Non posso che augurare a Gianfranco di restare capellone nell’anima e anche se i capelli cominciano ad imbiancarsi, le memorie fortunatamente sono ancora ben salde! Con questa frase si conclude la prefazione scritta da Giorgio Verdelli e noi ex capelloni guardiamo con nostalgia proprio alla generazione di Gianfranco Caliendo che usava termini come matusa per il confronto con i genitori. Quello che ha pubblicato per l’attiva Iacobelli Editore, è un bel libro perché soddisfa la curiosità del sottoscritto, sempre alla ricerca di quei dietro le quinte che ti fanno capire l’humus in cui è nata una canzone o le occasioni che hanno fatto gli artisti, a volte in modo giusto o spesso fidandosi di saprofiti e furbetti che sfruttano la loro creatività. Quindi ben venga un sottotitolo come Luci ed ombre di un successo anni’70, perché mette in dito su un aspetto spesso misconosciuto al grande pubblico: quando si è sotto i riflettori, è come vivere sulle montagne russe e non hai il tempo di riflettere e ponderare ogni tua scelta. Poi c’è il pericolo che lo showbiz ti abbandoni e non sai nemmeno il perché: quindi (come ha fatto Caliendo) quando apri il cassetto dei ricordi e spuntano le foto, vivi con sentimenti diversi gli scatti con Maradona o le tue discese da quel potente aereo che ti aveva portato in tour in paesi lontani da casa tua. Il cantante de Il Giardino dei Semplici ha ricordi importanti per noi studiosi del fenomeno musica e ci diventa ancora più umano, quando ci porta nei suoi anni’80 e ricorda come un loro disco (che si sono prodotti da soli) gli è costato come due appartamenti: infatti erano spariti coloro che li osannavano solo pochi anni prima, adducendo che il loro sound non era più di moda. Ma non erano cambiati loro come musicisti, ma l’industria discografica che ruotava attorno a loro: ho volutamente usato il termine industria e non quello più logico di musica, produzione o arrangiatore ..
Memorie di un capellone è un libro che corre tra Firenze e Napoli: esce per la collana Pop Story che la Iacobelli Editore ha affidato a Francesco Coniglio, esperto conoscitore delle dinamiche che girano attorno all’editoria musicale.. E’ un libro che vi consiglio, soprattutto se avete lasciato i capelli negli anni’70, se apprezzate il napoletano come lingua (e non lo classificate un dialetto come tanti) e se avete un animo ecologista. Infatti il nome della band di Gianfranco Caliendo riporta alla mente l’omonimo orto botanico fiorentino, sancito dalla seguente presentazione di Luca Ghini del 1543 … Un Luogo Pubblico, dove… si coltivassero le piante native di climi e paesi differentissimi, affinché i giovini Studenti, le potessero in breve spazio di luogo, con facilità e prestezza imparare a riconoscere .. Un luogo di cultura, rivolto alla curiosità delle nuove generazioni: un po’ quello che sono stati Gianfranco Caliendo ed Il Giardino dei Semplici: giovani, capelloni, romantici, differenti e produttori di belle canzoni, alcune delle quali ancora nell’immaginario collettivo.
Gianfranco Caliendo dal 1974 al 2012 è stato voce solista, chitarrista e autore de Il Giardino dei Semplici, iconico gruppo pop prodotto da due dei più grandi autori della musica italiana, Totò Savio e Giancarlo Bigazzi, anche membri degli Squallor. Con 13 album, 2.000 concerti e 4 milioni di copie vendute, la band ha mescolato la melodia italiana con molteplici influenze musicali e accompagnato generazioni di ascoltatori e di fan con hits come M’innamorai; Tu, ca nun chiagne; Miele; Concerto in La minore; Silvie; Carnevale da buttare. Gianfranco Caliendo è nato a Firenze nel 1956: nipote di Eduardo Caliendo (storico chitarrista di Roberto Murolo) nel ’74 incontra Gianni Averardi, che lo coinvolge nella fondazione del progetto che caratterizzerà la sua carriera: Il Giardino dei Semplici. Ha composto e prodotto per altri musicisti, fondato uno studio di registrazione, un’etichetta discografica e una scuola di musica: l’Accademia Caliendo, dove insegna canto moderno.