“Il teatro degli illusi” è il primo lavoro musicale di Piero Lo Vuolo, irpino Doc. Questo album è nato da un’esigenza personale dell’artista. La musica lo ha accompagnato dagli 11 anni: pianoforte e basso, le prime jam session nei locali di Avellino e provincia. Gli anni della adolescenza e quelli successivi ad essa Piero li passa quasi sempre suonando con diversi gruppi in giro per la Campania. Poi il lavoro, il suo Bistrot Hirpinian Cluster nel centro storico di Avellino e per dodici anni gli strumenti sono stati accantonati, o meglio, confinati alle mura domestiche. E’ proprio lì che è nato questo disco.
“Mi sono chiuso nel mio mondo musicale popolato dai De Andrè, Tenco, Rino Gaetano, Piero Ciampi – racconta Piero – e pian piano ho iniziato a prendere coscienza che riuscivo a scrivere dei testi ed a musicarli”. Il Teatro degli illusi è la vita vera. E’ ciò che accade tutti i giorni in una società in cui ciascuno indossa una o più maschere. “Illusi lo siamo un po’ tutti”. “C’è chi ha un lavoro ed è convinto che quell’impiego valga più del suo essere uomo”. Nella copertina dell’album i burattini de Il Teatro degli illusi sono mossi da Piero. Da burattino diventa il burattinaio. Lo fa attraverso questi 11 brani, muovendo i personaggi con i suoi finti capelli lunghi.
Ad osservare lo spettacolo ci sono i figli Marco, Adelaide, la moglie Carmen, ma anche la cagnetta Paz: “E’ stata la mia compagna di vita fino al novembre del 2020”. C’è anche il desiderio di lasciare un testamento: “Resterà un ricordo per i miei figli. Avranno sempre una voce da poter riascoltare. Cosa che non ho di mio padre”. In questo lavoro musicale Lo Vuolo compie il suo percorso ponendo l’accento sulle asperità della società in cui vive. Come in “A volte” (le occasioni raccolte e mancate della vita), in “Libera la mente” (protagonisti i giovani costretti ad emigrare). Lo sguardo diventa autobiografico in “Chiedimi se”, in “Ho preso il vino” e nella title track “Il teatro degli illusi”.
I testi e le musiche di Lo Vuolo hanno avuto la fortuna di incontrare gli arrangiamenti del maestro Gabriele Grifa. Piero gioca a fare il Ciampi con la vocalità di Mannarino e con tratti che ricordano Cisco dei Modena City Ramblers. Ci sono poi tre dediche particolari. “Giù” per il piccolo Giuseppe, “Venerdì”, è per sua madre e per tutte le mamme. Un commento a parte merita “Ritorno alla vita”: “Faccio fatica a cantarla. Nel 2004, il giorno precedente al mio compleanno, fu diagnosticato un tumore a mio padre. Quella stessa sera scrissi tutta la partitura a pianoforte. L’anno dopo, nel maggio del 2005, mio padre venne a mancare. Quella melodia è rimasta senza parole per 7 anni. Non sapevo che l’avrei dedicata proprio a lui. In una sera insonne è nato il testo: i consigli di un padre ad un figlio, il legame tra un padre ed un figlio”.