Teo Ederle, jazzista e sperimentatore, con il nuovo album “Fishes” stupisce ancora.
Polistrumentista studioso e autodidatta, Teo Ederle, di stanza a Verona, è un musicista che da anni, con varie produzioni alle spalle, flirta con il jazz, ma passeggia a braccetto con altre espressioni musicali dal prog all’elettronica al funk(y), creando una sorta di personale avanguardia, la cui cifra stilistica si mantiene alta e raramente sfocia in un inutile rincorrere lo stupore dell’ascoltatore. Anzi l’obiettivo è l’opposto, offrire leggerezza, tuttavia in una modalità avvincente, dove nulla è scontato.
Ascoltado i sette brani, avvinghiati ai fiati, con il basso di Ederle che cuce ogni passaggio, la percezione è netta: creare un solco nelle nostre sensazioni, tra luce ed oscurità, mentre la musica avanza e si muove agile in quel solco, scavallando stili e restituendoci l’essenza stessa della musica, l’emozione.
Interamente composto da Ederle, “Fishes” è un viaggio a tratti onirico, altre volte immaginario, altre ancora concreto, dove si sente il colpo sferrato allo stomaco che provoca dolore e poi la dolcezza di una carezza. Se i fiati dominano e la sezione ritmica cuce l’insieme, quando interviene la chitarra di Enrico Terragnoli, diventa il deus ex machina capace di ridare nuove radiazioni luminose.
L’album scorre e porta alla mente Perigeo, Wheater Report e non è fuori luogo citare Gong e National Health e l’audace Gato Barbieri, mentre in “Sawfish In February”, dove la chitarra troneggia e la batteria rincorre, appare chiaro lo spettro più hard dei Colosseum. Un pastiche sonoro che poggia su referenze importanti, ma sa muoversi in autonomia con la giusta originalità, al punto che “MedusAmbush” porta in dote un distillato pacato al limite del post rock degli Slint. C’è magia, accortezza e coraggio nell’avanzare ora tenue ora impetuoso di “Dennis Sand The Hopper”, mentre “Manta Marilde” volteggia sinuosa e si fa apprezzare per la sua parsimonia di note, a mo’ di ballata.
Dopo alcuni ascolti, “Fishes” assume le sembianze di una colonna sonora di un film immaginario, dove i protagonisti siamo noi e i nostri sogni e qualche volta incubi, un mescolarsi di note che diventano il disco che mancava in questa strana estate.
Chi è Teo Ederle? Più di altro dicono le sue parole: “Il jazz-rock ha segnato la mia crescita artistica e musicale dai dodici anni in poi, assieme al progressive-rock, senza dimenticare i Beatles e tutta l’area psichedelica. I miei ascolti dell’epoca mischiavano i due generi: Frank Zappa, Soft Machine, Gong, Gentle Giant, Nucleus, King Crimson, Miles Davis, Yes, Jethro Tull, Mahavishnu Orchestra, Weather Report, Chick Corea… Posso dirlo, sono stato allevato a pane e jazz”.
Teo Ederle: basso; Enrico Terragnoli: chitarra; Stefano Menato: Sax, clarinetto; Davide Veronese: tromba; Nelide Bandello: batteria