“Paura e disgusto nel rock”. Si potrebbe sintetizzare così questo “Running’ With The Devil”, libro in cui il manager Noel E. Monk (con la collaborazione del giornalista Joe Layden) racconta la sua avventura di manager dei Van Halen dal 1978 al 1985. Il volume, edito da Il Castello (nella collana Chinaski Edizioni), racconta retroscena e verità su una delle band più significative del panorama rock e hard rock internazionale. Uscito negli Stati Uniti nel 2017, questo libro arriva ora in Italia (con un’ottima traduzione di Barbara Caserta), in un momento in cui nel nostro paese sembra esserci un po’ più di interesse per la band fondata dal virtuoso della sei corde Eddie Van Halen (venuto a mancare il 6 ottobre 2020), dal fratello batterista Alex Van Halen, dal bassista Michael Anthony e, non ultimo, dall’istrionico cantante David Lee Roth (che proprio di recente ha annunciato il suo ritiro dalle scene).
Sui Van Halen negli anni si sono succedute notizie di vario genere, su stravaganze e stranezze relative soprattutto ai loro tour (e in particolare agli after show), e soprattutto tante leggende metropolitane. Questo libro chiarisce tanti aspetti e vicende, nonché particolari curiosi (come il fatto che il gruppo a ogni concerto volesse bon bon M&M, a eccezione però di quelli di colore marrone), ma soprattutto mette in luce le sregolatezze di una grande band che, forse, con un po’ di buon senso e qualche freno ai propri eccessi, sarebbe potuta durare molto più a lungo ed entrare nella leggenda come i Rolling Stones. Un libro rivolto non solo ai fans dei Van Halen, ma a tutti gli appassionati di rock: perché descrive quanto, nonostante tutti i privilegi della situazione, è davvero difficile essere una rock star, e soprattutto affronta i meccanismi dell’industria discografia che, nonostante il passaggio dal fisico al digitale, non sono oggi poi molto cambiati rispetto al momento in cui i Van Halen dominavano le scene (contratti capestro, gestione delle classifiche di vendita e dell’airplay radiofonico, e tanto altro).
Il libro spiega i motivi che – dopo il grande successo di “1984” (l’album di “Jump” e “Panama” per intenderci) – portarono all’uscita di David Lee Roth (sempre più deciso a una corriera solista stile crooner), e alla fine del rapporto di collaborazione con Monk. Ogni lettore si farà la sua opinione su ciascun membro della band. David Lee Roth viene descritto come un gran petulante, e nello stesso tempo “rompicoglioni”, ma anche il più interessato agli aspetti di promozione e marketing, e in un certo qualche modo anche il più acculturato (del resto era ricco di famiglia e qualche base l’aveva ricevuta). E in quanto a droghe e sesso non si è certo risparmiato. Eddie Van Halen emerge come una persona di una rara sensibilità artistica, ma nello stesso tempo fragile: gran lavoratore, ma preda dei demoni delle droghe che spesso circolavano negli show. Persona anche generosa (quando venne chiamato per collaborare a “Beat It” di Michael Jackson non volle alcun compenso e non fece richiesta di diritti), e viene raccontato anche il suo rapporto con l’attrice Valerie Bertinelli, poi sua moglie. Secondo l’autore Alex Van Halen viveva una sorta di competizione con il fratello, e nello stesso tempo era prenda dei demoni dell’alcool. L’unica persona che si salva è il bassista Michael Anthony, di cui Monk ha sempre un’ottima opinione (fedele alla sua compagna e ancora attuale moglie, sempre in disparte quando gli altri facevano bisbocce), il cui unico difetto probabilmente è stato quello di non aver reclamato i suoi diritti quando dopo l’uscita di “1984” gli venne dato il benservito con la ricontrattazione delle royalties su canzoni e opere dei Van Halen (di fatto rendendolo una sorta di turnista e non più un membro effettivo del gruppo). L’avventura di Monk si ferma con la fine del rapporto di collaborazione con il gruppo. L’autore afferma che per tanti anni non è riuscito più ad ascoltare canzoni dei Van Halen, e spiega che, nonostante il grande successo ottenuto dal gruppo anche nella versione con Sammy Hagar, quella band non esisteva più.
Un libro per stomaci forti. Non ci si può aspettare diversamente se si vuole conoscere la verità. Monk la racconta con sfrontatezza. Sin dalle prime pagine comincia il più allucinante, spaventoso, esilarante, irriverente e disperato reportage che sia mai stato realizzato su una rock band. La scrittura di Monk è una selva di invenzioni verbali, la sua immaginazione febbrile riproduce gli effetti delle droghe assunte da buona parte dei componenti del gruppo (e dell’entourage), i dialoghi hanno un’efficacia straordinaria. Questo allucinante percorso iniziatico porta dritto al cuore di tenebra del sogno rock americano, spalanca le porte alla disperazione degli sconfitti, con assoluta spietatezza alza il velo sui sogni andati in frantumi di una band che ancora oggi è nel cuore di milioni di fans. “Runnin’ With The Devil” è anche una sorta di mappa dell’epoca d’oro del music business tra la fine degli anni’ 70 e la metà degli anni ‘80, le sue pagine sono fittissime di riferimenti al rock, al mondo dell’industria discografica, al linguaggio iniziatico dell’universo della droga, ad autori, artisti e personaggi chiave per chi crede che la cultura esiste al di fuori dalle Accademie.