Abbiamo avuto in esclusiva il videoclip del brano Figli del grano: con la regia di Federico Perticone, è il singolo d’esordio di Michele Mingrone (scrittore, autore, chitarrista fiorentino degli Scaramouche) che anticipava questo bel disco intitolato La grande notte. Definito genuino e sincero, a me sembra anche pregno di poetica e di qualche riflessione che diventa intima, partendo dalla meteorologia e financo dalla finanza. Credo infatti che il brano più rappresentativo dell’intero album sia Ombre del mare, ma è un momento che di naive ha poco: a venirci in aiuto è infatti il suo sottotitolo ossia La tempesta perfetta e potrà sembrarvi un invito alle imminenti vacanze, ma va detto che con questa frase si definisce un uragano che colpisce esattamente l’area più vulnerabile di una regione. Mi sembra che la metafora sia tra le righe, perché non certo di venti ed acqua si parla, ma di quello che stravolge il poeta, partendo dai sentimenti umani per arrivare alle leggi (scritte e non) che regolano l’andare del mondo: proprio in questo momento, la personalità dell’uomo Michele Mingrone danza tra la sua vena da scrittore per approdare a quella di cantautore, quasi fosse un funambolo su una corda issata a chissà quanti metri d’altezza. Talmente è forte la frase La tempesta perfetta che dalla meteorologia è stata mutuata al mondo perfido della finanza ed indica una serie di circostanze straordinarie che ciclicamente può capitare di dover affrontare: se avete tempo, andate a vedere l’omonimo film del 2000 con un discreto George Clooney come protagonista ..
Aiutato da una serie di musicisti che godono della mia ammirazione (in primis la bassista Sara Vettori ed il violinista Francesco “Fry” Moneti), tutto l’album La grande notte gioca sul rendere facili canzoni che invece hanno dentro di se una bella poetica ed una narrazione che ti riporta all’epoca d’oro del cantautorato italiano. Dal passato non pesca dall’humus su cui hanno lavorato gli Scaramouche, ma un romanzo per ragazzi dal titolo L’ultima tournée di Sally O’Hara che l’ha visto come autore: la già citata Figli del grano (ma anche l’iniziale Poteva essere più semplice) sarebbe stata ben collocata in una ipotetica colonna sonora per supportare l’evoluzione di quel romanzo in piece teatrale o filmato video di lunga durata. Le dodici canzoni di questo album sono attimi di blues rock che vanno al Folkstudio romano per vedere se riescono ad entrare in sintonia con gli artisti presenti: ma oltre agli italiani noti che salìrono su quel palco (Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Ernesto Bassignano, Edoardo De Angelis, Renzo Zenobi, Stefano Rosso, Mimmo Locasciulli, Sergio Caputo, Rino Gaetano) sarebbe stato bello se Michele Mingrone con la macchina del tempo nella cantina di Via Garibaldi 58 fosse capitato nel 1962, magari mischiato ai 15 fortunati che videro il concerto di un imberbe Bob Dylan. Sicuramente assieme avrebbero creato la versione inglese di La peste scarlatta …
In questo album hanno suonato: Michele Mingrone: voce, chitarra – Francesco “Fry” Moneti: violino, banjo, mandolino – Fabio Pocci: basso, chitarre, arrangiamenti – Antonio Gramentieri chitarra – Michele Lombardi: chitarra – Diego Sapignoli: batteria, percussioni – Sara Vettori: basso – Elisa Barducci: voce – Caterina Scardillo: voce.
Tracklist di questo album: Poteva essere più semplice, Figli del grano, In cammino, Babilonia, Ombre dal mare (La tempesta perfetta), Palazzo di vetro, Castiglioncello, Periferie, La peste scarlatta, Lunga è la notte, Chi illumina la grande notte, Jolene.