Il compositore conosce bene quella realtà: i due film a cui ha collaborato sono di guerra e dimostrano ulteriormente come la guerra in corso, nasca da tanti anni di conflitti e tensioni. Lungi da noi nel fare lezioni di storia, vediamo di sentire dalle sue parole come era lavorare in Ucraina 5 anni fa, anche a livello musicale. Noteremo un tono serioso in alcune sue risposte, lontane dalla serenità delle sue ultime produzioni (partendo dal successo del cantautore Erik), perché è triste vedere musicisti trasformarsi in soldati!
Hai scritto le musiche per due film ucraini, tra cui uno proprio sulla guerra nel Donbass? Com’è stato lavorare per il cinema in un paese in guerra? Ho avuto la fortuna di essermi immerso in quella spirale emotiva che la musica e il cinema offrono: girare il mondo e conoscere nuovi amici che ho lasciato sotto i bombardamenti di Kyiv. Il cinema ucraino risente molto della propaganda bellica, le pellicole per cui ho scritto le musiche sono entrambe film di guerra diretti da Zaza Buadze; il primo, dal titolo Chervonyi. Escape from Stalin’s Death Camp (2017) è ambientato in un gulag sovietico nel ’46. Il secondo Pozyvnyy Banderas – Call sign Baderas (2018) è stato più complesso da lavorare dal punto di vista emotivo. Il film narra le vicende di un soldato stretto nella morsa dell’amore sullo sfondo della guerra nel Donbass.
Dalla finzione alla realtà insomma… Proprio così, in un gioco emozionale in cui l’arte e la vita si confondono, si resta attoniti e inermi nell’osservare quegli attori ucraini che mutano il costume di scena per indossarne l’uniforme; in quel periodo a Kyiv ho avuto la fortuna di conoscere molti di questi attori che ora recitano la parte più tragica delle loro vite. Ora che la guerra s’è fatta più violenta non è difficile unire i puntini dell’esperienza cinematografica in Ucraina; non sarà stato un caso che una sera a cena l’ex Ministro della Cultura Yevhen Nyshchuk, attore anche lui, mi confidò l’importanza strategica che assumeva la collaborazione dell’Ucraina con gli artisti occidentali. Ho letto di musicisti che si sono trasformati in soldati.. Sì, ma non tutti vanno a combattere. Chi non è sfollato fa quel che può come lavorare alla logistica dei pacchi da inviare al fronte, oppure c’è chi cerca di restituire dignità al posto in cui vive ripulendo le strade dalle macerie. D’altronde abbiamo visto sui social che la musica si ritaglia sempre il suo spazio, anche in guerra. Proprio di Call Sign Banderas, il film ambientato nel Donbass, è stata ripubblicata da pochi giorni la colonna sonora.. Esattamente. Il film è visibile anche gratuitamente su YouTube, ha già oltre mezzo milione di visualizzazioni. È un tipo di musica che nasce dai personaggi e dall’esperienza del vissuto attoriale, dalla guerra e dagli orrori che ogni attore ha visto e che ha trasposto sullo schermo. La musica in questo caso compie una traduzione della guerra.
L’esperienza con l’Ucraina non si ferma qui. Solo per ricordare le tue musiche sul documentario Samosely – I residenti illegali di Chernobyl andato in onda qualche mese fa su Speciale Tg1. L’Ucraina è un “paese devastato dal dolore”. L’esperienza di Chernobyl dovrebbe farci aprire gli occhi su un umanità che deve percorrere una strada comune, eppure sembra che l’unica strada conosciuta sia quella della sofferenza. Ti chiedo se verrai coinvolto in qualche iniziativa musicale per svegliare le coscienze ancora assopite su questa guerra nella nostra Europa… Sono al lavoro su un bellissimo brano del repertorio italiano con Oleksandr Iarmola leader degli ucraini Haydamaky. In Italia abbiamo scritto molte canzoni sulla pace, le radio dovrebbero mandarle in onda più spesso.