Tra simbolismo onirico, mistero storico e rilettura critica, l’interessante progetto musicale di Manuel Virtù affascina e cattura. Laureato in musica antica e polistrumentista, turnista docente e compositore, Virtù dopo svariati anni di concerti nell’est europa e in formazioni di musica mediterranea, balcanica, gitana e andina ha fondato insieme a un gruppo di amici un gruppo musicale dando vita a uno stile musicale del tutto innovativo che mescola le sonorità mediterranee e quelle delle regioni adriatiche (Abruzzo e Puglia), mescolandole in un vortice di suoni e sonorità. Nasce così la “nuova musica Adriatica”, che Virtù esprime al meglio brani come “Pralipè” e “Sheta Vayas”, quest’ultima realizzata con l’ensemble Gypse Lune. In rete si possono recuperare anche alcune performance dell’artista in cui esegue il celebre “Saltarello” abruzzese, che non ha nulla da invidiare alla ben più nota Taranta pugliese.
Le sue composizioni spaziano anche tra teatro nel teatro e musica nella musica, giocando su più piani d’azione e di lettura in un crescendo in continua costruzione, fisica e metaforica. Il lavoro svolto da Virtù dimostra che c’è un risveglio della ricerca musicologica europea verso la musica medioevale e rinascimentale. Questo offre alcune considerazioni. In Italia, come altrove, il rinnovamento degli studi di storia della musica è stato ampio e radicale negli ultimi 20 anni. Esso tuttavia è stato raramente registrato al di fuori della cerchia degli specialisti. Chi, occupandosi di storia, di letteratura, di arte, si trova ad affrontare tematiche attinenti alla musica, continua a ricorrere conoscenze e definizioni riduttive, perpetuando nei fatti quella separazione tra ambiti disciplinari che, all’interno di un più generale storia della cultura, non dovrebbe più aver corso. Il dato significativo della recente storiografia musicale, invece, consiste proprio nel porre un allargamento del campo di indagine, che consenta di intendere i fenomeni musicali nella complessità delle relazioni che li legano agli altri aspetti della società e della cultura; nel postulare non una storia della musica ma una musica nella storia, e dunque una direzione di studio che porta all’integrazione e al confronto con le altre discipline storiche. Si tratta insomma di recuperare: di far circolare oltre i confini dello specialismo una serie di conoscenze, di aggiornamenti, e anche di informazioni di base.
E ascoltando l’opera di Manuel Virtù possiamo affermare che l’artista è sulla strada giusta. I brani proposti offrono all’ascolto non un mero florilegio di musiche. ma percorsi musicali costruiti con una struttura tematica in modo da unire coerentemente ricerca musicologica e possibilità d’ascolto. Vengono presentate brani originali che consentono allo stesso tempo di esplorare compositori del passato di cui si erano perdute le tracce.