Per il bresciano Luca Ploia, la musica non è questione di età, ma di sentimento, di emozione. In connessione con il suo pianoforte scrive e canta, seguendo la grande tradizione dei piano come Billy Joel, Elton John, Rufus Wainwright e il nostro Lucio Dalla, con un’eleganza che ricorda il George Michael solista. “Nato Nel medioevo” è un disco potente e fragile. Una vibrazione di sentimenti che abbiamo sentito la necessità approfondire.
Ti definisci un esordiente non di primo pelo. Puoi raccontarci il tuo percorso artistico e citare qualche tu riferimento. Insomma i classici gusti personali.
Ho sempre amato la musica e amato cantare sotto la doccia. Sanremo è sempre stato il mio riferimento, fin da giovanissimo. Ho studiato un po’ di tutto, ho fatto più lavori, poi mi sono appassionato al lavoro manuale del pasticcere. All’età di 45 anni ho inciso il mio primo album autoprodotto con l’intento di riascoltarlo poi in vecchiaia. Infine mi sono talmente appassionato che la musica è diventata il mio primo interesse. Grazie a Paolo Salvarani e Antonio Lancini è iniziato un grande viaggio; ora vogliamo raccontare nelle piazze, sui palchi, nei teatri … dell’amor cortese.
In tempi dove tutti urlano, anche attraverso la tastiera di un computer, ha senso ancora provare a trovare una dimensione sensibile attraverso una canzone fatta di parole e melodia?
La canzone è un’esperienza del cuore. Più che parole ben scritte è una gioia profonda e nello stesso tempo leggera ed inebriante. In un’epoca come questa dove non esiste più il silenzio, dove tutti urlano, dove non si guardano più i cieli stellati, una canzone ben fatta è assolutamente indispensabile. Ripara il mondo e dona bellezza.
Il tuo disco è bello, parola che si usa spesso, ma che qui va compresa, come l’insieme di un puzzle riuscito, dove le parole si incastrano in melodie che si ricordano e che si fanno cantare con piacere. Come dovrebbe essere sempre un brano di quattro minuti? Lavori sempre per raggiungere questo obiettivo?
L’obiettivo è rispondere alla chiamata della bellezza che invita tutti noi ad offrire la nostra originalità, il nostro talento ad esplorare, a lavorare bene.Un brano di quattro minuti richiede tanto tanto tempo fatto di prove, tentativi, miglioramenti (è anche un bellissimo lavoro di squadra), ma alla fine ti può coinvolgere emotivamente in maniera molto forte, ti può illuminare la vita e nutrire la mente… e curare le ferite.
Hai ascoltato i brani di Sanremo cosa ne pensi. Credi che abbia ancora un’identità o per accontentare tutti i gusti, ci sia di tutto e forse niente?
Sanremo è iniziato 72 anni fa …noi non eravamo ancora nati ma io penso che quello che è Sanremo oggi affonda le sue radici sempre nel passato. Io penso che i giovani siano consapevoli di questo. Li ho visti reinterpretare canzoni del passato rapiti ed emozionati.
Nelle note del libretto del cd, esordisci con “A dire il vero… il bello deve ancora venire”, riprendendo più o meno quello ch che Frank Sinatra ha voluto sulla sua lapide. Pensi davvero che l’ispirazione non abbia età?
Assolutamente SI. A cosa serve tutto il nostro fare nel mondo? Il nostro lavoro è fare qualcosa che renda il mondo più bello. Così il lavoro diventa poesia e noi tutti diventiamo degli artisti e recuperiamo il gusto della vita che a volte può venire meno. Senti la chiamata a fare qualcosa di bello a qualsiasi età.
Bene, ora che hai esordito come dici tu: “Cortigiano dell’amor cortese. Cantautore dal Medioevo”, cosa dobbiamo aspettarci come prossime mosse?
Le prossime mosse sono quelle di lanciare nel vento le mie canzoni e inseguirle per vedere chi attraversano e dove portano.