Pymhaus, essere unici, sentirsi liberi!

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Un storia lunga che collega la Milano degli anni ’80 al rock internazionale di questo decennio. Una storia fatta sempre di passione e di libertà creativa. Una storia, anzi la storia dei Pymhaus, che loro stessi ci raccontano guardando al futuro.

La Milano rock degli anni ’80 è stato un posto ed un momento cruciale per il rock italiano, raccontato anche in libri e biografie. Potete raccontarci che ricordi avete di quegli anni e come nascono i vostri progetti Panama e poi gli E.I.R.E. e i passi successivi?

Il progetto Panama è nato da un annuncio su “Secondamano”, in cui c’era scritto semplicemente “Gruppo rock cerca cantante” e a cui avevo risposto. Da una costola sono poi nati gli E.I.R.E. (acronimo di “Energia Italiana Radicalmente Evoluta”, nome un po’ pretenzioso ma che rendeva bene gli ideali di quattro ventenni o poco più) con una connotazione post-punk/new wave. Negli anni ’80 a Milano, non essendoci i mezzi digitali attuali, era necessario avere un demo-tape e farlo girare nei locali dove si suonava dal vivo: è semplicemente in questo modo che abbiamo suonato al Magia Music Meeting, all’Immaginazione, al Bloom (che resiste ancora oggi) e, per esempio, al Sorpasso che era il nostro locale preferito: pensa che qualche anno dopo di noi ci hanno suonato dei quasi sconosciuti Pearl Jam.

Poi come si arriva ai Pymhaus e con che ambizioni? E se potete dirmi qualcosa sulla scelta del nome.

I Pymhaus sono – di fatto – gli E.I.R.E. con un solo cambio, al basso elettrico e hanno l’ambizione di scrivere e registrare la musica che piace loro suonare e in cui credono. Nel corso dei decenni Enrico ed io (Nick, il cantante) siamo sempre rimasti in contatto, ma abbiamo ricominciato a trovarci regolarmente per suonare solo nel 2008, grazie al fatto che avevo scritto dei nuovi brani, usando una tastiera che avevo in casa durante i miei 10 anni trascorsi vicino a Zurigo. Abbiamo così coinvolto nuovamente Luca, il batterista degli E.I.R.E. con un passato anche nella Tanner Band, Leonardo al basso ed iniziato a suonare i nuovi brani, questa volta anche con un nuovo nome ispirato a “Le avventure di Gordon Pym” di E.A. Poe, romanzo fondamentale e che ha influenzato anche il Surrealismo pittorico (Magritte lo dipinge in un suo quadro). Pymhaus significa fondamentalmente “casa di Pym” con “haus” alla tedesca.

Avete pubblicato l’ep di esordio omonimo anche in vinile numerato. Sembra quasi un controsenso, oggi dove tutto va verso il digitale. Si tratta di nostalgia, collezionismo o cosa?

Fondamentalmente si tratta di fare quello che ci piace, senza calcoli di sorta. Qualche settimana fa ci hanno chiesto “Come vi ponete nei confronti dello show-business?” e la mia risposta è stata che non è mai rientrato nei nostri calcoli. Non vogliamo sembrare distaccati e tanto meno ingenui, ci mancherebbe, e siamo pronti a dialogare con tutti gli interlocutori che incontreremo di qualsiasi argomento ma, di sicuro, quando scriviamo, eseguiamo, registriamo o, come in questo caso, pubblichiamo vinili, non vi è una considerazione a priori ma solo un gran rispetto per le nostre idee.

Avete dei riferimenti artistici non banali, cosa che mi affascina. In Italia un certo tipo di rock colto, tipo Wire e XTC, per fare degli esempi, ha sempre faticato a trovare consensi. Come nasce la vostra musica: è un lavoro di insieme o c’è un leader?

Hai citato due gruppi fondamentali: pensa che, come E.I.R.E., dal vivo eseguivamo una cover di “Ex Lion Tamer” degli Wire (dal mitico “Pink Flag”); comunque, sì, hai ragione, che sia il nostro atavico (e Italico) amore per la melodia o cos’altro, difficile trovare segni di quell’eredità in Italia. Tutti i nuovi brani dei PYMHAUS sono stati scritti da me (Nick), proposti al gruppo con un provino basico tastiera e voce, sviluppati da Enrico e arrangiati insieme.

Avete già qualche idee sui prossimi passi artistici?

Stiamo continuando a scrivere e registrare, ultimo un brano intitolato “Neda” dedicato alla memoria di Neda Agha-Soltan la studentessa iraniana assassinata durante una manifestazione nel 2009; sarà molto “hardcore punk”… Contiamo di pubblicare un nuovo vinile a distanza di un anno dall’attuale, quindi direi Estate 2021.

In questo periodo complesso, a causa della pandemia, cosa credi che abbia detto, fatto e dimostrato l’arte in generale?

Che, laddove il distanziamento fisico (non mi piace chiamarlo “sociale”) l’ha fatta da padrone, l’arte ha giocato un ruolo fondamentale di aggregazione, creando interessi condivisi. Per noi la musica, e l’arte in generale, rende il mondo un posto migliore, laddove sia espressione vera dell’anima di chi la compone o la esegue.

Pymhaus: Nick Murdock (voices), Enrico Brambilla (guitars), Luca Passeri (drums), Leo Ms (bass)

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