“Trovarsi in situazioni difficili” oppure in “ristrettezze economiche”. Si può tradurre così in italiano Dire Straits. Un nome, quello della band guidata da Mark Knopfler, entrato nella storia del rock (tanto da essere stata inserita nel 2018 alla Rock and Roll Hall of Fame) e che nella sua breve, ma pur intensa esistenza, ha catturato l’attenzione di milioni di fans in tutto il mondo.
Al grande pubblico il nome Dire Straits fa subito venire in mente Mark Knopfler. Il suo stile inconfondibile e i suoi riff funambolici fanno storia da oltre 45 anni. Eppure lui, Mark Knopfler, anima e fondatore dei Dire Straits, lasciati per intraprendere la carriera solista a metà degli anni ‘90, con disarmante naturalezza, non ha mai amato la luce dei riflettori. Ha pensato sempre a fare bene la musica che più gli piaceva, cercando di restare il più lontano possibile dal gossip. Per questo non ha mai amato parlare della sua vita privata e soprattutto di quella del gruppo che gli ha dato la notorietà. A questo ci ha pensato il bassista John Illsley, gigante buono dei Dire Straits, che con Mark Knopfler ne è il fondatore e unico elemento rimasto dall’inizio alla fine nella formazione. Nella biografia “La mia vita nei Dire Straits” (EPC Editore), uscita in Italia praticamente in contemporanea all’Inghilterra, Illsley prova a rievocare anni fantastici, tra gli anni ’70, ’80 e ’90 per rivivere le gesta di una delle band più amate. Mark Knopfler gli ha dato il beneplacito, firmando anche la prefazione in cui scrive “È stata una grande avventura e un viaggio pazzesco, con tutti i suoi momenti comici, le assurdità, la stanchezza, la follia e la tristezza”.
Partendo dai suoi esordi nel Middle England, Illsley ripercorre l’ascesa della band (che è bene ricordare, vede tra i fondatori anche il fratello di Mark, David Knopfler e il batterista Pick Withers) dagli inizi nei pub di quartiere agli stadi più grandi del mondo, fino a kermesse di prestigio come il Live Aid a Wembley e il concerto per Nelson Mandela. Con alle spalle dischi di platino e d’oro, guadagnati in tutto il mondo con album del calibro di “Making Movies”, “Brothers in arms” e “On Every Street” e singoli epici come “Sultans of swing”, “Private investigations” e “Money for nothing”, i Dire Straits sono riusciti a creare una fetta di pubblico che, lontano dalle mode del momento, voleva musica rock di qualità, senza sbavature. Illsley è stato sempre fedele alla linea e comunque è anche grazie a lui che i Dire Straits hanno potuto registrare il primo demo, grazie a un lascito della nonna.
Dalla lettura del libro emergono sicuramente aneddoti ed episodi divertenti, e soprattutto ci si fa la convinzione che John Illsley nel corso della sua permanenza nei Dire Straits se l’è davvero goduta. Per chi non conosce la band c’è però da ricordare che dal punto di vista compositivo e produttivo il lavoro è sempre stato fatto sostanzialmente da Mark Knopfler. Per questo può restare deluso chi ha qualche curiosità da soddisfare su come sono nate o a cosa sono ispirate determinate canzoni. Certo Illsley non è l’autore delle canzoni, però magari poteva fare cenno a come Mark presentava loro i brani (dal libro sembra un po’ come: “Ok, questi sono i pezzi. Registriamo!”). Tra l’altro, anche nel racconto della produzione degli album, il libro è piuttosto discontinuo: su alcuni è più ricco di dettagli (come nel caso di “Brothers in Arms”, registrato agli Air Studios di George Martin a Montserrat nei Caraibi), su altri invece molto meno, lasciando quindi nel lettore / fan del gruppo qualche curiosità in più da soddisfare. Non si approfondiscono neanche i motivi reali che hanno portato all’abbandono del gruppo da parte di David Knopfler, durante le registrazioni di “Making Movies” (la cosa viene liquidata in poche righe) e se, almeno per i primi due dischi, c’erano ipotesi di altri brani presentati da altri componenti del gruppo (da tenere presente che dal vivo venivano eseguiti anche brani firmati o cofirmati da David Knopfler).
Nel libro si fa cenno anche ad alcune presenze in Italia del gruppo. E’ noto a tutti che le due tournee realizzate in Italia nel 1981 e nel 1983 furono piene di problemi, tanto che il gruppo decise di non toccare il nostro paese con il tour di “Brothers in Amrs”, e che ci volle l’intercessione di Paul McCartney per favorire il ritorno in Italia con “On Every Street”. Illsley ricorda il tour del 1981, ma non fa menzione di quella del 1983. Ma dove pecca di pressapochismo è quando racconta della partecipazione del gruppo, in qualità di super ospite internazionale, al Festival di Sanremo del 1981. Illsley ricorda quella partecipazione affermando che erano stati invitati a partecipare a una manifestazione “il cui risultato finale era deciso dalla mafia”. Una cosa del genere non si può leggere da un’artista del suo calibro. Sicuramente è stata una battuta che qualcuno del suo entourage fece a suo tempo, ma liquidare così un’importante manifestazione, tra l’altro quell’anno vinta da un’artista come Alice con il brano “Per Elisa” (prodotto da Franco Battiato) fa capire come l’artista non abbia avuto l’accortezza con il tempo di verificare determinate situazioni e constatare che le cose stanno diversamente (per la cronaca nel 1984 Mark Knopfer tornò a Sanremo per presentare con il fratello David “Madonna’s Daughter”).
Per fortuna però alla fine rimane sempre la musica. Ed è la musica “buona” dei Dire Straits, musica che trascina senza mai scatenare creando un arcobaleno di suggestioni in continuo contrasto. Musica da trasformisti del rock, a tratti aggressiva al limite del metallico, subito dopo dolce, cantabile e morbida fino a sfidare la melensaggine, poi rarefatta e alla ricerca di atmosfere surreali. Il fascino dei Dire Straits è nella riuscita di questo impasto, costruito su un originario e mai abbandonato impianto country, e nell’ottimo livello di esecuzione. Sulle sei corde Knopfler non si risparmia: rovescia sui fans piogge di note, si abbandona al virtuosismo, calca la mano in travolgenti “a solo” di puro rock-blues o si fa lieve per trovare effetti crepuscolari. Anche per questo la biografia di Illsley va comunque letta.