Un progetto trasversale che fonde il rock con il blues, lo stoner con la slideguitar. Si presenta così il disco d’esordio dei Domovoi, dal titolo omonimo, pubblicato dall’etichetta Filibusta Records. La band è composta da Daniele Failla alla Slide guitar, chitarra elettrica e voce, Matteo Failla alla batteria e voce e Valerio Cascone al Basso. Proprio il frontman e chitarrista della band ci ha raccontato come è nata questa avventura.
Come nasce il progetto Domovoi?
Ero alla ricerca di un suono di chitarra diverso e ho riascoltato casualmente un vecchio disco di Ben Harper, il suo suono mi ha incuriosito e così ho pensato che la Slideguitar potesse essere una strada interessante. Ho comprato una vecchia Eko acustica degli anni’70 e l’ho modificata per farla diventare una slideguitar ho studiato la tecnica dello strumento e qualche accordatura iniziando a scrivere i primi riff. Quando questi riff hanno cominciato a diventare canzoni le ho fatte ascoltare a mio fratello che ha deciso di entrare nel progetto. A quel punto abbiamo iniziato a lavorare insieme fino a realizzare un disco.
Come è stato scelto il nome, ha un significato particolare?
Il nome Domovoi mi è capitato casualmente davanti agli occhi quando ho iniziato a scrivere i primi riff e anche se non ne conoscevo il significato mi piaceva il suo suono e lo vedevo adatto al progetto che stavo per iniziare. Il significato l’ho scoperto in seguito. Deriva dalla mitologia slava, è uno spiritello protettore della casa e dell’unità familiare e visto che del progetto fa parte anche mio fratello ho pensato fosse il nome davvero il nome giusto.
C’è un concept dietro i brani del disco?
Un vero e proprio concept non c’è, alcuni pezzi sono istantanee di vita privata e parlano di cambiamenti, desideri o rotture. Un duello infinito ad esempio parla della voglia e al contempo della difficoltà di dimenticare qualcuno che non può più far parte della nostra vita, Come ieri racconta della seduzione e del desiderio di stare bene e ridere con l’altro. In altri pezzi invece l’attenzione si sposta su argomenti forse più personali. Questa fortuna affronta la depressione e il senso di colpa che scaturisce dall’essere consapevole di quanto possiedi, non solo in termini materiali, ma nonostante tutto continui ad essere profondamente infelice, mentre in Randall Graves un uomo parla finalmente al suo migliore amico e cerca di fargli capire che le scelte che sta facendo non sono le migliori.
In generale l’intento delle canzoni del disco non è insegnare qualcosa o raccontare mondi della fantasia, piuttosto cercano di trasmettere cosa si prova e come si reagisce a quello che accade in determinati momenti della vita di ognuno.
C’è una particolare attenzione all’immagine grafica, da cosa deriva e qual’è l’idea di fondo
La componente grafica per un gruppo ha indubbiamente la sua importanza, è un ulteriore segno distintivo e da sempre arti visive e musica hanno camminato insieme. Mi è sempre piaciuto curare anche la veste grafica dei progetti musicali ai quali ho partecipato e per i Domovoi ho pensato a qualcosa che avesse impatto ma che mantenesse una certa sinuosità, ci ho lavorato parecchio, andando soprattutto a togliere da quella che era l’idea iniziale perché volevo fosse essenziale ma curato, dopotutto anche la nostra è una formazione essenziale, siamo un power trio.
Come sei partito per lavorare sul disco, dai testi, dalla musica?
I brani sono tutti partiti da un riff di chitarra accompagnato dalla sola batteria poi, in maniera molto naturale e lasciandoci trasportare dall’andamento del pezzo, andavamo ad aggiungere gli altri strumenti e a svilupparne la struttura. Abbiamo lavorato a fondo su ogni brano, in ogni sua fase, dalla composizione alle prime stesure in preproduzione e abbiamo continuato a lavorare sugli arrangiamenti anche durante le registrazioni del disco.
Le linee vocali sono state cucite su alcuni brani, come ad esempio Questa fortuna, ancora prima di comporre i testi e quando siamo entrati in studio molti dovevano ancora essere terminati e alcuni pezzi avevano dei testi provvisori. Nelle pause tra una sessione di registrazione e l’altra ascoltando i premix li ho completati e poco prima dell’inizio del missaggio, anzi, a dirla tutta anche a missaggio iniziato abbiamo registrato le voci definitive.
I riferimenti musicali della band per elaborare il progetto? I tuoi riferimenti musicali?
Le mie radici sono nel rock, soprattutto in quello degli anni ’90. Gruppi come Nirvana, Alice in Chains, Red Hot Chili Peppers sono alcuni tra i miei riferimenti principali, a questi poi si aggiungono i Beatles, Jimi Hendrix, e il Blues. Ascolto anche musica italiana da cui spesso traggo ispirazione per i testi, gli Afterhours e i Verdena sono tra i miei gruppi preferiti in assoluto, mi piace Battisti, Lucio Dalla e sono cresciuto ascoltando Bennato.
Abbiamo scritto i brani cercando in qualche modo di coniugare artisti come Jack White, i Queens of the Stone Age e i Verdena, che sono il presente del rock, con tutto quello che è venuto prima a partire dal Blues, che fa sentire la sua influenza su tutto il disco, passando per gli anni ’70 e i ’90. Ma in generale abbiamo attinto a tutto quello che abbiamo ascoltato e che ci piace senza limitazioni e anche gruppi completamente diversi tra loro e dai riferimenti citati prima come i Soul Coughing e i Genesis sono stati grande fonte di ispirazione. Inutile dire che, almeno dal canto mio, l’influenza di Ben Harper sia stata fondamentale.
Come sarà il live per portare in giro il disco? Vi trovate più a vostro agio nella fase creativa e in studio o nella dimensione live?
Il palco e lo studio sono due ambienti completamente diversi ma ci troviamo a nostro agio in entrambi. Ci piace l’atmosfera intima dello studio, il clima che si crea mentre registri riascolti ed elabori i brani insieme agli altri è particolare ed unico, mentre nel live questa rilassatezza lascia spazio all’adrenalina che sale a mille nel vedere la gente che partecipa attivamente alla nostra esibizione saltando e cantando le nostre canzoni.
Sarà sicuramente un live energico in cui non ci risparmieremo. Suonare dal vivo è un grande divertimento ed è bello condividerlo con chi ci ascolta. Come ho già detto siamo un power trio di base, ma spesso ci piace invitare qualche ospite a sorpresa sul palco per suonare con loro un paio di cover.
Se potessi scegliere di aprire un concerto, quale apriresti, del presente e del passato?
Sarebbero tantissimi, per il passato i Nirvana sono il primo gruppo che mi viene in mente dato l’impatto che hanno avuto su di me, mentre del presente, visto che è partito tutto da un suo disco direi proprio Ben Harper.