Dopo aver ascoltato il suo interessante debutto “Si cominci così”, ci è sembrato giusto incontrare Nicola Lotto per conoscerlo meglio. Ecco il risultato della nostra chiacchierata.
Ciao Nicola. Direi di presentarti ai nostri lettori, visto che è il primo incontro.
Ciao Gianni, grazie a te e a tutta la redazione di musicalnews per questa opportunità. Io sono un cantante e chitarrista, un cantautore. Vivo ai piedi dei Colli Euganei nella provincia di Padova e ho pubblicato con VREC il mio primo album, un EP di 6 brani, lo scorso 20 novembre. Si chiama “Si comincia così”.
Il primo brano lo condividi con Edda, un personaggio centrale del rock italiano degli ultimi 30 anni. Come e perché è nata la collaborazione?
È nata perché i lavori di Edda mi piacciono molto e cercavamo una voce che creasse un rapporto simbiotico con la mia e allo stesso tempo evidenziasse una differenza. Ecco fatto, Edda era perfetto. Marco Olivotto, che collabora con VREC, ha curato i rapporti e la magia si è verificata.
“Un cantante” ha un testo bellissimo. Almeno a me ha regalato questa sensazione di straniata malinconia, una sorta di elegia agli artisti indipendenti, che con coraggio sfidano il pubblico indifferente o poco più che curioso. Quanto c’è di personale in quelle parole?
Grazie, hai centrato il segno. Io quella sera ero a quel concerto, ma non ero la persona che si apprestava a cantare, bensì uno del pubblico. ‘Ho visto tutto’ si direbbe in un film giallo. La canzone si chiama ‘Un cantante’ e non ‘Il cantante’ proprio perché quel cantante possiamo essere tutti quando veniamo a trovarci di fronte alle difficoltà e alle delusioni. Ciò che conta però è credere che la bellezza sia sempre dietro l’angolo, e nei luoghi delle nostre sconfitte scritte, trovarla come una redenzione.
Come nasce una tua canzone? Dal quotidiano, dalla cronaca, dalle relazioni o cosa?
Da tutto questo quando agisce a un livello profondo, dalle cose stimolanti in sostanza: un libro, una canzone, una discussione, una cosa che sento per strada, da tutto quello che non ha a che fare con la mediocre agonia del quotidiano. Nasce la cellula della canzone, ovvero poche parole assieme a una musica, che poi vengono elaborate e costruite.
Il disco è una sorta di ep allungato, ci sono sei canzoni. Urgenza creativa o non avevi altri brani che ti giravano in testa?
Mi fa piacere tu non lo chiami piccolo album. È un EP allungato e per sua natura non ha debiti di minutaggio da giustificare. Sono stati scartati almeno altri 5 brani, non me la sentivo di includerli perché non mi sembravano sufficientemente belli per essere fatti ascoltare a un pubblico. Alcune canzoni hanno bisogno di più tempo per maturare e crescere, non è un loro fallimento, devono solo avere pazienza e crescere.
Volevo dirti con un grazie per “La felicità”, musica e parole bellissime. È incredibile di quanta magia possa regalare un violoncello. È una tua idea l’arrangiamento?
Ti ringrazio, sono felice ti piaccia, le parole sono riadattate da un passo di “Una stagione all’inferno” di Arthur Rimbaud eccetto il verso finale ‘La felicità non si tenta, conquistala punto e basta’ che è nato dopo una conversazione con Claudia Fabris, un’artista padovana. Con il violoncellista Riccardo Bortolaso, abbiamo lavorato a partire da mie indicazioni poi sviluppate attraverso la sensibilità di chi conosce lo strumento. Quindi direi che anche se ho scritto le linee melodiche i brani sono arrangiati assieme.
A cosa stai lavorando per il futuro? E tu cosa ti aspetti? O se vuoi qual è il sogno nel cassetto?
Per il futuro ti posso dire che sto pensando a un secondo videoclip per anticipare (si spera) la ripresa dei concerti e per un futuro un po’ più lontano sto lavorando su una decina di canzoni nuove.
““I sogni nel cassetto li ho tirati già tutti fuori da bambino, ora volano nella stanza”.