“La Noia” è la canzone più votata tra le quindici proposte ieri a Sanremo. È un mix tra il ritmo latinoamericano della cumbia e l’impronta elettronica impressa da Madame e Dardust, coautori del brano. A dirla tutta, però, gli elementi interessanti si trovano piuttosto nel testo che rimanda a una visione esistenzialista: “muoio per non morire” è il concetto-chiave del romanzo di Moravia da cui la cantante potentina ha mutuato il titolo. Ad evitare la noia invece ci ha pensato Teresa Mannino la cui frizzante simpatia ha raggiunto vette esilaranti con il ficcante monologo sull’evoluzione delle specie animali.
Al secondo posto si è piazzato Ghali, protagonista anche del dopofestival con un simpatico siparietto insieme a Fiorello per una versione trap di “Fatti mandare dalla mamma”. Già, perché pochi minuti prima proprio Gianni Morandi aveva rubato la scena con “Apri tutte le porte”, cantata tra il pubblico contagiato dal carisma dell’eterno ragazzo. Sul palco dell’Ariston sono saliti anche Eros Ramazzotti con un omaggio ai 40 anni di “Terra promessa” e Paolo Jannacci e Stefano Massini con un brano per sensibilizzare al tema delle morti sul lavoro. “A Sanremo si canta tanto l’amore” hanno spiegato “ma bisognerebbe avere altrettanto amore per i propri diritti”. Sul podio di ieri anche Alessandra Amoroso. “Fino a qui” è un gioiello raffinato confezionato con cura dai soliti Takagi & Ketra e che racconta il coraggio di risalire dopo un periodo difficile. Chiudono la cinquina Il Tre e Mr Rain. Fuori dalle prime posizioni, invece, giovani leve come i Bnkr 44, i Santi Francesi e Maninni, che però con “Spettacolare” conquisterà il grande pubblico nel tempo. Escluse dalla cinquina anche vecchie glorie come i Ricchi e Poveri, i Negramaro e Fiorella Mannoia che, a dimostrazione di come si cambia, canta quello che oggi le donne dicono.
Sulla serata che ha segnato un record per Amadeus, la 23a consecutiva per lui, lasciano il segno la perfetta esibizione di Diodato e la maturazione artistica degli ormai navigati Rose Villain e Sangiovanni. Hanno impreziosito la scaletta il premio Oscar Russell Crowe, ora apprezzato cantante, l’autoironia di Fiorello sul ballo del qua qua (“Ama, ci stanno insultando tutti”) e le ospitate di Sabrina Ferilli, Massimo Giletti ed Edoardo Leo, autore di un monologo dal forte impatto: “Gli artisti sono sentinelle della democrazia […] che rimanga in alto il sole della cultura”. Il Coro Fondazione Arena di Verona con l’orchestra del Festival ha eseguito “Va’, pensiero”, coro presentato da Amadeus come “un’aria”, prova di quanto in Italia si sia persa la cultura dell’opera lirica e in generale della musica classica al di fuori della cerchia dei cultori e degli appassionati. D’altronde la principale manifestazione musicale del Paese è un festival mediatico in cui a catalizzare l’attenzione sono gli outfit dei partecipanti, come le creste punk del trio La Sad. Ma la loro canzone, scritta insieme a Zanotti dei Pinguini Tattici, tratta l’alienazione e il disagio verso una società in cui conta solo l’apparenza. E allora, in una manifestazione come il festival, non è in fondo il loro il messaggio più forte?