articolo a cura di Francesca Trinca
Ho il motivo di Cosmo che rimbalza in testa, “E si ti dicessi che…”
1994, le scarpe sporche della cenere sovietica, Ko De Mondo a rischiarare l’orizzonte tracciando una nuova linea, io sempre Fedele. Sono passati 30 anni, ho ancora gli stessi anfibi, sta per iniziare un concerto dei CCCP e non so se sto sognando.
Si può dire tutto di questa serata e anche il suo contrario.
Guardo i volti intorno, parecchi attempati, ma non solo, sacrosanto sia così.
Si celebra qualsiasi cosa e un momento dopo la si calpesta, segno dei tempi direi. Ora che vale tutto, la società liquida, il tratto indefinito, l’ossimoro elevato a categoria immanente.
Attaccano. Pelledoca, la voce di Ferretti calda e ieratica, l’incisività di Zamboni, marziale e imperturbabile. Annarella bellissima. Fatur pingue, derisorio, decadente come non mai. Ombre dal passato, vessilli di non so che, celebrazioni del fatuo.
Il suono dei CCCP è corposo, il palco affollato di musicisti valenti a rimpolpare inni transgenerazionali.
Sono i canti che tutti attendiamo (tra gli altri Curami, Morire, Punk Islam, Spara Jurii, Emilia Paranoica, CCCP, etc. ), chicche (Vota Fatur, Oh Battagliero, And The Radio Plays), preghiere (Madre, Libera Me Domine) e poi, sull’attualissima Guerra e Pace la voce di Annarella si spegne, l’impianto sonoro si prende una pausa e si resta in attesa che tutto riprenda.
Si vocifera che il crollo sia dovuto al boicottaggio esterno ad opera del controconcerto punk in corso appena fuori dalla Certosa di Collegno. I ragazzi hanno confezionato un pieghevole perfettino corredato di foto e teorizzazioni su cui campeggia l’interrogativo “Ma poi, quale Linea?”. Non fa una piega, appunto.
Ferretti al rientro, laconico ed elegante, ironizza su una possibile ecatombe dovuta all’eccesso di contenuti.
Mi sono interrogata spesso sul senso di tale ritorno, cogliendone il valore simbolico nella scelta di tappe quali Livorno o Berlino, dubitando, invece, di un tour estivo spalmato da nord a sud della penisola, al pari di un qualsiasi altro artista.
Operazione economica? Retromania infinita? Attualizzazione di un fenomeno culturale in realtà fuori dal tempo?
Il senso è proprio qui, 2024, tra cori appassionati e volti commossi che guardano increduli il palco intonando slogan indimenticati. La teatralità dadaista e l’assurdo insiti nella Storia che tirano schiaffoni a chi credeva nell’ideologia.
Noi che in quell’ideologia ci siamo cullati, protetti da colori sbiaditi da balera, comunisti padani in un bianco e nero alla Guareschi, con i piedi a bagno nel Po, il retrogusto di lambrusco in bocca, adesso siamo qui, con l’aria ebete di chi si risveglia dopo 40 di sonno.
Hanno vinto loro, tra contraddizioni, sbilanciamenti politici e ideologici imprevedibili, coerenza di stile, qualità compositiva ineguagliabile, tra cloni e brutte copie che si replicheranno ancora ed ancora.
La linea della Storia, delle moltitudini e dei singoli, concentrata nel qui e ora, una farsa a tutto tondo, loro l’avevano già capito, “La Linea C’è”.
E se ti dicessi che nel 2024 tornano i CCCP? “ Stati di agitazione tra le idee e sulla pelle ”.
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