Una sentenza che può davvero rivoluzionare il rapporto tra autori ed editori: intanto torna al compositore italiano la proprietà delle sue colonne sonore edite negli States, perchè (contrariamente a quello che si può pensare) esiste una profonda differenza tra la normativa italiana (che regola questo aspetto) e quella vigente nel ricco paese nordamericano! A rilanciare la notizia il giornalista Michele Bovi, da tempo un vero e proprio Sherlock Holmes che si diletta nello scoprire cosa sono i plagi (e chi ne ha usufruito), il rapporto tra musica e delinquenza (ma anche servizi segreti): sia quando era a Tg Dossier (su RaiDue), ma anche quando ha ricoperto un ruolo dirigenziale su RaiUno, Michele Bovi ci ha deliziato (incuriosito, avvinto) con i suoi reportage, ma anche nei diversi libri che ha ultimamente scritto, come il prezioso Note segrete. Leggiamo ora sul suo sito ufficiale una notizia che rivoluzionerà senza alcun dubbio il mondo degli autori italiani, i quali potranno vedersi finalmente riconosciute maggiori royalties dallo sfruttamento da parte dei media americani, ma anche la mera proprietà dei loro master…
Il maestro Ennio Morricone mette a segno un colpo che minaccia di destabilizzare i tradizionali rapporti tra autori ed editori sull’intero territorio statunitense. Lo scorso 21 Agosto il giudice Dennis Jacobs, presidente del secondo circuito di Corte d’Appello degli Stati Uniti, ha infatti stabilito che il compositore italiano può riappropriarsi dei diritti di sei colonne sonore realizzate tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 e affidate in gestione al gruppo che gestisce in America le licenze della prestigiosa casa di edizioni musicali Bixio, fondata un secolo fa da Cesare Andrea Bixio, uno dei padri storici della canzone italiana (scrisse capolavori come Mamma, Parlami d’amore Mariù, Vivere, Guapparia). Secondo i legali di Morricone il contratto tra lui e il Bixio Music Group risultava scaduto già nel 2012, ciononostante gli editori hanno continuato ad amministrare i diritti delle colonne sonore sul territorio statunitense. Nel 2017 il Tribunale federale di New York aveva respinto la richiesta di Morricone, in virtù della differente considerazione, tra la legge italiana e quella americana, della paternità di un’opera musicale: negli Stati Uniti il produttore del film è anche colui che commissiona le musiche e ne diviene proprietario, mentre in Italia il compositore resta il titolare della propria opera dell’ingegno. E la Corte d’Appello presieduta da Dennis Jacobs ha riconosciuto l’interpretazione italiana, attribuendo all’autore, ai sensi della legge sul Copyright degli Stati Uniti, la prerogativa di revocare i diritti dell’opera dopo 35 anni dalla sua creazione. A convincere il magistrato americano è stata l’avvocata newyorkese di Morricone, Jane Carol Ginsburg, docente di Diritto della proprietà artistica e letteraria alla Columbia University. Una decisione che può indurre innumerevoli compositori italiani di brani famosi negli Stati Uniti – e non soltanto legati a colonne sonore cinematografiche – a reclamarne la restituzione dei diritti da parte delle case editrici a stelle e strisce.