Il rocker lombardo ci parla del suo esordio solista “Musica Buona” e di dove il rock sta andando! E soprattutto se sta andando da qualche parte!
Dopo l’esperienza con i Cinqueventi, dave Bolo si è messo alla prova con i This Is The Foo, un tributo ai Foo Fighters, con cui ha compreso l’importanza delle disciplina. Ora debutta in proprio con “Musica Buona”, un disco solido, frizzante e che si ascolta che è un piacere.
Dave, come nasce l’idea di un album solista? E che tipo di esigenza ti ha portato a scegliere il cantato in italiano?
Ciao Gianni e grazie per questa opportunità. L’idea nasce dalle necessità, come spesso avviene. Chiusa l’esperienza con i Cinqueventi, ho pensato che fosse l’ora di “dare voce” ad un po di canzoni scritte. E scritte in italiano per arrivare bene ed in fretta alle orecchie italiane.
I brani hanno una fluidità incredibile, arrivano sin dal primo ascolto? Lavori tanto sulla stesura e gli arrangiamenti o cerchi di mantenere il telaio dell’idea iniziale?
La musica è quanto di più astratto possa esistere. Tutto è modificabile. C’è molto lavoro, soprattutto nell’arrangiamento. La fluidità’ delle mie linee melodiche, però, è da sempre una mia peculiarità .
Com’è stato lavorare in studio con Max Zanotti? Cosa pensi ti abbia dato in più?
Da Max c’è da imparare. È un fuoriclasse. Ha saputo dare una marcia in più, ed un vestito più figo ai brani.
La scelta di uscire solo in digitale è solo economica o non credi più nel supporto fisico? È finita un’era?
Credo che sia finita un’era. Tutto qui…
Il tuo album trabocca di energia, ma io sono rimasto colpito anche da “Sheyla”, c’è una poesia di fondo sincera, pulita. Mi dici qualcosa di più di questo pezzo. E cosa pensi delle ballate nel rock: sono necessarie, una calamita per i non adepti o solo un’urgenza creativa?
Grazie! Sono contento che arrivi la mia grinta. ‘Sheyla’ è la descrizione esatta del sentimento che esplodeva in me, mentre scrivevo il testo quella notte. Di ciò che stavo vivendo. È una dichiarazione d’amore disperata alla musica, e alla scrittura delle canzoni. Le ballate non possono mancare.
In “Io (non mi fermo più)”, parli dei concerti e di come siano necessari per farsi conoscere, ironizzando invece sui “like” dei social. È davvero così per te? E quanto è stato difficile non salire su un palco durante lockdown/pandemia?
Per me è così. Ma oggi purtroppo i “like” contano più delle note che prendi quando canti. Al limite mettono l’autotune e tutto è sistemato (ride, nda). Speriamo che il trend si inverta. Per farsi conoscere vanno bene i social, i concerti per dimostrare chi sei, e poter avere un VERO scambio di energia col pubblico. Stare lontano dal palco non è mai piacevole.
La domanda del momento: cosa nei pensi dei Måneskin? C’è sostanza o si tratta di un gran lavoro di marketing? Che idea ti sei fatto?
Penso che la verità stia nel mezzo. Ma in generale degli altri non mi interesso.
Nei tuoi testi parli anche di un mercato discografico, dagli addetti ai lavori al pubblico, fermo ai soliti nomi, annoiato e poco curioso. Non pensi che sia una contraddizione visto che con i This Is The Foo, il tuo (ottimo) tributo ai Foo Fighters, contribuisci a proporre cose che il pubblico già conosce? Anche se va detto che i FF sono una band relativamente giovane e non uno dei soliti dinosauri del rock che ha mille tributi ovunque.
Qui entriamo in un campo controverso per me. Ho dovuto fare questa band tributo, anche per capire se fossi stato in grado di essere un frontman, oppure no. Nessuno mi avrebbe seguito, se avessi proposto solo le mie cose. Ed io avevo necessità di lavorare ed allenare bene la voce. Di sicuro cantare e suonare quella roba per due ore ti spacca! È un’ottima palestra. La maggior parte dei tributi comunque, li vieterei.
E Dave qui se la ride di gusto!!