“Quello che abbiamo assorbito dal mondo del progressive, e che crediamo possa sintetizzare la caratteristica del nostro approccio con la musica, è l’imprevedibilità, il rifiuto del banale”
Inizia così la cartella stampa dei Limite Acque Sicure che, dopo oltre lustri di percorso, ma solo dal 2016 con l’attuale formazione, debuttano con un album che è sintesi e sviluppo di questo modo di concepire la musica: ovvero fantasia ed estro, pur senza mai perdere l’idea del brano, anche se non strutturato nei tre/quattro minuti canonici, ma ampliato di media tra gli otto/nove.
Ci sono infatti cantati, ritornelli e passaggi melodici, ma non ingabbiati in percorsi prevedibili, con la chitarra di Luca Trabanelli che disegna le splendide linee melodiche principali, spesso in compagnia del flauto, con la sezione ritmica che ha l’intelligenza di non essere mai invadente e di fare – bene – ciò che serve.
Nati come omaggio al Banco del Mutuo Soccorso, i ferraresi Limite Acque Sicure, hanno saputo staccarsi dal cliché della band tributo, per assumere una propria personalità che naturalmente chiama in causa i padri putativi, in alcuni frammenti, ma in generale emerge la voglia di essere una cosa nuova.
Aiuta la formazione a sei elementi, che permette grazie alla padronanza strumentale dei musicisti, numerose varianti, anche se la tecnica non è mai effimera esibizione. Lo dimostrano “Sogno d’Oriente” e “Il respiro dell’anima”, quest’ultima con un piacevole inizio funky, che hanno rimandi a Marillion e Spock’s Beard e Neal Morse, e al nostro prog anni Settanta, con BMS e Le Orme in evidenza, brani dove le tastiere di Antonello Giovannelli la fanno da padrone.
Molto interessante l’utilizzo di due voci, dove Andrea Chenti è il solista, ma il supporto di Ambra Bianchi, anche al flauto e all’arpa, regala un’ampiezza espressiva con gradevoli sfumature. “Antico mare” e “Fiamme di ritorno” portano in dote forse il messaggio primario dell’album, quello che in qualche modo la copertina anticipa, ovvero il viaggio per accedere ad un cambiamento interiore, che porterà ad una nuova consapevolezza emotiva e l’accettazione di nuovi mondi.
I rimandi al passato sono legati ad una versione magistrale del classico “Il giardino del mago” (Devo dirlo che è del BMS?, nda), che la band stessa, definisce come uno dei più significativi della storia del prog. La lettura è rispettosa, ma non fedele, un motivo in più per apprezzarla. In chiusura ascoltiamo la breve “Ti salverà”, sorta di madrigale d’arrivederci, legato al tema di “Terra straniera”, con cui i Limite Acque Sicure si consegnano all’ascoltatore, con la speranza che il saluto sia un arrivederci.
Se amate il prog rock italiano, che mescola tradizione e presente, amerete questo album.