Della serie “no ballate”, i milanesi Geyser ci sfregiano con il power rock italiano di “Crepe”
Dovrebbe aprirsi una crepa, proprio da titolo di questo secondo album dei Geyser. Una crepa che permetta al rock italiano, quello fatto di chitarre roventi, lontano dall’indie pop carino ma inoffensivo; di venire fuori come un getto prepotente di un geyser, per richiamare il nome di questo quartetto milanese che, dopo la vittoria nel del Premio Città di Milano alla finale nazionale di “Rock Targato Italia” e il debutto gestito da soli di ““Zerø”, si affidano al luminare Pietro Foresti, per gestire al meglio la loro creatività.
Il risultato è racchiuso in queste dieci tracce, che hanno l’unico limite nella semplice confezione a cartoncino, che le raccoglie. Per il resto ascoltiamo tutti gli elementi che rendono adulto il rock tricolore: un cantato potente, sgraziato in alcuni momenti, ma raramente fuori traiettoria, poi ci sono riff e ritmiche che spingono il suono fuori dalla casse (buttate vie quelle cuffiette del cellulare per favore) e la carta vincente di melodie e refrain, che rendono il singolo “A lungo andare”, l’energia corrosiva di “Tutti contro tutti”, “Eliocentrismo” e “Alla deriva”, i pezzi che più di altro renderanno i loro concerti un momento di pura vitalità collettiva.
Come scritto in altre occasioni, a band come i Geyser non manca nulla, solo un pubblico da convincere e che abbia voglia di rituffarsi in quegli anni ’90, periodo magico del rock nazionale. Inutile dire che non si tratta solamente di nostalgia, emergono molti spunti di attualità, ma è innegabile che l’humus creativo sia da cercare tra le cannonate di Timoria, Litfiba e compagnia bella.
Ascoltate “Crepe”, interessanti anche i testi: la rivoluzione è alle porte.