Nel recensire l’album 1918 dei Rebel Heart, è uscito fuori il suo nome. Vive a Civitanova Marche e sul suo profilo Facebook si firma O.J., propone il videoclip dei Morbid Angel e mostra una foto del Castaway Studio. Tra gli amici che abbiamo in comune ci sono sia giovani musicisti, ma anche uffici stampa e discografici. Per questo la voglia di intervistarlo diventa forte ..
– Siamo al cospetto del re dei fonici live, il Mida dei pomelli (era una volta!) di mixer analogici e digitali, il Baden-Powell di generazioni di giovani fonici della Marca e non, vessillifero di Ayane, Enrico Ruggeri, Tiromancino, Jennifer Batten, Carl Palmer ed infiniti altri. Ladies and Gentlem Paolo Ojetti. Paolo, ma tu “chi sei”? Grazie per la pomposa presentazione ma più semplicemente sono un musicista ed appassionato di musica che ha sempre creduto che passione e lavoro debbano rigorosamente collimare.
– Cosa ti ha fatto capire quale sarebbe stata la tua vocazione professionale, e dico vocazione e non solo “scelta” proprio perché è anche una questione di passione, di cuore, di irrazionalità. Attualmente qual è la tua attività principale quando non sei in tour con artisti? Concordo sul termine vocazione, perché, in effetti, di questo si tratta. Il mio è un lavoro che non prevede contratti, paga fissa, orari, malattie o giorni di ferie, lo si fa e basta, con passione e devozione, i risultati poi arrivano, ma quelli sono una conseguenza, non il fine. La mia attività nei live attualmente è quella di fonico F.O.H. (front of house) e cioè colui che gestisce l’audio di un evento per il pubblico presente in sala. Ho una grande esperienza anche come fonico palco, la figura che gestisce gli ascolti per i musicisti sul palco e come tour manager. Sono docente in diversi corsi per tecnico del suono e da poco ho aperto un mio studio di registrazione a Civitanova Marche, il Castaway Studio, nel quale produco, mixo e faccio mastering.
– Come descriveresti la tua professione? Ovviamente la più bella del mondo! Grande senso di libertà, piglio artistico, spirito di adattamento e si viaggia molto. Insomma una fortuna poterci vivere anche se alle volte è stressante e dura. Il rovescio della medaglia è fatto di sudore, chilometri, fango e poche ore di sonno, ma per noi tutto normale! Il fatto è che io ed i miei colleghi siamo innamorati di questa professione e questa è un’arma a doppio taglio perché poi c’è chi se ne approfitta e questo è un male.
– C’è una caratteristica particolare negli artisti con cui collabori che magari noti di più o che ti fa apprezzare meglio il particolare lavoro che stai facendo con loro? Ogni artista con cui lavoro o col quale ho collaborato in passato arricchisce il mio bagaglio di esperienza, sia dal punto di vista professionale che umano. Poter stare fianco a fianco con personaggi che ce l’hanno fatta ti dà la possibilità di cogliere il loro modo di vedere le cose, di essere contagiato dalla loro aurea positiva e godere di una visione artistica della vita, insomma è una bella possibilità se vista in questo senso. Ho sempre avuto ottimi rapporti con tutti, il nostro è un settore tutto sommato piccolo e, gira che ti rigira, siamo sempre gli stessi, è importante fare squadra con i colleghi e fraternizzare con gli artisti pur rispettando i ruoli.
– Nella personalità di un fonico, quali lati secondo te vanno smussati e quali altri invece vanno potenziati? La pazienza prima di tutto, poi l’educazione. Solo dopo arrivano la competenza e la professionalità. Sembra banale ma il mio è un lavoro fatto di rapporti personali, facciamo concerti a volte in situazioni critiche, stanchezza, tensione. L’emotività può giocare brutti scherzi, quindi avere i nervi saldi è una delle caratteristiche che secondo me sono vincenti.
– C’è una scuola particolare che è da frequentare assolutamente per avere i giusti strumenti per affrontare questa professione? Se parli con 10 fonici del mio livello ti accorgerai che ognuno ha una formazione diversa, esperienze diverse e percorsi alternativi. Oggi il livello si è alzato grazie alla possibilità di reperire molte informazioni online, o seguire corsi professionali molto validi. La strada però è il vero campo di battaglia, quindi il mio invito è quello di fare più esperienza possibile, solleticare un po’ la fortuna, essere audaci, solo così si cresce e si va avanti. Sono partito come musicista, a registrare nel Potemkin Studio di Andrea Mei nel ’97, poi ho iniziato con lui il mio percorso come assistente, poi i primi live, i tour, insomma tanta gavetta, bisbocce e notti insonni.
– Quanto è cambiato il tuo lavoro nel corso degli anni? Il mio lavoro è cambiato molto. L’avvento del digitale ha di fatto spazzato via una generazione di fonici che non si sono voluti aggiornare e ha aperto le porte a chi aveva invece voglia di imparare e un pò di grinta in più. D’altro canto il mercato del live, in Italia soprattutto, non se la passa molto bene; quindi tagli di budget e del personale sono all’ordine del giorno. Tutto questo ovviamente già pre Covid. Adesso la situazione è disastrosa; siamo in stallo da un anno e mi auguro di ripartire il prima possibile.
– Quale impatto ha avuto il progresso tecnologico? Il nostro è un lavoro molto tecnologico, essere al passo con la tecnologia ti permette di utilizzare i necessari ferri del mestiere, quindi bisogna sempre studiare e tenersi aggiornati. Il mondo del live, come quello delle produzioni in studio è cambiato moltissimo, da un lato abbattendo costi e permettendo fruibilità su larga scala, dall’altro richiedendo appunto sempre più competenza.
– C’è qualcosa che non hai realizzato e a cui aspiri? Attualmente sono sereno, con la mia band Infernal Poetry, quasi 20 anni fa ho inciso diversi dischi e girato l’Europa in lungo e in largo; come fonico dal vivo ho la fortuna di lavorare con artisti di livello, di cui tu in apertura hai fatto qualche nome, e di avere un buon rapporto con loro ed i miei colleghi. Aspirazioni vere e proprie non ne ho, il mio è un viaggio, oggi sono a questo punto e la meta è un’incognita, quindi cosa mi riserva il futuro non mi è dato sapere. In fondo questo è anche il bello di fare questo mestiere, quando arriva una telefonata di lavoro non sai cosa ti aspetta, qualcuno scrisse che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere, aveva proprio ragione!
L’evoluzione del fonico front of house: ne parliamo con Paolo Ojetti
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