Si intitola “Equilibrismi” il nuovo disco del duo B.I.T composto da Emanuela Pasqui al pianoforte e Danielle Di Majo al sax. Un progetto composto da brani originali che prosegue nella linea disegnata nel lavoro precedente e in cui l’espressività e il lirismo sono senza dubbio le caratteristiche vincenti. Ne parlano con le due protagoniste.
Come nasce il duo?
Per entrambe la spinta principale sta nel desiderio di lavorare con una artista che condivida visioni e obiettivi. Sai quanto sia difficile questa combinazione! Quando ci siamo conosciute è emersa questa affinità alla quale ci siamo subito affidate e ha funzionato perché stiamo crescendo molto e lavoriamo bene, con continuità.
Come si è evoluto dopo due album?
Abbiamo acquistato grande fiducia reciproca, consolidato il nostro sound e il nostro linguaggio; ci sono alcuni obiettivi a lungo termine che danno direzione al lavoro presente e che non vi riveliamo per lascare un po’ di suspence!
Siete due artiste che si spendono dentro vari progetti. Cosa riportate poi dentro i lavori del BIT?
Quando lavori a progetti differenti ti arricchisci profondamente, è meraviglioso; il materiale e le esperienze che entrano a far parte del tuo vissuto emotivo e musicale, si riversano inevitabilmente nel duo. Direi però che riportiamo in B.I.T. solo quello che veramente abbiamo interiorizzato negli altri progetti.
Il significato di Equilibrismi?
Cercare e trovare l’equilibrio tra i molti elementi in gioco nel suonare e nell’interagire, mo(vi)mento dopo mo(vi)mento, istante dopo istante. Ci piace questa idea delle trapeziste che sfruttano l’equilibrio fra le varie forze per completare il loro gioco sulla corda.
Come si colloca nell’ambito jazz il vostro lavoro?
Domanda complessa da porre alle autrici! Possiamo dire jazz italiano melodico??? Voi dove ci collochereste?
Oltre ai numerosi colleghi con i quali collaborate, con quale jazzista, non italiano, vi piacerebbe fare un feat.?
Ci piacerebbe collaborare con il chitarrista Roberto Taufic e con il contrabbassista svedese Anders Jormin.
Come lavorate in studio?
Dopo il lavoro iniziale, concettuale e compositivo, lasciamo aperte tutte le possibilità per poterci esprimere al massimo anche in studio. Poche cose stabilite. Lavoriamo cercando di ascoltarci il più possibile, di sostenerci e di non perdere mai di vista l’obiettivo e cioè la Musica. Come nel disco precedente, prediligiamo un realismo totale, e quindi anche questo disco è sostanzialmente un live.
Come sono stati scelti i brani? Andrete sempre più in una direzione di brani originali?
Abbiamo preso la direzione dei brani originali, ma non ci precludiamo nulla, purché sia funzionale all’espressività e al lirismo.
Quali limiti volete superare sui prossimi lavori?
Sicuramente essere ancora più libere. Chissà che il prossimo disco non si chiami proprio Freedom?!