Arriva dal 2 marzo al cinema Mixed by Erry il nuovo film di Sydney Sibilia. Il regista di “Smetto quando voglio” e de “L’isola delle rose” porta sul grande schermo (in 350 copie) la storia dei fratelli Frattasio, Enrico, Peppe e Angelo, i tre che “inventarono” la pirateria musicale, rendendo un’industria l’arte di copiare e mescolare in una unica musicassetta le hit del momento.
Una vicenda nella Napoli della seconda metà degli anni ’80, tra l’arte di arrangiarsi e l’economia dei vicoli fatta anche di contrabbando e piccole truffe, Maradona, la camorra tentacolare, e un vuoto normativo subito colmato, diventata quasi una leggenda metropolitana. In occasione dell’uscita del film sul fenomeno Mixed by Erry, FIMI – Federazione Industria Musicale Italiana in una nota ha ricordato come la pirateria all’epoca dei fatti costituì un enorme business illecito che colpì al cuore la produzione legale e gli investimenti discografici nei talenti. “Come si ricorda nel caso Mixed by Erry”, si legge in un comunicato, “i fratelli Frattasio, che gestivano l’impresa illegale, furono arrestati nel maggio del 1997 dopo una lunga indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, coordinata dal PM Luciano D’Angelo e dagli agenti del Commissariato ”Dante” di Napoli assistiti dalla FPM – Federazione contro la Pirateria Musicale. Tuttavia, come emergerà in seguito alle grandi indagini condotte dalla DDA, avviate proprio a partire dalle denunce di FIMI di quegli anni e poi confermate dai racconti dei pentiti di camorra negli anni Duemila, la contraffazione musicale e audiovisiva – sottovalutata e spesso vista come un innocuo fenomeno di costume – era in realtà il secondo business più redditizio dei clan dopo il traffico di sostanze stupefacenti, a fronte di investimenti contenuti e con un gradi di rischiosità molto basso. Le organizzazioni che producevano e distribuivano le musicassette e i CD falsi versavano inizialmente consistenti ricavi alle famiglie della camorra che controllavano le diverse zone di Napoli, ma presto queste ultime si infiltrarono in tutti gli anelli della catena produttiva con l’acquisto, la gestione e il controllo dell’intera distribuzione. Questo scenario non è dissimile da quanto accade oggi con la pirateria delle IPTV, che colpisce le trasmissioni delle partite di calcio e l’industria cinematografica causando milioni di euro di danni ai titolari dei diritti e che alimenta i redditi illegali della grande criminalità campana. Sottovalutare ancora questa realtà come accaduto con la pirateria musicale, descrivendola con leggerezza come un fenomeno da osservare con bonaria simpatia non aiuta sicuramente a sensibilizzare l’opinione pubblica sui gravi danni all’economia legale”.