Pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, “Flows” è il disco d’esordio del pianista Raff Ranieri che vede la partecipazione di Marco Fazzari alla batteria e Aldo Capasso al contrabbasso, con due ospiti speciali: Simona De Rosa (voce e autrice di “Pictures”) e Mino Lanzieri (chitarra e compositore di “Until You”). Un lavoro fatto di composizioni originali che ripercorre cronologicamente l’iter musicale ed esistenziale del leader. Ecco il racconto di Raff Ranieri.
Raff, vorremmo cominciare l’intervista partendo proprio dal titolo disco, Flows, che ci sembra molto rappresentativo del tuo progetto: ha un significato particolare per te?
Questo disco è un susseguirsi di vari flussi, i miei flussi di coscienza, sensazioni che caoticamente vorticano per poi confluire in quello che trascrivo oggi in musica. Di fatto questi flussi si alterano ed esprimono vari stati d’animo che lasciano spazio all’immaginazione soggettiva. Sarebbe una forzatura, se volessi costringere l’ascoltatore ad immedesimarsi nel mio flusso. Ciò che mi piace di più è proprio ascoltare l’impressione o la proiezione emozionale di chi ascolta e automaticamente vetrine i panni, connettendomi al suo stato d’animo.
La formazione in trio nel jazz è molto tradizionale ma in questo disco cerchi di evitare etichette e classificazioni. Quali sono per te i tratti distintivi del tuo modo di comporre?
Penso di non avere un modo schematico di scrivere, sono trasportato da ciò che sento. Di solito succede così, come del resto capita a tutti capita di vivere belle o brutte giornate no. Ho imparato negli anni a trasformare quelle belle o brutte giornate in musica. Flows non è un titolo a caso, all’interno del disco ci sono queste mie belle e brutte giornate. Quando mi siedo al pianoforte, tiro fuori tutto eviscerando le mie emozioni e canalizzandole in musica. Il processo compositivo avviene in automatico, si metabolizza da solo e infine metto penna su carta. All’interno di questo disco si possono notare tutti i generi che mi caratterizzano e influenzano dal classico al moderno, e ad oggi sono in piena ricerca di linguaggi che possano arricchire il mio bagaglio culturale/musicale.
Un disco interamente composto da brani originali. Quali sono i più importanti? Ce ne vuoi descrivere qualcuno che ti sembra più rappresentativo?
Sembrerà scontato o banale, ma non ho un brano preferito. Tutti significano qualcosa, tutti sono in connessione col passato. Ogni brano mi riporta ad una specifica scena o ad un particolare stato d’animo. Se proprio dovessi scegliere, non posso far a meno che parlare di Through your eyes perché è da questo primo brano che inizia la mia storia.
C’è un filo conduttore che lega i brani di questo album?
Sì, dal primo all’ultimo brano è un crescendo verso la risoluzione e il raggiungimento di tanti obiettivi significanti e di conseguenza di un equilibrio. Through your eyes e Still Remember rappresentano l’inizio e la fase più dura del mio percorso. La suite composta da Galaxyas I-II e Andromeda esprimono quella che per me una grande passione: il cosmo e i viaggi interstellari alla ricerca di altre galassie. Pescatore di Sogni e Work in progress raffigurano il raggiungimento della consapevolezza, la vetta, l’inizio di un nuovo percorso in equilibrio con il mondo. Pictures e Until you rappresentano le belle giornate trascorse in amicizia e in musica.
Napoli ha una tradizione importante di musica. Quanto ha inciso la tua città nella tua produzione musicale?
Napoli è pienamente in connessione con ciò che sento. Essendo vesuviano ancora di più il Vesuvio che ho voluto portare sulla copertina in versione spaziale. La mia terra è un qualcosa di inspiegabile, ha la capacità di darti una particolare energia come se fossimo lava. Qui è difficile non essere ispirati: il mare, il Vesuvio, l’aria che respiriamo e la natura che ci avvolge, il caos del traffico, il vociferare ad alta voce di persone, è tutto in movimento, nulla è statico. Sento di appartenere in maniera molto viscerale alla mia terra e alle mie origini. Napoli e la Campania sono stati sin dall’epoca storica terra di tutti. Napoli appartiene alla memoria storica, all’arte, alla cultura, al cibo e ai profumi della sua terra.
Parliamo ora del tuo percorso musicale. Raccontaci anche come ti sei avvicinato alla musica e poi quando ti sei avvicinato al jazz…
Iniziai gli studi classici all’età di 8 anni, sotto la guida della mia prima maestra di pianoforte e solfeggio Mariateresa De Filippo presso l’accademia di musica F.Shubert di Sarno del M° Giuseppe Squitieri fino a quando all’età di 20 anni decisi di intraprendere una nuova strada, quella della musica Jazz e stili moderni affini, essendo stato già in fase adolescenziale innamorato e trasportato dal piano di Oscar Peterson e tanti altri. Mi sono diplomato presso il conservatorio di Musica G. Martucci in pianoforte jazz sotto la guida dei maestri: Sandro Deidda, Guglielmo Guglielmi, Giulio Martino, Francesco D’Errico, Antonino Armagno, Daniele Scannapieco e Aldo Vigorito. Benché abbia avuto una vita piena di esperienze musicali, ad oggi sono in continua ricerca ed evoluzione. Penso che la musica sia infinita rispetto a noi. Penso che ci vogliono almeno tre vite per poterla conoscere a fondo e per bene. Quindi non ci resta che viverci la nostra alla ricerca della consapevolezza.
Ci saranno anche delle occasioni di cui ci vuoi parlare dove è possibile vederti dal vivo?
Sicuramente potrete vedermi a settembre perché ho in programma varie date sul territorio Campano.