Artista, sognatore, visionario, Lemuri è il grande cuore blu della musica italiana, che mai come oggi, ha bisogno di ideali e vicinanza. Abbiamo incontrato Vittorio Centrone, in arte Lemuri il Visionario, per parlare del suo nuovo album “Viaggio al centro di un cuore blu”.
La tua esperienza è vasta, sei passato dall’underground a Sanremo, al grande successo con un singolo brano. Ma quando hai capito chi volevi essere davvero?
In realtà ho sempre saputo di voler seguire la scia dei miei sogni e ho capito molto presto che la musica era il mio mezzo magico per farlo. Il lavoro fatto negli anni è stato quello di riuscire a trasmettere questo universo parallelo e onirico al pubblico in modo comprensibile ed allo stesso tempo originale. Tutte le esperienze sono servite a focalizzare l’obbiettivo e a farmi arrivare finalmente agli ascoltatori in modo vero e sincero.
Come nasce l’idea di Lemuri, una sorta di alter ego? Si parte da un fumetto e si finisce nella realtà. O è andata al contrario? E complimenti per l’immagine, è stupenda.
Lemuri nasce dalla consapevolezza che il messaggio visionario che ho sempre portato nel cuore sarebbe potuto arrivare con più potenza attraverso una maschera. Tra l’altro i miei più grandi ispiratori sono stati Peter Gabriel e David Bowie e proprio grazie a loro ho sempre pensato che la scelta di fare il cantante ed in generale l’artista porti con sé una grande responsabilità. Bisogna essere coscienti di dover diventare dei veri e propri maghi capaci di trasportare il proprio pubblico in una dimensione parallela a quella che normalmente viene definita realtà e cioè quella del sogno lucido. In poche parole sognare essendo consci di sognare. Per ottenere tutto questo una decina di anni fa mi chiusi letteralmente in una stanza per circa sei mesi e scrissi la storia e le canzoni di Lemuri il Visionario. Fu davvero l’inizio di un’avventura meravigliosa che continua a riservare sorprese.
Ti dico la verità, mi sono innamorato del tuo disco, prima ancora di ascoltarlo, solo i titoli dei brani mi sembravano perfetti. I testi delle tue canzoni, sono un misto di euforia, malinconia e speranza, io almeno vedo questi elementi. Ma “Lemuri il Visionario” che visioni ha?
Ti ringrazio davvero di cuore e direi che hai colto degli aspetti molto importanti del mio lavoro artistico. Lemuri ha la fortuna di vivere in un mondo fatto di grandi slanci emotivi, di pochi compromessi e di furori artistici capaci di rallentare il tempo. Insomma in parole povere è felice nel rincorrere, a dispetto di tutto, il suo sogno nel cassetto. Credo sia proprio quello che manca e che cerco di comunicare in questa epoca materialistica dove tutto il “sacro” è stato soppiantato dal denaro e dalla tecnica.
Che ricordi hai della Pordenone degli anni 80, quella del “The Great Complotto”, una città di confine, che sembrava al centro del rock in Italia. Una cosa anomala e come pensi possa essere successo?
È stato sicuramente un privilegio trovarmi a Pordenone in quegli anni e poter respirare quel sogno in un periodo della vita così determinante come l’adolescenza. Pensa che già allora avevamo creato uno stato parallelo che si chiamava “Stato di Naon”. Vivevamo seguendo delle regole tutte nostre scritte in un vero e proprio statuto. Ho frequentato e conosciuto personaggi straordinari come Ado Scaini e Miss Xox e suonato per dieci anni con i “Futuritmi” gruppo rock di cui facevano parte anche Davide Toffolo poi fondatore dei Tre Allegri Ragazzi Morti e Gianmaria Accusani dei Prozac + e attualmente leader dei Sick Tamburo. Soprattutto in quegli anni ho imparato che la tecnica è davvero un aspetto secondario per un artista perché si sviluppa naturalmente nel tempo attraverso l’esercizio. La cosa più importante è allenare subito la creatività e quindi l’urgenza di raccontare il proprio mondo interiore.
Come ti sei trovato dentro il progetto Haiducii e in realtà, in situazioni così economicamente rilevanti, l’artista vede guadagni concreti o si tratta solo di visibilità?
Beh far parte del progetto Haiducii è stata una piacevole casualità. Era difficile credere in un tale successo. Diciamo che essendo un’operazione chiaramente commerciale si privilegiano gli aspetti economici e nel mio caso si resta dietro le quinte per non essere identificati dal pubblico in un mondo musicale troppo distante dal proprio.
Hai sospesi con l’arte, insomma rimpiangi qualcosa del tuo percorso?
Direi di no. L’avventura di un artista visionario ha naturalmente dei tempi un po’ più dilatati e come dico nella canzone Il mondo perfetto “tutti i rimpianti che ho per le occasioni che ho perso, io me li perdonerò, perché di niente mi pento”.
Immagino che adesso dedicherai molte energie a promuovere l’album in concerto. È previsto un vero tour o concerti sparsi?
Diciamo che sono usciti dei bei concerti soprattutto ad agosto ed il calendario è, tra l’altro, ancora in fase di completamento. Al momento posso segnalare il 7 ad Iseo(BS) nell’ambito del festival dell’attenzione, il 12 a Verona (Mura Festival) e il 26 a Parco Milvio a Roma dove ci sarà come ospite proprio Haiducii con cui canteremo per la prima volta dal vivo Dragostea Din Tei.
E ora l’immancabile domanda sul futuro. Questo album nasce da un percorso lungo, ma in tempi relativamente stretti, avremo nuovo materiale?
Proprio in questi giorni tra un concerto e l’altro sto scrivendo nuove cose. Se nasce la canzone giusta vorrei provare a presentarmi a San Remo. Chissà… che il prossimo non diventi un Festival visionario…