Pete Townshend, chitarrista, autore e cuore degli Who, si era accorto di come il pubblico percepisse umori, emozioni e vibrazioni della sua musica. Ne era rimasto colpito tanto da immaginarsi un progetto ambizioso, che però…
Autunno del 1969: gli Who hanno terminato il tour di Tommy, la prima rock opera della storia: è stato un trionfo sotto tutti i punti di vista. In quei giorni, Pete Townshend, chitarrista, compositore e cuore della band, si era accorto di come il pubblico percepisse umori, emozioni e vibrazioni della sua musica. Ne era rimasto colpito tanto da immaginarsi un progetto ambizioso: immettere in un computer i dati personali degli ascoltatori per trasformarli in note. Un’idea pazzesca che aveva provato a sperimentare (senza successo) usando quelli del suo guru indiano, Meher Baba, un maestro spirituale i cui insegnamenti lo avevano affascinato. Townshend, infatti, stava sviluppando una nuova opera rock (Lifehouse), una storia di fantascienza ambientata in un futuro decadente in cui il rock avrebbe potuto salvare il mondo. Pete aveva scritto qualche brano, ma poi il progetto si era arenato. Le canzoni erano però rimaste e una in particolare diventerà uno dei pezzi più amati degli Who. Un organo Bromley suona una cellula minimalista alla Terry Riley (altro mentore di Townshend) prima di far largo a una semplice sequenza di accordi rock su cui si staglia maestosa la voce di Roger Daltrey. Pete canta l’inciso, quello in cui evoca la famigerata “teenage wasteland”. Questa “disperata terra di adolescenti” è quella del mondo della droga che gli porterà via metà band: prima Keith Moon, poi John Entwhistle.
Baba O’Riley (dedicata ai suoi due eroi artistico/spirituali) sarà il brano di apertura di Who’s Next, il “dopo Tommy”. Neanche un disgraziato remix usato come sigla della serie tv di CSI New York toglierà potenza e brillantezza a uno dei più grandi pezzi rock della storia.