Aprile 1967: quattro ragazzi di Birmingham si ritirano in uno sperduto cottage del 1800 nella campagna del Berkshire… e, in seguito a un risveglio da un viaggio psichedelico di uno dei quattro nasce uno dei pezzi più sensazionali della storia del rock…
Aprile del 1967
Mentre a San Francisco sta sbocciando l’Estate dell’Amore, quattro ragazzi di Birmingham si ritirano in uno sperduto cottage del 1800 nella campagna del Berkshire. Si chiama Sheepcote Farm ed è di proprietà di sir William Piggot-Brown, fantino e allevatore di cavalli, personaggio di spicco della Swinging London e amico di Chris Blackwell, il boss della Island Records. È stato proprio Blackwell, che ha appena firmato un contratto con quei ragazzi – primo gruppo “bianco” nel roster della Island – a mandarli lì. Devono scrivere i pezzi del loro album di debutto.
Nelle atmosfere fosche, cupe e (secondo loro) misteriose e maledette di quel luogo nascono i brani ma anche il nome del gruppo, Traffic. Perché loro sono Dave Mason, Jim Capaldi, Chris Wood e l’enfant prodige della scena rock blues inglese, il fenomenale Stevie Winwood.
Tra pillole di allucinogeni, hashish e altre sostanze, i ragazzi vivono da veri bohémien un periodo irripetibile della loro vita.
Un mattino, risvegliatosi da un viaggio psichedelico, Jim Capaldi (davanti al focolare) ha una visione: una marionetta suona di fronte a lui. La chiama “Mr. Fantasy” e le chiede di “suonare una canzone per renderci felici”. Sulla musica (misteriosa, eterea e piena di “foschie” esattamente come le atmosfere della campagna inglese) prende vita uno dei pezzi più sensazionali della storia del rock. E insieme a Dear Mr. Fantasy nasce il mito dei Traffic…