Robert McDuffie temerario sfodera la contrabbassista Valentina Ciardelli, trasformista eclettica del démodé musicale! Come un buon vino che necessita di essere decantato, queste parole sono state scritte dopo qualche giorno dal concerto di chiusura del Rome Chamber Music Festival, divenuto ormai tra i migliori appuntamenti della stagione musicale della Capitale. Nonostante la pandemia e la pioggia incessante che quella sera avrebbe lasciato desistere anche il più incallito degli appassionati, l’Auditorium della Conciliazione si presentava denso di gente alla disperata ricerca di un barlume di normalità. Le attese non sono state tradite e il concerto (forse per la magia stessa della musica) ha regalato ai presenti una bolla di squisita consuetudine sociale per quasi due ore. Oggi assistere ad un concerto è diventata un’esperienza straniante. Il programma è costruito per azzardare, come racconta il direttore artistico Robert McDuffie. A Roma è lui a fare gli onori di casa al seguito di una numerosissima schiera di giovani talenti della musica mondiale che si scopriranno subito essere non solo ottimi musicisti, ma validissimi reinventori che orchestrano temerariamente le opere più celebri della lirica italiana e non solo. Il concerto si apre con il Piano Concerto n. 4 di Beethoven e scelto da McDuffie quasi a tracciare una linea invisibile con un altro protagonista del Rome Chamber Music Festival, ovvero Leonard Bernstein, il quale diresse a Vienna il Piano Concerto n. 4 con la Philharmonic e con Zimerman al pianoforte. La scelta di presentare Andrea Lucchesini, pianista di lunga esperienza nel repertorio beethoveniano, insieme ad un quintetto d’archi di giovanissimi musicisti si rivela azzardata sulla carta e subito azzeccata per il livello esecutivo, reggendo bene il confronto con il muro sonoro di un’orchestra a cui le nostre orecchie sono più abituate. La leggiadra esecuzione di Lucchesini ha certamente regalato un plusvalore al concerto grazie ad ogni fioritura melodica che poteva farti vibrare come solo certi passaggi pianistici di Beethoven riescano a fare. A questo punto della serata ci sarebbe dovuto essere un’altra scelta poco scontata e certamente curiosa, ma purtroppo il rapper statunitense Bob Lennon, che si sarebbe dovuto esibire con un quintetto d’archi, non è potuto essere presente. Poco male perché McDuffie sa circondarsi di bravi musicisti e gioca il jolly della serata lasciando campo libero alle furie eclettiche dell’inventiva musicale di Valentina Scheldhofen Ciardelli, contrabbassista dall’instancabile ricerca strumentale (vi invito a sentire alcuni suoi lavori) che non mette una pezza, bensì un vello d’oro all’assenza del rap per quintetto.
Pianoforte e contrabbasso, questo l’organico presente ora sul palco e il pubblico subito si immerge nelle fantasie trasognate della Ciardelli che scardina in chiave quasi post-strutturalista le milestone pucciniane come Vissi d’arte e O mio babbino caro, soprattutto grazie all’ausilio estremo del suo contrabbasso che in quel momento era diventato lo strumento melodico per le arie pucciniane. Proprio in quel momento in cui sentivo il contrabbasso cantare la voce che mi venne in mente una bellissima espressione di Arturo Toscanini che disse un giorno.. Morirò senza aver capito le donne e l’intonazione dei contrabbassi! Ecco il tradimento musicale per contrabbasso che compie la Ciardelli è svelato in tutta la sua unicità, nella sua tensione sonora data da uno strumento che non è costruito per quel tipo di scrittura; e Valentina Ciardelli fa del contrabbasso lo strumento di punta per tutta la seconda serata del concerto. Non solo una personale e libera interpretazione al contrabbasso delle melodie pucciniane, ma la Ciardelli si manifesta anche abile nel reinventare arrangiamenti per quintetto d’archi di un genio del Novecento musicale come Frank Zappa. Ed è proprio col repertorio dell’eclettico compositore di Baltimora che la serata trova il suo più alto grado di interesse nel soddisfare orecchie ben attente.
Il repertorio spazia da Echidna’s Arf (Of You), a Peaches En Regalia, passando per l’originalissimo What’s the Ugliest Part of Your Body? fino a concludersi con Blessed Relief, insomma un repertorio poco scontato della vasta produzione musicale di Zappa, e certamente elaborato ecletticamente dal quintetto d’archi con il contrabbasso sempre in primo piano; il pubblico è letteralmente catturato dalla presenza ingombrante, centrale del contrabbasso e dall’energia che la Ciardelli e altrettanti giovani colleghi hanno saputo trasmettere. Nel frattempo aveva finito di piovere e con la pioggia il concerto. Dopo un lungo applauso si è ritornati alle nostre case attraversando una Roma che si rifletteva nelle pozzanghere ai bordi delle strade, mentre in macchina canticchi sottovoce le arie pucciniane che quel contrabbasso nella sua estrema sonorità mi aveva rievocato. Sono certo che a fine serata Arturo Toscanini avrebbe colto l’intonazione del contrabbasso grazie anche ad una notevole donna contrabbassista. Il cerchio si chiude.