edizioni del Premio Lunezia autori (la prima nel 2018 e la seconda nel 2023), è stato ospitato lo scorso inverno dall’Orchestra e dal Coro Pietro Generali al Teatro Rosmini di Borgomanero (Novara) e ha suscitato l’interesse dell’Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea che ha dedicato una critica in semeiotica estetica alla sua poesia Non lo saprò mai. Il 2024 lo ha visto di nuovo per il terzo anno consecutivo nella rosa dei finalisti del prestigioso premio Alberoandronico (sezione testi per canzone) e nelle vesti di compositore e interprete del brano La madre, scritto con l’autrice Marina La Valle e pubblicato recentemente da Hammer Music Italia. Recente è il secondo posto al Premio SLAncio in occasione della giornata mondiale dedicata alla SLA e la partecipazione al Festival Via Emilia – la strada dei cantautori. Redattore e autore della recente motivazione al Premio Lunezia conferita a Irene Grandi per il suo ultimo singolo Fiera di me, nei giorni scorsi è stato ospitato nel blog Vento Apparente curato dall’autrice Cinzia Milite, grazie ad un saggio contenuto in una prestigiosa pubblicazione di storia veronese dedicata al periodo della Grande Guerra.