Le sere d’estate perdono lentamente fulgore mentre nuova luce si leva venerdì 26 agosto dal palco dell’edizione 2022 del TOdays Festival, perla preziosa tra gli eventi musicali nostrani, ospitato a Torino presso l’area esterna dello Spazio 211 e l’ex fabbrica Incet per gli eventi “off”.
È ancora presto quando Eli Smart, chiamato a sostituire i Geese previsti dal programma originario, inizia il live invitando a dimenticare la periferia intorno. Bastano poche battute per scivolare leggeri e sorpresi in territori dove ritmiche tropicali sposano il classico mood beatlesiano e northern soul; il suono racconta un percorso di vita personale che parte dalle Hawaii per approdare a Liverpool e poi Londra, luoghi in cui, insieme alla band che lo accompagna, sboccia il suo talento. Lo scorrere delle canzoni è gioia continua, entusiasmo, freschezza, tempo che si azzera. I sorrisi si aprono sui volti dei musicisti e del pubblico in un coinvolgimento crescente. Benedizioni. In poco più di un’ora Torino sembra una cosa lontana, nell’aria l’atmosfera torbida di New Orleans, l’eco del Bronx e la comunità portoricana. Alynda Segarra e i suoi Hurray for the Riff Raff raccontano dolori personali e drammi universali con energia e delicatezza profondamente femminili, mescolando folk, elettronica, spirito punk e speranze da attivisti consapevoli. Sono inni alla sopravvivenza, spunti per andare avanti, nonostante tutto. Da lontano l’eco di Patti Smith ispira speranze per contenere gli squilibri della Life on Earth che dà il titolo all’ultimo album.
E si procede, si torna verso nord, si attraversano oceani, si sbarca in Inghilterra, propriamente nel Black Country, New Road. Dalla fuliggine di un presente incerto causato dal recente abbandono del frontman Isaac Wood la band si è ricomposta aprendo una nuova via sonora; l’oscurità e i nervi scoperti dei primi due lavori in studio lasciano spazio a nuove composizioni dall’impianto più orchestrale. È la colonna sonora di un collettivo che si riscopre attraverso voci “altre”, è venuto meno il ruolo di un leader e – pur solcando la strada del “post folk” – si intravedono nuovi gloriosi orizzonti. È il dialogo timido tra nuova identità e pubblico attonito. Lo stupore incontra il classicismo e la ritrosia prende il sopravvento anche dinanzi alle lodi degli ascoltatori. In una parola, grazie.
La poesia si dissolve con la venuta di Tash Sultana e le dinamiche danzerecce che rimbalzano tra il suo cantato e i loop dei vari strumenti con cui si confronta. Salta, si muove veloce tra chitarra, tastiere, casse e cactus fluorescenti. Si è inghiottiti d’un tratto da un buco nero che catapulta in Australia, il reggae serpeggia costante tra le ripetute campionature, un fumo grigiastro si leva dalla piramide proiettata sullo schermo retrostante, la gente risponde, ballicchia, sono stordita; al secondo pezzo i video ritraggono una moltitudine di serpenti minacciosi, il morso è letale, annienta il gusto – ahimè – è tutta un’altra musica…
(a cura di Francesca Trinca)