Roberto Razzini è managing director di Warner Chappell Music Italiana: classe 1963, ha fatto la gavetta, percorrendo molte strade della discografia italiana.. Passai i mesi di Giugno e Luglio del 1978 a Milano, presso uno di quei grossisti che allora facevano da intermediario tra casa discografica e negozi specializzati.. Da questa esperienza (poeticamente potremo usare il termine è “stato a bottega”, molto in voga nel Rinascimento ed ancora nello slang fiorentino) è arrivato all’attualità, concependo uno scritto profondo, ma con la freschezza dell’istant book.
La voglia di intervistarlo è tanta per comprendere come sta nei nuovi panni di scrittore, analizzando se Dal vinile a Spotify – Quello che resta sono le canzoni è un diario o invece ha altre velleità. Direi che forse possiede entrambe queste peculiarità ed in questo ci viene incontro la prefazione a firma di Marta Cagnola (giornalista di Radio 24) che scrive .. State per leggere un racconto di vita, ma anche un piccolo manuale di storia recente della discografia italiana. Ritroverete le classifiche, le star del momento o le leggende eterne, anche con qualche gustoso dettaglio visto dal backstage: dalla costruzione dei grandi successi, alla scoperta di nuovi personaggi, alle colonne sonore delle pubblicità storiche. I momenti d’oro e quelli di crisi, del passato e del presente ..
La cosa che mi piace tanto di questo libro è la seconda parte del titolo: bello pensare che cambiano i modi con cui si ascolta musica, i mezzi con cui la catturiamo, i supporti fonografici, ma … se una canzone è valida, questa rimane… a discapito di tutto e tutti! Se un professionista come Roberto Razzini incornicia la sua analisi con il richiamo al valore di ogni singola canzone, allora iniziamo con il piede giusto: se vogliamo fare un paragone in campo medico, vi sono dottori che mettono non al centro la malattia ed altri il malato. E’ un approccio lavorativo diverso e così fa Roberto Razzini: al centro va la musica e non l’evoluzione dei mezzi con cui l’ascoltiamo, perché questi sono figli dell’epoca che stiamo attraversando e non potrebbe essere altrimenti. Chi invece si avvicina a questo libro con una curiosità storica, allora troverà pane per i suoi denti: perché in Dal vinile a Spotify – Quello che resta sono le canzoni sono dettagliati vari passaggi, quasi fosse una tesi universitaria. Ma rimane il focus su come si sono vissuti quegli anni … Tuttavia, quella che forse per molti era una noia mortale, per me era magia: in un pomeriggio mi capitava di ascoltare infinite ripetizioni di una singola traccia di chitarra di accompagnamento per un pezzo che magari avrebbe rappresentato poco più che un riempitivo nell’album di quella band o di quell’artista. Eppure, io, seduto su un divanetto in un angolo, mi sentivo immerso nel più grande spettacolo che ci fosse sul pianeta, e, in un certo senso, non ne sono più uscito…
Belli veramente i ricordi e gli aneddoti, anche se (per mia goduria personale) avrei preferito che questi avessero ancora più spazio, magari a discapito di hit parade o altri dati numerici che possiamo recuperare da altre fonti pubbliche: mentre la sua esperienza vissuta quella è un tesoretto a cui possono attingere e soprattutto influenza ancora oggi il suo lavoro quotidiano, importante perché il suo ruolo è quello di gestire le edizioni e non l’aspetto discografico di una major.
Altro aspetto importante di questo libro è confessare che non esiste una scuola per entrare nello showbiz e che anche le gaffes servono per forgiare un carattere … Lavoravo nel negozio di dischi di Piazza Imperatore Tito: entrò un signore chiedendomi l’ultima cassetta di Suzi Quatro. Spero la cantante di Detroit non me ne vorrà, ma io avevo solo una vaga idea di chi fosse. Dissimulando la mia confusione, mi voltai con grande sicurezza verso gli scaffali delle cassette che, per evitare furti, erano custodite dietro al bancone, e pescai quella dei Creedence Clearwater Revival che conteneva il brano Suzie Q. La cosa più simile, per assonanza, che mi fosse capitata davanti. Il povero cliente, ritrovandosi il potente vocione di John Fogerty invece del timbro acuto della Quatro, ci rimase molto male. Ci tenne a farmelo sapere, infatti, il giorno dopo, quando mi riportò la cassetta e chiese indietro i soldi. Mi dissi che da lì in poi non sarebbe dovuto succedere mai più..