E’ uscito su tutti gli store digitali l’album d’esordio del cantautore romano Gabriele Deca. “discoDeca” (T-Recs Music) è il titolo del disco prodotto da Tony Pujia e anticipato dal singolo “La Grande Festa”. Una interessante novità nel panorama cantautorale italiano, che si avvale di un’artista decisamente originale, che torna alla forma album.
In un periodo dominato dai singoli, uscire con un album si può dire che è un atto di coraggio. Quando hai lavorato e se vogliamo sofferto per arrivare a questo lavoro?
Come prima cosa un saluto a tutti e grazie per la domanda, perché effettivamente è un tema che sento molto attuale. Effettivamente, da un punto di vista squisitamente commerciale, il disco è uno strumento per farsi conoscere che non è più tanto di moda. Chiaramente capisco che non siamo in una fase in cui non tutti si metterebbero facilmente ad ascoltare 30 minuti di musica consecutivi. Però esiste anche un’idea diversa nel modo di fare musica. Ammettiamo che i brani, per esempio, assumano più valore come parte di un tutto, oppure che esista un disegno studiato per cui una canzone ha un determinato ordine e non un altro. Questo disco è un lavoro di anni, di persone diverse, è un lavoro divertente e appassionato ed è sempre stato pensato come un disco, anche dovesse arrivare con più tempo e meno nel breve.
In “discoDeca” sono contenuti brani realizzato sostanzialmente negli ultimi due anni. A livello di scrittura sono brani nati in questo lasso di tempo, oppure ci sono brani nati in periodi precedenti?
Il brano più “antico” ha addirittura quattro anni. Si può dire quasi che fossi una persona diversa. Mi conforta il fatto che a differenza del Cliché ho molti più capelli di quando l’ho scritto. Comunque effettivamente ci sono anime diverse nel disco, sia nel senso del contributo di altri musicisti, sia nel senso che sono scritti in periodi diversi, però la varietà è una ricchezza credo.
Ne “La guerra di plastica”, nuovo singolo, te la prendi con la televisione. Esattamente quale critica muovi verso questo strumento di comunicazione? E soprattutto non pensi che oggi il problema si sia spostato sui social network?
In realtà̀ più che una critica era l’idea di raccontare la caduta di un certo mondo. Mi ha sempre affascinato l’idea della decadenza delle cose, nello specifico del potere che si deteriora. Ho immaginato un’intera generazione televisiva che è passata dall’essere l’immagine di riferimento di un paese ad una macchietta di sé stessa. Per quanto riguarda i social ho pensieri contrastanti: credo che il problema principale è che sono qualcosa di così grande, ma anche giovane, che ancora non abbiamo gli strumenti per controllarli. Ogni tanto però avrei voglia di spaccare tutti i miei dispositivi elettronici come nelle migliori tradizioni neoluddiste.
Ascoltando brani come “Techno”, “Offerta speciale” e “La grande festa” si apprezza molto il tuo modo di fare musica, stilisticamente molto vario, con momenti anche di ironia. Si percepisce come, nel realizzarlo, tu ti sia divertito molto. Che atmosfera si è creata nell’interazione con gli altri musicisti?
Fantastica. E’ un po’ come un bambino nato da un’orgia dove non si sta bene chi sia il padre (io sarei la madre). A parte scherzi, il valore della collaborazione è tutto, divertirsi anche. Non potrei mai essere felice di un prodotto che non ha avuto tanto amore alle spalle. Nell’amore credo sia fondamentale l’idea dell’abbondanza. Un mio collega e amico qualche giorno fa mi ha mosso una piccolissima critica al disco, dicendomi che era un po’ troppo sbilanciato nel balance tra creatività̀ e godibilità̀. Però credo faccia parte del carattere dell’opera. Per quanto riguarda l’ironia credo che abbia una duplice valenza. Un po’ è che io odio le persone che si prendono troppo sul serio, un po’ è anche un’arma per parlare di cose importanti senza essere retorici.
Perché hai scelto “discoDeca” come titolo dell’album? E soprattutto, il brano omonimo come è nato?
Il Titolo non è mio! L’ha inventato il mio producer. Inizialmente lo trovavo terribile e l’ho subito scartato, poi però l’ho trovato geniale, perché́ è molto ironico. E’ un titolo stupido di un disco non stupido.
Per concludere, pandemia permettendo, presenterai dal vivo questo album?
Per quanto riguarda i live ho smesso di fare previsioni, perché́ tutti i progetti sono stati congelati di qualche mese. Facciamo che mi richiamate a fine marzo e ve lo dico?