Cantautore tra i più interessati della scena rock italiana, e allo stesso tempo tra i più difficili da classificare, Moltheni ha rappresentato negli anni ’90 della musica italiana una vera ventata di aria fresca. Il suo esordio “Natura in Replay” (1999) fu un debutto al fulmicotone: pubblico e critica d’accordo sulla proposta artistica di questo folletto arrivato dalle Marche. Per Umberto Maria Giardini (questo il suo vero nome) furono anni incredibili, che lo portarono persino sul palco del Festival di Sanremo 2000 con “Nutriente”, per poi realizzare un secondo album che virava su sonorità più stoner rock quale “Fiducia nel mondo migliore” (2001). Senza dimenticare la partecipazione in qualità di attore al film “Perduto Amor” di Franco Battiato, dove interpretava un giovane Lucio Battisti cantando anche “Prigioniero del mondo”. Terminata l’esperienza con le major nel 2005 Moltheni ha iniziato una proficua collaborazione con l’etichetta La Tempesta, che ha pubblicato tutti i suoi album. Moltheni è stato attivo fino al 2009, dopodiché Umberto Maria Giardini ha deciso di proseguire a suo nome. Con “Senza eredità”, uscito da poco, vengono ripresi brani di Moltheni scritti in tempi diversi e che contribuiscono ad avere una panoramica sull’ecletticità di questo straordinario artista.
Sono passati undici anni dalla raccolta “Ingrediente Novus”. Sebbene in questi anni sei stati molto attivo come Umberto Maria Giardini e in altri progetti, come mai Moltheni è tornato nel 2020?
Moltheni non è tornato, è uscito un album (postumo) riferito ai tanti episodi che non erano rientrati in nessun album della sua carriera, i cosiddetti “esclusi” dai dischi prodotti a questa firma. Bisogna fare attenzione, poiché qualcuno che non esiste più non può tornare.
“Senza eredità” contiene brani che hai scritto in momenti diversi della tua carriera, alcuni dei quali giacevano da tempo nel cassetto. A quali di questi sei più affezionato? E come mai a suo tempo non vennero inclusi nei vari album che hai pubblicato?
Non sono affezionato a nessuno di loro, come non sono affezionato a nulla che fondamentalmente riguarda il mio lavoro. Molti di loro furono esclusi per il fatto che, prima di ogni album bisogna sempre fare una cernita, diversamente si finirebbe nel pubblicare sempre malloppi o album doppi, a mio avviso inutili. Ho sempre amato quel classicismo legato al presupposto di realizzare dischi non particolarmente estesi nel loro minutaggio, di conseguenza molti brani venivano esclusi e restavano lì, in un cassetto. Fine.
Sei ritenuto uno dei protagonisti del movimento alternativo musicale, che si è sviluppato in Italia dagli anni ’90, e in particolare per l’indie rock. Cosa ne pensi della scena indie italiana degli ultimi anni? Ci sono artisti con cui hai avuto modo di interagire o che apprezzi, e che in qualche modo possono essere considerati tuoi eredi?
Io non ho eredi, come credo nessuno possa averli. Ognuno di noi è fatto di qualcosa di irripetibile soprattutto nelle manifestazioni legate all’arte. Disconosco la scena attuale italiana della musica indie, e confesso di non sapere nemmeno cosa significhi. Esistono tantissimi nuovi progetti validi, ma essendoci un mare di materiale fuori ogni giorno, bisogna cercarseli e metterli fuoco, farlo è spesso difficilissimo. A mio avviso la musica scadente è di gran più lunga maggiore di quella credibile, proprio alla luce del fatto che oggi chiunque può fare un disco. Di conseguenza le perle si confondono con l’oceano di melma proposta. Mattia Prevosti, Emma Nolde, Daniele Celona, Post nebbia, Frah Quintale, Di Martino, sono i primi nomi che mi vengono in mente e che meritano davvero di essere citati, tutto attorno vedo noia e prevedibilità.
Sono passati 21 anni dal tuo album di esordio “Natura in replay”. Un disco a mio avviso ancora molto attuale, dove avevi esplorato il tuo rapporto con l’universo femminile. Cosa ricordi in maniera particolare di questo debutto, che ti aveva portato anche al Festival di Sanremo?
Ricordo tanto e allo stesso tempo poco. Mi affiorano soprattutto ricordi legati al mio produttore scomparso nel 2000 Francesco Virlinzi e al suo entusiasmo impagabile. A Maurizio Nicotra, a Carmen Consoli e alla sua straordinaria famiglia a me molto cara, a Massimo Roccaforte, a Enzo Ruggero, a Roberto Baldi, ai ragazzi della Cyclope e a una Catania raggiante e propositiva. Non ricordo nemmeno i giorni relativi al lavoro, bensì quelli amorevoli vicino alle persone nominate.
Sempre a proposito di quegli anni, avevi esordito con la Cyclope Records di Francesco Virlinzi, struttura di base a Catania, tanto che qualcuno ti inserì nel panorama della “scuola musicale etnea”, sebbene tu artisticamente nasci altrove. A tanti anni di distanza qual è il tuo giudizio su quella scena catanese?
Non ho giudizi. Fu un periodo breve ma straordinario, in cui Catania sembrava (lo era di fatto) la capitale rock d’Italia. Tantissimi giovani vicini al rock, tantissime band, qualcosa che si respirava nell’aria e oramai estinto. Di certo Francesco Virlinzi ne fu l’artefice, ma come sempre accade, tutto fu condizionato anche dal periodo storico favorevole, persone giuste al momento giusto.
Con “Fiducia nel nulla migliore” (2001), registrato negli Stati Uniti e prodotto da Jefferson Holt (R.E.M.) e Chris Stamey, ti eri avvicinato allo stoner rock. Quali fattori ti portarono a una svolta di questo tipo?
L’influenza dei tempi, la musica che ascoltavo, la vita.
A partire dal terzo album hai lasciato le major per dare vita a una solida collaborazione con La Tempesta. Tra i tanti album realizzati come Moltheni penso a capolavori come “Splendore terrore” e “Io non sono come te”, ma anche a opere realizzate a tuo nome come “Protestantesima”. Cosa ti unisce in maniera particolare a questa etichetta?
Mi unisce una sorta di fedeltà e di intesa empatica tra me ed Enrico Molteni, coadiuvata da Eugenio Cervi della Master Music. Siamo persone che non si vedono praticamente mai, ma che assieme rappresentano un piano di lavoro affidabile, se non altro nei periodi in cui viene programmata un’uscita discografica che mi riguarda.
Covid permettendo, che cosa ci sarà per Moltheni nel 2021?
Non ne ho la più pallida idea. L’album sta andando molto bene ampiamente oltre le mie aspettative. Sono sereno, lavoreremo in prospettiva di, ma senza troppe illusioni. Quando ci sarà la possibilità presenteremo qualche data live, per far assaporare al pubblico degli affezionati come suonano dal vivo i brani del disco. Per il resto guardo un orizzonte che ancora non fa intravedere nulla, attendo e penso.