Pubblicato dall’etichetta Emme Record, Label Album a colori è l’ultimo disco del CMC Trio. Un progetto che nasce dalla preziosa collaborazione tra la band (Alessandro Marzetti alla tromba e flicorno, Cristian Carissimi alle tastiere e Michele Consonni alla batteria e steeldrum) con la pittrice Anahí Rodríguez che, negli anni, ha dato vita ad un turbinio di vicendevoli ispirazioni. In questo lavoro confluiscono molteplici linguaggi che spaziano tra il jazz, la world music e suoni decisamente più contemporanei.
A colori è un titolo che a nostro avviso sintetizza la filosofia del vostro disco. Ha un significato particolare per voi?
L’idea di un “Album a colori” nasce dalla collaborazione tra il gruppo e Anahí Rodríguez che, negli anni, ha dato vita ad un turbinio di vicendevoli ispirazioni. Cifra stilistica dell’artista madrilena è infatti la particolare giustapposizione cromatica, come si evince dalla tela Cuando todo fluye realizzata appositamente per questo cofanetto. I “colori” del titolo alludono inoltre ad una pluralità di linguaggi ed espressioni differenti assunti dal gruppo nel corso di questi primi dieci anni di attività, di cui l’album, in un certo modo, è sintesi e testimone.
Questo disco nasce in collaborazione con la pittrice Anahí Rodríguez. Ci volete raccontare come è nato questo percorso?
Anahí è ormai un’amica di vecchia data conosciuta in occasione di alcuni concerti cui aveva partecipato più o meno casualmente. Da subito ha dimostrato una certa affezione nei confronti dei nostri brani e, inevitabilmente, ci siamo ritrovati ad accompagnare i sui più recenti vernissage; diversi dei brani confluiti in questo album sono stati scritti proprio in queste occasioni.
Raccontateci anche la storia della band che è attiva da dieci anni. Come vi siete conosciuti e come avete dato vita a questo progetto?
Abbiamo avuto la fortuna (o sfortuna, fate voi) di incontrarci diversi anni fa, sempre grazie alla musica. Tutti e tre infatti ci ritroviamo dal 2010 a far parte di una formazione più numerosa, la Zinger Swing Band. Più tardi, nel novembre del 2013, nasce l’dea di affrontare un percorso musicale che si avvicenda tra Jazz e World Music. Oltre ad un’intesa attività concertistica e alla partecipazione ad alcune pregevoli rassegne artistico-musicali ( JAZZMI, Mirandola Jazz, Taste in Jazz, Jazz in the Corner, Clusone Jazz, Jazz in the Park, Jazziamo, Winter Music Corner e molte altre) abbiamo ricercato nelle collaborazioni diversi stimoli sonori che ci hanno consentito di caratterizzare più marcatamente il progetto. Da queste occasioni nasce l’esigenza della composizione, che si è tradotta nel 2016 con l’EP Canovacci e il brano dal titolo Batracomiomachia, divenuto colonna sonora ufficiale della XIV edizione dell’importante Festival Bergamoscienza. È invece del 2018 Terremerse, il secondo EP, mentre nel 2019 il primo LP, dal titolo Ottomani, frutto di una collaborazione che coinvolge altri cinque musicisti. Nel settembre 2020 raggiungiamo la finale del prestigioso concorso indetto da JAZZMI, Jam to the future, dove otteniamo il secondo premio. Nello stesso anno ci ritroviamo anche ad inaugurare il Festival Bergamoscienza, nella quale intervengono, tra gli altri, cinque premi Nobel ed un premio Oscar. Nel 2023 siamo selezionati dall’etichetta discografica Emme Record Label per la realizzazione dell’LP “Album a colori”, che celebra i primi dieci anni di attività della formazione.
Cosa è cambiato nel vostro modo di suonare dal primo disco fino a ora che suonate da tanto tempo?
È scontato che siano cambiate molte, moltissime cose. Ne primi tempi mai avremmo immaginato di scrivere brani originali strumentali, che non partissero cioè da suggestioni testuali, come eravamo abituati ad operare col gruppo precedente. Sintetizzando, supponiamo abbiano avuto un ruolo chiave nella nostra evoluzione la ricerca sonora e quella sull’interplay, ovvero quello che ci piace definire l’improvvisazione di gruppo, nel tentativo di individuare un linguaggio sonoro che ci appartenesse in maniera univoca. Oltre al lato prettamente tecnico, infatti, l’aspetto che più di ogni altro si è evoluto è la partecipazione totale al dialogo musicale da parte di ognuno di noi; dopo tanti anni di condivisione, le personalità di ciascuno sono davvero entrate in contatto e questo condiziona fortemente (nel bene e nel male) l’esperienza artistica.
Jazz e World Music un connubio che secondo noi fa parte della vostra essenza. È un tipo di contaminazione che vi rappresenta bene? Oppure c’è anche altro?
Il linguaggio della musica Jazz che comprende, tra le altre cose, l’interplay e l’improvvisazione è chiaramente fondamentale per il nostro stile. Unire Jazz e World Music sicuramente è quello che in questo momento ci stimola di più e, per certi versi, ci concede molta libertà, senza vincolarci ad un’etichetta di genere specifica. Oltre al genere, in ogni caso, l’obiettivo di fondo è quello della caratterizzazione sonora: essere riconoscibili cioè per come suoniamo, e non solo per quello che suoniamo.
Quali sono i vostri obiettivi futuri e i progetti che avete in cantiere?
Per il momento ci godiamo il nuovo lavoro; abbiamo già avuto modo di concedere qualche assaggio dei nuovi brani ed abbiamo avuto piacevoli riscontri positivi. È chiaro che ogni volta scesi dal palco ci inizino a girare per la testa tante nuove idee ma, come abbiamo sempre fatto, le lasciamo sedimentare per un po’. Non vi nascondiamo però l’idea di ritornare sulla traccia segnata da Ottomani con qualche collaborazione, soprattutto per gli eventi Live.
Ci volete anche lasciare qualche coordinata su prossimi concerti?
Senza elencare le varie date in programma, che potete trovare sui nostri canali, vi segnaliamo in particolare il concerto del 13 luglio al Fara Music festival in Farfa, in cui presenteremo ufficialmente Album a colori.