Addio a Detto Mariano, prolifico compositore e arrangiatore di successi del Clan di Adriano Celentano, di Mina e Lucio Battisti. Il musicista, che aveva 82 anni, è morto a Milano dove era ricoverato in terapia intensiva a causa di complicazioni da coronavirus. L’artista, che viveva con la moglie Patrizia prevalentemente a Roma, era tornato nella sua città natale Milano per realizzare alcune nuove produzioni. Detto Mariano è noto anche per il rilancio del tenore Mario Del Monaco con “Un amore così grande” e per numerose colonne sonore di film e sigle di cartoni animati.
Per ricordare il Maestro Detto Mariano e la sua lunga carriera riproponiamo questa intervista realizzata nel suo studio di Roma e pubblicata il 26 gennaio 2016.
Mario Del Monaco, che è stato uno dei più grandi tenori della storia della musica lirica, ha portato l’Italia nel mondo. Per questo mi rammarico che in occasione del recente centenario dalla sua nascita (Del Monaco era nato a Firenze il 27 luglio 1915, nda) nessuno abbia fatto nulla per ricordarlo e celebrarlo”. Il compositore, direttore d’orchestra, arrangiatore e discografico Detto Mariano esordisce così in questa lunga intervista concessa a Musicalnews.com.
Raccontare la carriera e le collaborazioni di Detto Mariano in una sola intervista è sicuramente limitativo, visto che rappresenta tuttora un pezzo importante della storia della musica leggera italiana (e non solo): i suoi esordi nel Clan di Adriano Celentano (dove per una ventina d’anni ha lavorato sulle realizzazioni di tutti i successi del Molleggiato e degli artisti del Clan), nelle realizzazioni dei brani di un giovane Lucio Battisti, le numerose colonne sonore, le sigle per la tv e dei cartoni animati, e canzoni scritte e dischi arrangianti per numerosi artisti (per l’elenco completo rimandiamo al sito del Maestro). Detto Mariano è stato anche l’artefice della svolta pop del tenore Mario Del Monaco, ovvero quel grande successo che è “Un amore così grande” (brano scritto da Guido Maria Ferilli con testo di Antonella Maggio), contenuto nell’omonimo album del 1976. Disco interamente arrangiato e realizzato da Detto Mariano e pubblicato con la sua casa discografica, che ora è di nuovo disponibile in digitale in una speciale versione rimasterizzata.
Maestro, partiamo dal centenario dalla nascita del grande Mario Del Monaco, che in effetti è passato un po’ in sordina. Come mai?.
E’ una cosa che mi ha molto rammaricato. Tra l’altro qualche tempo fa venni interpellato perché intervenissi a Treviso, dove c’è una statua dedicata a Mario Del Monaco, perché volevano toglierla da Piazza Borsa che si trova vicino al teatro intitolato proprio al grande tenore. Ufficialmente l’iniziativa era dettata da ragioni di natura igienica perché, dicevano loro, che quella statua era “attenzionata” dai piccioni e dalla scarsa civiltà di alcuni ragazzacci. Anche se in realtà quel monumento finanziato dall’imprenditore Diotisalvi Perin e realizzato dalla scultrice Elena Ortica ha, secondo me, subito le attenzioni di una giunta comunale di segno politico diverso da quella che l’aveva voluta!
Veniamo invece alla sua collaborazione con Mario Del Monaco. Come è avvenuto il primo contatto con il Maestro?
Risale al 1973. Io avevo contatti con il promoter Ezio Scimè, che aveva rapporti di lavoro con il manager di Charles Aznavour e per il quale promuoveva l’artista in Italia. Il manager di Aznavour seguiva anche Mario Del Monaco. Un giorno Scimè mi disse che aveva la possibilità di presentare un eventuale progetto a Del Monaco e mi chiese se avevo qualche idea musicalmente valida da poter proporre al tenore. Qualche giorno dopo lo ricontattai e gli dissi che sarebbe stato interessante far cantare Del Monaco, abituato alle orchestre sinfoniche, accompagnato invece da un’orchestra di musica leggera e quindi anche da strumenti inusuali per lui come batterie, chitarre elettriche, bassi elettrici etc. etc.
Come prese la proposta Mario Del Monaco?
Il grande tenore aveva circa 60 anni. Per ragioni di età non sosteneva più la fatica di cantare interamente le opere liriche, ma si esibiva ancora in concerti in giro per il mondo eseguendo celebri arie d’opera e romanze. Accettò subito la mia proposta, a condizione però di avere l’ultima parola una volta finite le registrazioni: se non le avesse reputate interessanti avrebbe potuto impedirne la pubblicazione. Iniziammo così a registrare. Lui era abituato a cantare in diretta con le orchestre e quindi a registrare dal vivo, con i direttori che si adattavano alle sue esigenze soprattutto alla lunghezza della tenuta delle note acute. Non aveva invece quindi mai inciso su una base preregistrata com’è invece abituale nella musica leggera. Allora trovai un escamotage. Registrai tutti i brani col solo pianoforte che accompagnava la sua voce in modo da lasciarlo il più libero possibile nella sua espressione artistico-vocale …e sulla tenuta degli acuti, e poi in un secondo momento inserii a parte tutti gli altri strumenti.
In queste prime registrazioni era già previsto “Un amore così grande”?
No. Erano sostanzialmente brani che lui aveva già cantato, come “Mattinata” di Leoncavallo e canzoni napoletane come “O sole mio”. Proprio per questo mi resi conto che serviva una canzone nuova. In quel periodo collaboravo con un giovane autore, Guido Maria Ferilli. Gli chiesi “perché non mi scrivi un pezzo per Del Monaco?”. E lui mi rispose: “Scusami, ma Tony Del Monaco canta ancora?”. Puntualizzai che il brano non era per il cantante di musica leggera Tony Del Monaco ma per il tenore Mario Del Monaco. Ferilli era un po’ titubante perché replicò di non aver mai scritto per un tenore. Io lo rincuorai dicendogli che doveva “semplicemente” scrivermi un bel pezzo, poi ci avrei pensato io ad adattarlo alle caratteristiche di Del Monaco.
”Un amore così grande” uscì nel 1976. Il 45 giri fu un successo internazionale, così come l’omonimo album. Ve lo aspettavate?
Ricordo che, tra le varie iniziative promozionali messe in campo da Scimè, ci fu una partecipazione di Mario Del Monaco a “Domenica In” su Rai 1. Il disco era stato pubblicato dalla mia casa discografica, la CLS, ma era distribuito dalla CGD. Fatto sta che il giorno dopo mi chiamò il capo della distribuzione, comunicandomi che stavano ricevendo enormi richieste del disco. Solo il 45 giri è arrivato a vendere un milione e mezzo di copie. Inoltre, la CGD, che in quel periodo era collegata alla CBS, favorì anche la pubblicazione del singolo e dell’album all’estero, tanto da far diventare il brano un successo internazionale.
Possiamo affermare che Mario Del Monaco è stato il primo tenore ad avvicinarsi alla musica pop?
Io sono sempre stato un grande appassionato di musica lirica e devo dire che quell’esperienza la ricordo con grandissima emozione perché sono stato da sempre un grande fan di Mario Del Monaco. I grandi tenori del ‘900 sono stati cinque: Francesco Tamagno, Beniamino Gigli, Mario Del Monaco, Giuseppe Di Stefano e Luciano Pavarotti. Io ho avuto la fortuna di lavorare con ben tre di questi grandi artisti, ovvero Del Monaco, Di Stefano e Pavarotti. E’ innegabile che Del Monaco sia stato il primo tenore lirico ad avventurarsi con successo nella musica pop, cosa che poi altri tenori del suo calibro hanno fatto in seguito.
”Un amore così grande” è stata ripresa da tanti altri artisti. Come ha trovato le varie versioni?
Il primo a volerla rifare è stato Claudio Villa, tanto che per dimostrare le sue doti vocali volle cantarla, utilizzando la stessa base che realizzai per Del Monaco. Fu Villa stesso a chiedermi la possibilità di usare la registrazione della base musicale originale. Luciano Pavarotti la incise con Henry Mancini, che però non ha utilizzato il coro che è una parte fondamentale del brano da me arrangiato. Più recente è la versione di Bocelli e più recente ancora è la versione realizzata dai Negramaro, che a me piace molto anche se molto diversa da quella cantata da Del Monaco che io, per ovvi motivi, ritengo “l’Originale”. Il brano, realizzato per accompagnare l’avventura dell’Italia ai mondiali di calcio in Brasile, è stato ribattezzato “Un amore così grande 2014” perché ha delle lievi modifiche apportate al testo originale proprio per adattarlo alle esigenze della Nazionale di calcio.
Dopo quel disco lei ha continuato a collaborare con Mario Del Monaco. E’ del 1980 l’album “Il mio primo angelo”, uscito praticamente due anni prima la scomparsa del tenore. Come è nato questo lavoro?
Dopo il grande successo di “Un amore così grande” eravamo tutti d’accordo che bisognava dare un seguito a quel disco. L’idea di base era sempre la stessa: unire a brani classici alcuni pezzi nuovi.
Commissionai subito a Guido Maria Ferilli un nuovo brano. Lui scrisse “Via Del Giglio 43”, con testo di Andrea Lo Vecchio. Anche io decisi di comporre un brano per lui. “Il mio primo angelo” anche questo con testo di Andrea Lo Vecchio autore con cui in quel periodo lavoravo tantissimo. Sempre Andrea adattò il testo di una mia elaborazione dell’ “Ave Maria” di Bach-Gounod e la intitolammo “Un mondo senza Dio”.
Mi trovai però in condizioni diverse rispetto alle registrazioni precedenti. Il Maestro aveva avuto dei problemi di salute. Per questo allestii uno studio mobile nella sua casa di Lancenigo (Treviso). Le modalità di registrazione, visto che avevano già funzionato alla grande, erano sempre le stesse dell’album precedente: pianoforte e voce solo che su quel bel pianoforte a coda Steinway di Villa Luisa, questa volta, le mani ce le misi io perché volli accompagnarlo personalmente al pianoforte, poi, come in precedenza , in un secondo momento sovraincisi tutti gli altri strumenti.
Una volta definitivamente realizzati, chiedemmo a Del Monaco di scegliere quale dei tre nuovi brani avrebbe voluto utilizzare come lancio del suo nuovo LP di musica leggera e lui indicò “Il mio primo angelo”, cosa che, ovviamente mi fece molto piacere. Il 45 giri aveva come retro il brano d’operetta “Wienna Wienna”.
C’è possibilità che in futuro questo materiale possa essere di nuovo pubblicato in digitale?.
Certamente, ci sto già lavorando. Anche se, visto il recente centenario, mi sarei aspettato qualcosa di importante da parte delle istituzioni per onorare Mario Del Monaco e che avrebbe generato maggiore interesse verso la pubblicazione di queste registrazioni. Tornando a “Il mio primo angelo” Del Monaco volle addirittura registrare un video cantandolo all’interno di Villa Luisa nel salone in cui aveva un organo a canne, indicandomi personalmente come il compositore del brano. Questo video è veramente di forte impatto emotivo. Il mio sogno è quello di poterlo mostrare ad una vasta platea, magari in diretta televisiva, e far ascoltare la voce di Del Monaco che lo canta su un megaschermo accompagnato in diretta da un coro ed una grande orchestra sinfonica da me diretti …sempre in diretta.
E’ di prossimo pubblicazione anche la riedizione su CD dell’album “Il mio primo angelo” di Mario Del Monaco. Che tipo di lavoro ha svolto nella digitalizzazione dei brani?
Normalmente quando si fa una rimasterizzazione in digitale di un disco si opera su un vecchio nastro analogico a due piste. Io invece ho fatto una rimasterizzazione operando sul 16 piste. In pratica sono intervenuto su ogni singolo strumento, traccia per traccia. Ascoltando il CD è come se Del Monaco e i musicisti che lo accompagnano avessero inciso i brani con la forza, la competenza e l’amore di trentacinque anni fa ma con la tecnologia della settimana scorsa.
Mi piacerebbe ripercorrere con lei alcune tappe della sua carriera. Quali sono stati i suo primi approcci con la musica?
Dico sempre che il momento più importante della mia vita è quando sono nato. Senza quel momento probabilmente non saremmo oggi qui a parlare. Io sono nato a Monte Urano (provincia di Fermo, nelle Marche, nda). Mio padre faceva di mestiere il calzolaio ed era anche un musicista dilettante. Mi ha insegnato a fare le scarpe e ad avvicinarmi alla musica. Dico sempre che le melodie che inventavo non erano granché, ma le scarpe erano peggio….
E’ inevitabile associare Detto Mariano al Clan di Adriano Celentano. Come ricorda quel periodo?
Impossibile raccontare brevemente tutte le esperienze e le emozioni. Mi piace però ricordare quel periodo così: entrai in una favola, ho vissuto in una favola e sono uscito da questa favola per entrare in altre favole.
Lei è anche un autore molto prolifico di colonne sonore. Come ha esordito in questo ambito?
Il primo film per il quale ho composto la colonna sonora è stato “Uno strano tipo” di Lucio Fulci con Adriano Celentano protagonista. I primi lungometraggi per cui ho scritto le musiche vedevano protagonisti i cantanti con cui collaboravo abitualmente perché erano loro a caldeggiare il mio nome presso i registi e i produttori.
Tra le tante colonne sonore realizzate, mi ha sempre incuriosito quella per il primo film di Maurizio Nichetti “Ratataplan” del 1979. Come è nata quella collaborazione?
Fino a quel momento, come ho già detto, avevo lavorato solo in film che avevano cantanti come protagonisti anche se nelle pellicole non sempre ricoprivano il ruolo di cantante (come nel caso de “I sette fratelli Cervi” di Lizzani). Stavo però cercando di inserirmi in modo più personale nel mondo delle colonne sonore. Mi proponevo spesso a Giuseppe Giacchi, vice presidente esecutivo della CAM, società leader nelle colonne sonore, ma mi diceva con sincerità che avendo rapporti con nomi del calibro di Morricone, Trovajoli, Rota, Ortolani etc. etc. c’era poco spazio per me. Un giorno però ci fu la svolta. Giacchi mi chiama e mi dice: “Hai una possibilità. C’è un film di un nuovo regista, girato in 16 millimetri. Lui è a Milano. Ti avviso però che due musicisti lo hanno già rifiutato”. Era un’occasione che non potevo perdere. In quel periodo vivevo a Milano e più precisamente a Brugherio e andai da un, per me, sconosciuto Maurizio Nichetti (tanto che nella mia agenda scrissi Michetti) per visionare il film che era in fase di montaggio. Scoprii in quell’occasione che aveva lavorato nell’ambito dell’animazione con Bruno Bozzetto. E in effetti questo spirito da cartoon lo riscontrai subito nel vedere le immagini del suo film, che era praticamente senza dialoghi, ma pieno di rumori ed effetti speciali come nei migliori cartoni animati. Ricordo che mi sbellicai dalle risate. Accettai subito di scriverne il tema e pensai anche, che i musicisti che lo avevano rifiutato, forse non lo avevano visto con quegli effetti sonori!. Giocai sul contrasto tra le immagini divertenti del film, dando alla musica un tocco quasi malinconico. Mi ripresentai quindi da “Michetti” con il tema registrato su musicassetta. Terminato l’ascolto il risultato sembrò non piacergli. Mi disse che il suo era un film comico e non capiva il perché di una musica triste. Replicai che guardando il suo film mi era parso di percepire un nuovo Charlot. “Anche Charlie Chaplin”, gli dissi, “usava per le sue gag musiche malinconiche”. E su questo mi venne in aiuto il montatore Giancarlo Rossi, che invece aveva apprezzato il tema e disse a Nichetti che secondo lui poteva funzionare. Alla fine mi fu concesso di inserirlo, con arrangiamenti diversi, addirittura in quasi tutto il film. Il tema poi, venne molto apprezzato anche fuori dal film tanto che mi contattò personalmente anche Giorgio Armani, che per tre anni lo utilzzò per le sue sfilate internazionali.
Lei è stato anche l’autore delle musiche di “Amore Tossico”, il primo film di Claudio Caligari, regista scomparso di recente, ma poco celebrato quando era in vita. Per questo film lei ha realizzato una colonna sonora basata su strumenti elettronici. Che cosa ricorda di quel film?
Voglio innanzitutto ricordare Claudio Caligari. Lo avevo visto una settimana prima della sua scomparsa (il regista è venuto a mancare a Roma il 26 maggio 2015, nda). Voleva affidarmi le musiche di “Non essere cattivo”, film uscito poi postumo e che è stato anche scelto per rappresentare l’Italia nella corsa alla nomination per l’Oscar per il miglior film straniero. “Amore tossico” è un film del 1983. Anche in quel caso ci arrivai tramite Giacchi, che nel frattempo era diventato un mio amico ed estimatore. In quel periodo io iniziavo ad interessarmi di musica elettronica. In particolare mi ero appassionato del Fairlight series IIx, il primo sintetizzatore / campionatore musicale uscito sul mercato. Uno strumento che a mio avviso aveva delle incredibili potenzialità. Mostrai proprio a Giacchi cosa si poteva fare con quello strumento. Lui ne parlò anche con altri musicisti, che sostenevano che avesse caratteristiche simili ad altri strumenti in commercio come moog, minimoog e mellotron. Per contro Giacchi rispondeva loro: “Si, certo, è un po’ come se mi descriveste delle belle motociclette veloci, cromate e potenti… ma non vi siete accorti che quello invece vola!”. Fu Giacchi a indirizzare Caligari verso di me. “Amore tossico” è un film sul mondo della tossicodipendenza a Roma. Dopo aver visto quelle immagini rimasi colpito dalla durezza delle scene. Accettati di scrivere le musiche e le realizzai proprio con il Fairlight. Caligari fu subito entusiasta del lavoro fatto, tanto che fece ascoltare le musiche anche al regista Marco Ferreri che stava cercando idee nuove per le musiche del suo ultimo film. Inoltre, Caligari fece venire in sala di registrazione un “esperto in droghe” che doveva sostanzialmente verificare se le mie musiche corrispondevano all’effetto che le droghe causavano a chi le assumeva. Tutti i brani vennero approvati tranne uno, relativo alla scena in cui una ragazza si infilava l’ago di una siringa in una vena del collo. Colgo l’occasione per annunciare che questa colonna sonora a fine febbraio verrà pubblicata per la prima volta su CD e vinile dalla Penny Records. Inoltre le musiche saranno anche rieseguite dal vivo dal gruppo “La Batteria”, specializzato nel rifacimento di storiche soundtrack in una loro personale interpretazione.
Mi piace concludere questa intervista con un’altra parte importante della sua produzione, ovvero le sigle dei cartoni animati. Lei ha composto le musiche si celebri cartoon, come “Mazinga”, “Judo Boy”, “Gundam”, “Astroganga”, “Piccola Lulu” e per Cristina D’Avena “Il grande sogno di Maya” e “Le avventure della dolce Katy”. Sigle che ancora oggi cantano bambini e ragazzi di ieri e di oggi. Com’è approdato a questo mondo?
Anche in questo caso il tramite è stato Giacchi. Tanto che con lui fondai la Meeting Music, una società dedicata esclusivamente alla produzione di sigle per cartoni animati. Almeno una ventina di brani portano la mia firma come compositore fra i quali “Gundam” e “Judo Boy”. Per i testi invece nella maggior parte dei casi mi sono affidato ad Andrea Lo Vecchio. Per quanto riguarda le incisioni mi occupavo di tutti gli arrangiamenti e di tutte le realizzazioni sia dei brani di cui ero compositore che di quelli che non lo ero. Per quanto riguarda le voci le sceglievo fra i coristi che convocavo abitualmente in studio, cercando tra loro i solisti più idonei ai singoli brani. Ad esempio alcuni di essi sono stati cantati dai componenti del gruppo “I Pandemonium”, che convocavo spesso quando realizzavo le registrazioni a Roma. “Gundam” invece è stata realizzata a Milano e l’esecutore è il cantante Mario Balducci. La voce della parte recitata (l’ormai nota “nessuno ce la fa contro GUNDAM!”) è invece quella di Andrea Lo Vecchio …in persona….
Le soddisfazioni per questo settore, anche se relativo ai bambini, non sono state certo minori di quelle per gli adulti. In una classifica ufficiale presentata dai Fan Club di Cristina D’avena a seguito della richiesta di allestimento di un Video commemorativo a loro dedicato, il brano “Le avventure della dolce Katy” è salito sul podio come terzo classificato su una scelta di circa 700 canzoni cantate da Cristina D’Avena!