Dopo anni di cover, il power trio siciliano ha trovato il coraggio di scrivere musica propria. Ed il risultato è stupefacente: “New Life”, un album dove il blues che diventa rock, in tutta la sua essenza.
“New Life” è il vostro album di esordio, ma la vostra storia parte da più lontano. Ci fate un riassunto e come avete deciso, dopo anni di cover, di passare a scrivere brani vostri?
Abbiamo iniziato nel 1999 e fino al 2006 ci siamo dedicati principalmente alle cover. In quel periodo abbiamo partecipato a diversi festival blues in giro per l’Italia. Dopo 10 anni di pausa e vari cambi di formazione ci siamo consolidati come trio e nel 2018 abbiamo deciso di provare a scrivere musica. È stato un passaggio naturale ma soprattutto il tentativo di realizzare un nostro sogno nel cassetto.
Le vostre radici sono nel blues. Pensate che questo sia anche uno stile di vita e non solo un suono? Voi come lo vivete nel quotidiano?
Assolutamente sì. Il blues e il rock rappresentano un’attitudine precisa e un modo di affrontare la vita che ci appartiene. In questi generi si fondono diverse anime: quella malinconica, quella ruvida e anche quella romantica. Forse nella vita di tutti giorni non indossiamo più un giubbotto di pelle o degli stivali ma ci basta imbracciare una Fender e accendere un amplificatore per portare fuori tutte queste anime e cercare di imprimerle nella nostra musica.
Quali sono le vostre influenze principali? Oltre ai nomi storici, quali sono i gruppi degli ultimi anni che vi piacciono?
Sicuramente i Rival Sons, gli Artic Monkey, Fantastic Negrito, Reignwolf e, recentemente i Dead Poet Society, per citarne alcuni.
Onestamente, cosa ne pensate dei Greta Van Fleet? Amati o odiati? Voi da che parte state?
Non si può certo dire che non sappiano fare il loro lavoro. Hanno un’idea ben precisa e la stanno portando avanti. Poi, certo, quando sentiamo la voce di Josh Kiszka non possiamo fare a meno di pensare alla band che, insieme a Jimi Hendrix, amiamo di più. E allora mettiamo sullo stereo “Phisical Graffity” o “Led Zeppelin IV” e tutto torna a posto.
Dal vivo che tipo di strumentazione ed amplificazione utilizzate? Amate gli effetti o vi piace il suono rock originale?
Siamo amanti del suono rock vecchio stile: Fender per chitarre e basso (anche se ultimamente sono arrivate anche due chitarre Gibson), testate Marshall Plexi, batteria con misure rock e pochi altri fronzoli. Si, siamo un power trio, è quello il nostro habitat.
Qual è il concerto che ricordate con maggior affetto e soddisfazione?
Sicuramente il Torrita Blues Festival nel 2018. È stato molto emozionante per noi essere in un cartellone internazionale dove c’erano tra gli altri Popa Chubby e The Animals e poter suonare davanti a tanti appassionati. Ovviamente la nostra speranza (e quella di tutti i musicisti e gli operatori del settore) è di poter tornare presto live perché non vediamo l’ora di presentare il disco on the road.
Com’è la situazione rock e musicale in generale in Sicilia. La vostra Catania in passato è stata terra di grandi talenti per la musica italiana? Oggi come la vedete?
Catania e la Sicilia continuano a essere una fucina di talenti. Il problema si presenta quando vuoi promuovere la tua musica. Ci sono pochi spazi dedicati e questo spinge molti a desistere o a cercare fortuna fuori dalla nostra isola.
Per il futuro, superato questo momento complesso, cosa dobbiamo aspettarci dai Van Kery?
Stiamo cercando di affrontare questo momento nella maniera più creativa possibile. Stiamo ascoltando molta musica, studiando insieme e provando i brani del disco in attesa del primo vero live. Abbiamo anche nuovo materiale e non escludiamo di registrare nuovi brani! Un saluto da tutti noi e grazie mille per l’intervista!
Van Kery sono: Gianluca Vancheri, chitarra e voce, Giuseppe Di Mauro, basso e Antonio Quinci, batteria.