L’urlo dei Rikochet: uniamoci e salviamo il rock!

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Cosa serve per salvare il rock? Eliminare chi finge di difenderlo. Ecco il motto dei veronesi Rikochet.

Ciao ragazzi e ancora complimenti per il disco, veramente molto bello, centrato e non stanca, che secondo me è la dote più importante.

Direi di partire dall’inizio: raccontateci un po’ di storia della band, per presentarvi ai nostri lettori.

Dopo più di 25 anni negli States, principalmente a Los Angeles, tornato a Verona ho subito cominciato con varie formazioni fino a quando, nel 2021, ho formato stabilmente i Rikochet ed eccoci qua.

Il titolo del vostro album di debutto è meraviglioso: mi spieghi il significato di “Kinaesthesia Empathia”?

Kinaesthetic mi è venuto in mente in quanto fa parte del titolo di una canzone ancora non pubblicata: cinestesia ed empatia l’ho pensato semplicemente come un gioco di parole, che ognuno può interpretare a suo modo, a significare empatia e consapevolezza/percezione sensoriale della nostra posizione e movimento. Ad esempio la danza può essere una forma d’arte cinestesica.

Mi ha colpito molto la registrazione, veramente di alto livello per una band underground. Quanto avete lavorato in studio?

Ci siamo preparati benissimo in sala prima di entrare in studio e in studio abbiamo lavorato per un mese effettivo. Il nostro splendido produttore, Fabio Serra (musicista con i Røsenkreütz e produttore di band come Blind Golem, Black Mama, Ex, Bullfrog ed altre, nda), ci ha dato alcune ottime direzioni da seguire e mi ha personalmente aiutato nel migliorare alcuni arrangiamenti.

Le recensioni del cd parlano di classic rock, metal moderno e grunge, citando nomi come Soundgarden, Nirvana, Stone Temple Pilots, ma anche Kid Rock e Lynyrd Skynyrd. Ci vedo un po’ di confusione. Tu cosa puoi dirci a tal proposito?

Non mi hanno mai fatto piacere le etichette incollate addosso, quindi abbiamo sfruttato le nostre diverse referenze musicali e le abbiamo evidenziate nei vari brani dell’album in modo che non ci si possa collocare solamente in un unico genere. Mi rendo conto che è un viaggio più complicato, ma è il nostro obiettivo.

Come detto ha vissuto in America. Chiaramente anche da quelle parti il rock non più al centro del mondo, ma puoi dirci che le differenze principali che hai notato, soprattutto del pubblico, di come vive la musica?

Dai 2000 in poi la musica ha preso una piega che non mi piace affatto. Contest, reality e cazzate del genere hanno rovinato l’aspetto artistico del fare musica. Negli States c’è di tutto almeno e i molti live che sono andato a vedere sono strapieni di pubblico entusiasta che regale boccate d’ossigeno alla merda che le radio propongono ogni giorno. Anche l’evoluzione del digitale e il mondo “online” non è gestito molto bene a parere mio, creando spazi dove anche gli incapaci possono sembrare artisti di talento.


E di rimando cosa pensi che manchi all’Italia per stabilizzare una propria scena rock autonoma, capace di tenere in piedi tutte le componenti: discografia, concerti e pubblico interessato?

Qui in Italia manca tutto da parecchio tempo e non esiste una scena rock autonoma: le principali radio note e i vari saccenti dj mi hanno risposto che non si occupano di mandare in onda artisti italiani e vi potrei fare nome e cognomi, di chi mi dato queste riposte assurde (Radio Freccia e Virgin Radio non offrono spazio a musica italiana,. Difficile da capire, ma è così, nda).  Per non parlare delle tribute band, di chi studia anni per poi gettarsi via nelle cover band, cosa che trovo assurda ed artisticamente assolutamente noiosa, una cosa da copia e incolla a livelli patetici. Inoltre i vari Agnelli del momento hanno dato il colpo di grazia.

Cosa vuoi aggiungere per chiudere questa chiacchierata?

Non serve un genio per capire che è evidente che continuando su questa strada il rock finisce nel cesso. Quindi, non saremo la migliore band del mondo, ma suoniamo rock con gli strumenti, quindi cazzo uniamoci tutti insieme e facciamo qualcosa per salvare la nostra musica!

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