Sono bastate cinque canzoni racchiuse nell’EP “Tales” per lanciare il talento di Talèa, un’artista giovane, ma con le idee già molto chiare. Ci siamo fatti raccontare sogni ed ambizioni di questa ragazza marchigiana. E le sorprese non sono mancate.
Incontriamo Talèa dopo un bel concerto, in apertura ad Andrea Chimenti, alle Cantine dell’Arena, a Verona. La giovane cantautrice ha sfoggiato una sicurezza impavida davanti ad un pubblico curioso ed attento, cantando con voce sicura, un misto di Paola Turci e Fiorella Mannoia, ma che nei pezzi in inglesi evoca suggestioni alla Tori Amos. Insomma paragoni importanti che Talèa regge con leggerezza ed un sorriso.
Come nasce la tua passione per la musica e come focalizzi in che direzione artistica vuoi muoverti?
Credo di poter dire che la passione per la musica sia nata insieme a me, nel 1998. A casa mia c’è sempre stata tanta musica e questo è stato sicuramente importante. Non mi focalizzo su nessuna direzione, se devo essere sincera. Assecondo il brano durante la fase di creazione. Sicuramente il sentiero più percorso è quello disegnato dal mio gusto, ma in generale cerco di resistere alla tentazione di una direzione precisa.
Come nascono i brani di questo primo EP? CI racconti dei tuoi viaggi In Irlanda e perché proprio l’Irlanda?
Questi cinque brani sono nati dalla necessità di raccontare queste storie e dalle esperienze fatte, appunto, in viaggio. L’Irlanda è stata meta del mio primo viaggio all’estero, nel 2016, in occasione di una borsa di studio vinta a scuola. L’ho odiata e l’ho amata, ma le sensazioni provate erano così intese che sapevo che sarei dovuta tornare. Così quando ho deciso di partire da sola, nel 2019, non ho pensato a nessun altro posto da raggiungere se non l’Irlanda. Anche in quell’occasione l’ho odiata e l’ho amata, perché mi ha messa di fronte a dure prove, mi ha riempito gli occhi di bellezza ma mi ha fatto anche dubitare di me stessa. Ho lavorato in una fattoria, ho vissuto a casa di qualcuno che soffriva di invalidanti dipendenze, ho rischiato qualche volta. A metà viaggio ho deciso di spostarmi in Scozia, e lì si è aperto un mondo.
Pensi che sia importante ascoltare musica anche per chi suona e compone? Come ti avvicini alla musica da ascoltare: hai gusti definitivi o ti muovi con curiosità quasi casuale?
Assolutamente sì! Noto che nei periodi in cui riesco a ritagliarmi più tempo per ascoltare musica nuova, l’attività della scrittura e della stesura dei brani diventa molto più fluida e immediata. La famosa “ispirazione” bussa più spesso alla mia porta quando la nutro di cose nuove. L’approccio all’ascolto non è sempre lo stesso, dipende dai periodi: a volte mi tuffo nel mare di Spotify chiedendogli di sputarmi addosso cose in ordine sparso, altre volte divento più metodica e mi rivolgo alla collezione di vinili di papà.
Spesso i genitori hanno dei dubbi nel vedere i figli inseguire sogni artistici. I tuoi genitori come hanno reagito, ti incoraggiano?
I miei genitori mi incoraggiavano caldamente a seguire la strada della musica anche quando io ero convita di dover studiare ingegneria biomedica e poi scienze politiche, perché secondo me solo così avrei avuto un futuro certo. Mi arrabbiavo con loro perché in cuor mio sapevo, per me era già difficile remare controcorrente sul fronte interno, non volevo dovermi difendere anche su quello esterno. Sono sempre stati di supporto nonostante le preoccupazioni, i miei annunci di partenze improvvise e le mie stranezze. Non posso che ringraziarli.
Quanto pensi che la tua musica, ma anche il tuo gusto personale possa evolversi e mutare? Per esempio ti sorprenderebbe tra qualche anno trovarti a suonare in una rock band?
Spero vivamente di riuscire a mutare il più possibile: sarebbe sintomo di curiosità e prova di attività spirituale. L’atrofia artistica è la cosa che mi spaventa di più in assoluto. Spero, anzi, anche nei tempi a venire la mia curiosità trovi il modo di amplificarsi e di esplorare i campi più dissestati dell’esistenza. Solo così potrò dirmi soddisfatta.
Le prossime tappe quali sono? Stai lavorando ad un disco completo? Ascolteremo anche qualche brano in italiano?
Sto lavorando sia in italiano che in inglese, sto cercando di trovare nuove strade comunicative e nuovi stimoli. L’esperienza al Cet di Mogol (Centro Europeo di Toscolano, la scuola di musica del noto autore, nda), mi ha svelato delle possibilità che prima non prendevo in considerazione. Ora sto cercando di capire se e in che misura trarne beneficio. Spero di poterti presto comunicare la notizia di un nuovo album!
E noi non vediamo l’ora di poterti riascoltare in concerto!