Dopo l’entusiasmo suscitato dal loro debutto “Looking For Gold” non abbiamo resistito ed abbiamo contattato il trio romano dei Life In The Woods, per farci raccontare come vivono questo momento e cosa succederà nell’immediato futuro.
Nel rinnovare i complimenti per il vostro disco, che non smettiamo di ascoltare, direi di partire dall’inizio: raccontateci un po’ di storia della band, per presentarvi ai nostri lettori.
Ciao! Anzitutto grazie mille per i complimenti. Noi tre suoniamo insieme dal 2013 ma il vero punto di partenza è il 2017, quando abbiamo iniziato a scrivere materiale originale, registrando anche una fortunata demo. Poi da lì in poi il percorso è stato tutto tranne che lineare: tanta gavetta, tante belle esperienze ma anche molti episodi sfortunati. Nel 2021 ci siamo fermati nonostante non avessimo ancora realizzato nulla di realmente concreto. Ci serviva tempo per riordinare le idee e metabolizzare le esperienze, convogliando poi tutto nel nostro ritorno/debutto di quest’anno, che è stato una sorta di seconda prima volta.
Mi date una definizione della vostra musica, ho letto recensioni che vanno da classic rock a modern rock, con citazioni di Led Zeppelin, Rush, Muse e The Police. Sono mondi distanti a ben vedere?
Rock’n’roll è il termine che abbiamo sempre adoperato per descrivere ciò che facciamo. Non è solo un’etichetta, ma un modo di intendere la musica, spaziando e giocando, generando attrito ed energia. Con il rock’n’roll non si è limitati a un modus operandi dogmatico e quindi c’è una libertà stilistica pressoché infinita.
La scelta di presentarsi in tre è una necessità o per una volontà precisa stilistica? Dal vivo riuscite a coprire tutto ciò che proponete in studio?
Entrambe. In passato abbiamo sempre avuto problemi ad avere un quarto membro stabile, quindi abbiamo iniziato a scrivere musica in tre e poi da lì si è sviluppata anche la volontà stilistica di continuare sulla strada del power trio.
L’esigenza creativa di “Looking For Gold” che tipo di sviluppo ha avuto? Siete entrati in studio con tutti i brani pronti o avete sviluppato durante le registrazioni?
Ci piace vedere “Looking For Gold” come un disco di vita, perché racchiude in sé la storia della nostra gioventù, non tanto tematicamente quanto a livello di intenzione ed energia. È il risultato di tutte quelle esperienze brevemente accennate poc’anzi, quindi all’interno ci sono idee compositive nate al principio del nostro percorso, ad esempio “Mad Driver” e “Nothing Is” e altre idee sviluppatesi in situazioni più recenti, come “Caravan” o “The Mountain”. “When The Dawn” invece è stata sviluppata seduta stante in studio registrazione, nelle ultime ore a nostra disposizione.
I testi che temi affrontano? Sono legati a mo’ di concept o hanno una vita propria?
Non è un concept, ma non è neppure un disco a compartimenti stagni. C’è una sottile linea rossa che ricollega tutto, seppur in modo sempre diverso, alla mente.
Vedere che una major si interessi ancora al rock è una bella notizia. Come siete arrivati alla Universal?
Abbiamo avuto la fortuna di essere appoggiati dalle persone giuste, che con dedizione e premura ci hanno portato in posti che prima ci sembravano inaccessibili.
Ho notato che curate l’immagine, i video, i social. Tutte scelte che denotano attenzione ad ogni aspetto. Pensate che oggi per farsi notare proporre solo ottima musica non sia più sufficiente?
Purtroppo, sembra che la musica sola non sia più sufficiente. L’immagine è sì importante, ma la tendenza odierna è quella di darle una rilevanza quasi totalitaria, a discapito del reale contenuto. L’equilibrio giusto crediamo stia nel prenderne atto e agire di conseguenza senza snaturarsi, senza mai perdere di vista il vero fulcro.
Oggi la scena musicale è frammentata all’accesso. Dove vi collocate nella scena rock attuale? E che tipo di aspettative avete per il futuro?
È difficile dire in prima persona dove andremmo a collocarci, perché sono cose che non possiamo controllare. Noi possiamo controllare come scriviamo, come suoniamo e come ci presentiamo, poi può succedere di tutto. Per ciò che riguarda le aspettative, ci siamo dati come regola di non averne, ma se dicessimo che ci stiamo riuscendo mentiremmo.
Non sappiamo se l’Italia ha trovato la sua rock band per il futuro, ma la sensazione che i Life In The Woods siano un puledro pronto a diventare un cavallo di razza è ben più che una sensazione.
Seguiteli, ascoltateli, detestateli, ma non ignorateli: il rock made in Italy passa anche da qui.
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