Insieme all’uscita del suo quinto progetto discografico Francesca Michielin ha lanciato il nuovo singolo Quello che ancora non c’è, una ballata emozionale che snoda, su un tappeto piano-voce in crescendo, il concetto di ‘identità’ in tutte le sue sfaccettature, di genere e di personalità. Una riflessione su come a vent’anni ci si chieda insistentemente da che parte andare, con la fretta di cercarsi e di capirsi. Il videoclip ufficiale, che riprende anche il concept della cover dell’album, è un primissimo piano di Francesca che ci racconta con semplicità ed efficacia come ha imparato a non avere fretta di essere ‘sicura’ e si spoglia, struccandosi e spettinandosi verso dopo verso, di tutte le sovrastrutture che intaccano sani dubbi e incertezze.
Cani sciolti, intenso viaggio dal sapore cantautorale di cui l’artista ha curato in prima persona ogni singolo particolare dalla scrittura all’arrangiamento e alla produzione, è composto da 12 tracce dal carattere intimo e personale, sincero e spudorato. Ad accompagnare la sua release, è in corso il Bonsoir! – Michielin10 a teatro, tour prodotto da Vivo Concerti che ha già registrato numerosi sold out. È davanti ad alcune delle platee più suggestive d’Italia che Francesca sta riabbracciando il suo pubblico e presentando live per la prima volta i brani inediti del nuovo disco, oltre ai grandi successi che l’hanno resa una delle artiste più apprezzate della scena contemporanea italiana. Al termine delle due tappe romane che l’hanno vista protagonista sul palco dell’Auditorium Parco della Musica mercoledì 1 e giovedì 2 marzo, abbiamo incontrato la cantautrice e polistrumentista veneta per farci svelare i segreti dell’album che celebra i suoi primi dieci anni di carriera.
Partiamo dal titolo dell’album. Chi sono i cani sciolti e quanto ti rivedi in loro?
«I cani sciolti sono quelli che non seguono alcuna corrente, nessuna moda, sono quelli che si esprimono senza preoccuparsi del giudizio altrui. Credo di essere anche io un po’ cane sciolto: sia per la scelta di lasciare Milano e tornare a vivere nella mia Bassano sia per aver scelto di creare un disco che fosse libero da schemi e che rappresentasse al 100% me stessa»
Il tour teatrale prende il nome dal singolo “Bonsoir”, quasi a volerne fare un biglietto da visita. Qual è il suo significato e come si ricollega alla tua vita? «Bonsoir segna sicuramente il preludio, la presentazione di “Cani sciolti”, un vero e proprio a tutto ritmo. Tutto il brano ruota attorno al concetto di ‘panta rei’, del tutto scorre. Come tutti i brani del mio nuovo disco, anche Bonsoir si lega perfettamente al bisogno di creare qualcosa che fosse libero da schemi fissi, con l’intento di raccontare me stessa anche con le mie fragilità»
La seconda traccia è una ballata fiabesca dal titolo “Un bosco”, mentre in “Ghetto perfetto” canti ‘Vado a contaminarmi, vado a fare un bagno dentro a una foresta’. Qual è il tuo rapporto con la natura e quali messaggi intendono trasmettere le due canzoni? «Il filo conduttore di questo disco è sicuramente la consapevolezza di ciò che viviamo, sentiamo e ci circonda tutti i giorni. Mi sento particolarmente vicina a Un bosco, un vero e proprio inno alle vibes degli anni Duemila: il motorino, i Green Day, Piccoli Brividi. Con Ghetto perfetto, invece, affronto il tema della comfort zone e di quel bisogno di creare un proprio spazio all’interno della società. Spesso cerchiamo di crearci uno spazio diverso da quello degli altri per distinguerci, anche se spesso il confronto è inevitabile»
Nell’album ben due tracce (“Padova può ucciderti più di Milano” e “Piccola città”) fanno riferimento alla provincia, che da un lato diventa oggetto di critica sociale e dall’altro suscita emozioni e stati d’animo positivi che avranno senz’altro giocato un ruolo importante nella tua decisione di lasciare Milano per tornare a casa. Ci racconteresti meglio i due singoli in relazione ai pro e contro della vita di provincia?
«In entrambi i pezzi rifletto su ciò che accade nelle realtà di provincia. Nonostante io ami il Veneto e Padova, credo che non siano spesso abbastanza grandi da lasciare posto a tutti quelli che lo vorrebbero. Conosco molti ragazzi che si sono allontanati dalla provincia per questo motivo. Dall’altro lato la provincia ti concede il privilegio di ‘scampare’ alla frenesia delle grandi città, ma anche a quella dimensione un po’ ‘alienante’ che spesso le caratterizza».
Adesso veniamo alle due donne che danno il titolo ad altri due brani molto profondi. Da una parte vi è “Carmen”, che ti ispira a sognare e a costruire la tua estate artistica senza conformarti alla massa, dall’altra vi è una donna che si innamora di un’altra donna (“Claudia”) e si ritrova indifesa davanti a una società che la giudica e nega i principi stessi dell’amore. Ce ne parleresti più nel dettaglio?
«Sono brani che lanciano due messaggi molto forti. Reputo Carmen il brano cardine di “Cani sciolti”, nato da una lunga chiacchierata con Carmen Consoli. L’incontro con Carmen mi ha permesso di riflettere sui miei primi dieci anni di carriera, dandomi la spinta giusta per presentare un disco che raccontasse Francesca al 100%: totalmente libero e progettato da me. Claudia, invece, l’ho scritta immaginando che una ragazza potesse dedicarla ad un’altra ragazza, un manifesto per tutte quelle donne che non hanno mai avuto un presupposto, un modo per dire ‘ti amo’ a un’altra donna».
A proposito di amore, se in “Verbena” una storia di fine estate viene letteralmente scombinata dall’arrivo del mese di settembre, in “D.punto” il cerchio intimo e personale del tuo nuovo album si chiude all’insegna di un sentimento molto più profondo e maturo. Come mai questa scelta?
«La scelta di concludere il disco con D.punto nasce da un’importante riflessione sull’amore. Racconto la storia di due persone che farebbero di tutto l’uno per l’altra, anche a costo di mettersi in discussione con le proprie fragilità e le proprie debolezze».
Infine, toglici una curiosità. Siamo alla vigilia del primo appuntamento del Mondiale 2023 e sei da sempre una grande appassionata di Formula 1 tanto da aver avuto l’onore in passato di cantare l’inno di Mameli sulla griglia di partenza del GP d’Italia a Monza. Nel penultimo album “2640” hai persino dedicato una canzone (“Alonso”) al pilota spagnolo Fernando Alonso. Come è nata questa idea?
«La canzone nasce innanzitutto da una forte stima e ammirazione nei suoi confronti. Ero dispiaciutissima nel non vederlo in gara e quindi ho cercato di chiedermi e immaginare cosa stesse provando in quel periodo lontano dalle piste».