La seconda edizione di PerformIAfest ci ha ammaliato Venerdi 23 e Sabato 24 Settembre. Annunciata come una maratona di due giorni dedicata all’intelligenza artificiale applicata all’arte nelle sue molteplici declinazioni (attraverso eventi, experiences, laboratori e spettacoli), ha fatto molto di più: ci ha infatti fatto capire che la demonizzazione di tutto quello che è moderno e tecnologico (anche se iper), è un modus vivendi che non tiene il passo con i tempi. Ritornando alle intuizioni di Isaac Asimov (ma anche al percorso artistico dei Kraftwerk, band che qualche settimana fa ha posticipato il suo concerto fiorentino), bisogna solo capire se è l’uomo al servizio delle macchine o sono le macchine che sono il nostro mezzo per costruire e comunicare, anche in campo artistico.
Ben dunque venga PerformIAfest, kermesse di creatività promosso e organizzato da Polaris Engineering, in cui si è potuto sperimentare il rapporto uomo-macchina grazie al confronto tra data scientists e artisti in grado di generare un intreccio tra arte e tecnologia.
Quello che è risultato assai emozionante e comunicativo, sono stati i tre progetti artistici: De_Sidera (un astrolabio sonoro manipolato da Naresh Ran che ha creato un concerto in grado di far suonare le stelle, generato dal semplice riconoscimento delle costellazioni), La Machina del Collage (mostra virtuale di Giuseppe Ragazzini legato all’arte visiva in grado di generare un collage di volti umani attraverso l’utilizzo di tecniche face parcing e face detection) e MetaMoreFaces (prodotto dalla compagnia Interazioni Elementari). Proprio quest’ultimo progetto ha reso tangibile il concetto che l’intelligenza artificiale può essere applicata anche al teatro: attraverso la computer vision, in cui il volto dell’attore si modifica dall’infanzia ad oggi e questo ci rende protagonisti unici di una macchina spazio/tempo. Protagonisti e suoi piloti, portando il risultato finale a quello che ci piace flosoficamente: siamo noi a guidare le macchine e non viceversa.