Anno Domini 2016, finalmente il Maestro Ennio Morricone è riuscito ad accreditarsi il tanto sospirato Oscar, per merito di quel buontempone di Quentin Tarantino.
Per molti anni la famigerata statuetta gli è passata sotto il naso senza colpo ferire. I film incriminati sono “Mission”, “Gli intoccabili” e “Malena” di Tornatore, poi un breve accenno di scuse da parte dell’Academy nel 2007 con l’Oscar onorario alla carriera.
Parlando di Tornatore, Morricone avrebbe meritato l’Oscar insieme al figlio per “Nuovo cinema Paradiso”. Gli inizi del maestro come tutti ben sanno sono legati alla figura imponente di Sergio Leone con la “Trilogia del dollaro” e grazie all’amicizia con Leone un comico in erba riuscì a farsi comporre, per ben due film la colonna sonora da Morricone. Si trattava di quel simpaticone di Carlo Verdone, con “Un sacco bello” e “Bianco, Rosso e Verdone”. Il maestro Ennio Morricone ha composto anche per l’horror: Lucio Fulci (Una lucertola con la pelle di donna) Dario Argento (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code) e John Carpenter (La cosa). Tornando alla vittoria dell’Oscar del 2016 per il film “Hateful Eight”, Quentin Tarantino dato le analogie con l’ambientazione glaciale e paranoica della “Cosa” di Carpenter, ha chiesto a Morricone di seguire lo stile compositivo usato per il film del 1982.
E il risultato è sottile e sinuosa colonna sonora che deflagra nel finale Ultra splatter del film, che ha degli inaspettati riflessi politici che riescono a fare capire il percorso di Tarantino nei suoi vari film su una monumentale storia dell’America e quindi della cultura Occidentale. Già in “Django Unchained” (nato dalla collaborazione della mostra organizzata dalla redazione di Nocturno a Venezia del 2007 con Tarantino sullo Spaghetti Western) il regista Texano, aveva invocato l’aiuto di Morricone, interpellando anche la cantante Elisa, per la strappalacrime canzone “Ancora qui”. Non dimentichiamo che tra i film preferiti di Tarantino c’è “Il buono, il brutto e il cattivo”, quindi ci voleva un americano per infiorettare la fine della carriera di Ennio Morricone che era iniziata con l’epica sinfonia voluta dal più americano dei registi italiani (a livello produttivo) che strizza l’occhio a Kurosawa: ovvero l’inarrivabile Sergio Leone.
(a cura di Jean Pierre Colella)