“Sto tutto fusion” è il nuovo disco del percussionista e rapper napoletano Ciccio Merolla, uscito il 12 luglio per l’etichetta Jesce Sole, una fusion moderna e originale che unisce reggae(ton), bolero, elettronica, dub, rap, cumbia e world music.
Presentato in una conferenza stampa nella sua casa studio di Napoli, circondato dalle sue percussioni, è uscito il 12 luglio “Sto tutto fusion” (a otto anni dal precedente “Fratammè” e a cinque da “Instant Dialogues” con il sassofonista Riccardo Veno, pubblicato per l’etichetta indipendente Jesce Sole, distribuzione fisica Goodfellas Roma e Believe in digitale), il nuovo disco del percussionista e rapper partenopeo Ciccio Merolla, tra i principali esponenti della seconda generazione del Naples’Power.
Il disco si apre con “Bolevo Veggae”, da pronunciare rigorosamente con la “erre moscia” (come il celebre gagà nel film “L’imperatore di Capri” con Totò), che mette insieme i ritmi marziali del bolero con quelli in levare del reggae, una “fusion” originale come indica il titolo del disco, non solo musicale. Un bolero che invita al cambiamento, ispirato al pensiero di Eraclito, il filosofo del divenire. Il ritornello che ripete “cagna si ha da cagnà…” non può che far venire in mente il Pino Daniele di “Quanno chiove” (“tanto l’aria s’adda cagnà…”), un cambiamento visto quindi come positiva evoluzione del presente e non solo come contraddizione.
“Giorno migliore” è un reggaeton allegro e spensierato, unico brano del disco cantato interamente in italiano, che ricorda il miglior Neffa e vede la partecipazione vocale di Giuseppe “PeppOh” Sica, con il contrabbasso di Dario Franco e la chitarra di Mario Sardella.
“Followers” ironizza sulla pericolosa deriva dei social network “tutti mi parlano di te e dei tuoi followers…sei campione sul web…è come una mania, una megalomania, e chi sta pieno ‘e like perde la fantasia…”, con le sonorità elettroniche e il programming del dubmaster Andrea “Oluwong” Esposito, che in questo disco ha suonato le macchine.
“Il campanello” è il primo strumentale del disco, una scatenatissima cumbia che può essere ballata in spiaggia d’estate come nelle discoteche d’inverno. Ricordiamo il recente progetto “Istituto Italiano di Cumbia All Stars” capitanato da Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti che ha riportato in auge anche in Italia questa danza popolare di origine colombiana.
“Stai fusion” è il brano che in qualche modo suggerisce il titolo dell’intero progetto, le sonorità ricordano l’afrobeat del nigeriano Fela Kuti e la fusion di Joe Zawinul, indimenticato tastierista e leader dei Weather Report. Ai pregevoli cori ci sono Brunella Selo, Annalisa Madonna e Fabiana Martone. Il rap di Merolla si scaglia contro la società che lascia indietro ed emargina i diversi. In tempi di “prima gli italiani” i tamburi di Merolla sono “no borders”, includono e non escludono. I tamburi in genere hanno sempre rappresentato la guerra mentre nella musica di Merolla rappresentano il contrario, la pace e la comunione tra i popoli. La sua fusion parte dai vicoli dei Quartieri Spagnoli e arriva ovunque, come una vera world music moderna dove si incontrano le culture e gli strumenti di tutto il mondo.
Il ritmo rallenta e diventa più scuro, dalle sonorità dub e drum’n’bass, nella successiva “Fòre”, con la voce di PeppOh che accompagna il rap in napoletano di Merolla che rivendica la sua libertà.
“Se chiamma ammore” è una canzone dedicata all’anima, forse la più “neomelodica” del disco, con la chitarra di Gennaro Porcelli che si intreccia alle voci di PeppOh e Merolla.
“Bedroom” è il secondo brano strumentale, un sensuale intreccio di Sicilia e Medio Oriente, con suoni di percussioni e marranzano (scacciapensieri).
“A tempo” unisce il napoletano con frasi in italiano con un ritmo che rimanda a “Kokoro” (il suo secondo disco del 2008 che vinse il Premio Lunezia etno music), con Merolla che ricorda Nàna Vasconcelos, grande percussionista brasiliano che ha collaborato con Pat Metheny, Gato Barbieri, Jan Garbarek e anche con musicisti italiani come Pino Daniele ed Eduardo De Crescenzo.
Il disco si chiude con “’Mpast” che è un originalissimo adattamento in napoletano di “Mustt Mustt” di Nusrat Fateh Ali Khan (leggendario cantante sufi e musicista pakistano scomparso nel 1997, conosciuto per aver collaborato anche con Eddie Vedder, che nel 1990 con il chitarrista e produttore Michael Brook pubblicò questo brano per l’etichetta Real World di Peter Gabriel), che gli fece sentire per la prima volta Enzo Gragnaniello (col quale Merolla ha suonato per tanti anni in concerto), in cui il rito della preparazione del casatiello da parte della mamma con l’impasto dei vari ingredienti diventa la metafora della ricchezza che si realizza attraverso l’incontro tra le diverse culture.
Allievo di Rosario Jermano e Karl Potter, apprezzato da colleghi come Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Tony Cercola e Giovanni Imparato, Ciccio Merolla è uno dei maggiori percussionisti italiani, e può essere considerato a tutti gli effetti un esponente del Naples’ Power, “movimento musicale di cui Ciccio Merolla, anche se di generazione successiva, è entrato a pieno diritto a farne parte. Compositore e leader di formazioni funky, rock, di musica popolare, Ciccio è stato antesignano del rap napoletano, del reggae e di tanta musica afro mediterranea che dal dopoguerra si produce , si suona e si canta a Napoli”, come scrive Renato Marengo nella presentazione del disco.
Composto e arrangiato da Ciccio Merolla (percussioni e batteria), Piero De Asmundis (tastiere e piano) e Andrea “Oluwong” Esposito (programming), il disco è stato registrato presso RR Sound da Piero De Asmundis e Andrea “Oluwong” Esposito, mixato presso Ammontone Studio (Napoli) da Piero De Asmundis e Andrea “Oluwong” Esposito. Mastering a cura di Bob Fix.