Wyatt Earp: pistole, alcool e rock’n’roll!!

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In sei anni di attività i veronesi Wyatt Earp hanno pensato soprattutto a lavorare per crescere, consapevoli che il rock’n’roll è un divertimento, ma che senza sacrifici non si va da nessuna parte. Tuttavia una birra in più, può solo fare bene!!

In sei anni di attività i veronesi Wyatt Earp hanno pensato soprattutto a lavorare per crescere, consapevoli che il rock’n’roll è un divertimento, ma che senza sacrifici non si va da nessuna parte. Tuttavia una birra in più, può solo fare bene!!

Per presentarvi ai nostri lettori, ci raccontate come nasce la band e i passaggi fondamentali prima di arrivare alla pubblicazione di “Wyatt Earp”?
I Wyatt Earp nascono nel 2013, da un’idea di Matteo di formare una band di stampo smaccatamente 70s. L’intento è da subito quello di scrivere del materiale originale, infatti già dalla prima data abbiamo presentato due canzoni nostre. Dopo circa un anno di attività e con soli due concerti all’attivo, il nostro batterista di allora (Davide) lascia la band per motivi di lavoro; Silvio decide quindi di passare dalla voce alla batteria in pianta stabile, lasciando libero il posto ad un frontman che abbiamo inseguito per quasi due anni! Durante questo lungo periodo abbiamo comunque scritto molto, infatti cinque delle sei canzoni del nostro disco d’esordio sono state prodotte senza un cantante. Nell’ottobre del 2016 troviamo in Leonardo il nostro nuovo cantante e completiamo così la formazione; poi, dopo un anno di rodaggio per scrivere e riscrivere le parti vocali e trovare l’amalgama definitiva sul palco, entriamo negli Industrial Studios di Marco Ciscato a registrare il nostro debut. Ed eccoci qua.

Nonostante sia classico hard rock, ci trovo Uriah Heep, Deep Purple e gli Ufo, la vostra musica ha come un sigillo di distinzione, suona come personale, pur in un contesto noto. Come scrivete i pezzi? Quanto discutete per portarli a termine?
La maggior parte dei nostri pezzi nasce da un’idea portata in sala prove da uno di noi e viene sviluppata assieme suonando, improvvisando, provando e riprovando ancora, lasciando che ogni idea venga testata e mettendo assieme il tutto quando il risultato ci sembra buono. Raramente un membro della band porta un’idea fatta e finita (o quasi), e forse perché quello di creare le nostre canzoni assieme in sala prove è il nostro metodo definitivo.
Le discussioni ci sono ma sempre nella norma, non abbiamo mai litigato durante la creazione di un pezzo perché c’è sempre stata un’ottima sintonia e, soprattutto, idee chiare!

Quali sono le vostre influenze? Oltre alle band storiche avete qualche band più recente che vi piace ed influenza?
Oltre ai gruppi già citati e ad altri mostri sacri come Rush, Rainbow e via di scorrendo, ognuno di noi ha il suo background a livello di ascolti e gusti personali. In generale ascoltiamo un po’ di tutto, dall’heavy metal classico alla musica elettronica, ma restando sul genere possiamo dire di essere influenzati anche da band ed artisti prog moderno come Steven Wilson e Porcupine Tree.

Per molti di voi credo sia stata la prima esperienza in studio, Come avete lavorato, come è stato l’impatto con la freddezza di una cabina di registrazione?
Hai detto bene, per tutti noi è stata la prima esperienza in studio, almeno per quanto riguarda la registrazione di un full-length. L’esperienza è stata entusiasmante e fin da subito l’ostacolo principale è stato quello di incamerare in quasi tre quarti d’ora di registrazione finale il calore e lo spirito della nostra band in sede live, ma dobbiamo ringraziare gli industrial Studios, Marco Ciscato ed i nostri amici Methodica se l’ambiente di “lavoro” è stato sereno, divertente e soprattutto professionale dal primo all’ultimo secondo!

Dal vivo siete molti dinamici e trascinanti, i pezzi subiscono anche delle variazioni. Vorreste spingere oltre le improvvisazioni?
Anzitutto grazie del complimento! Il tuo è uno spunto interessante, in effetti i pezzi dal vivo subiscono qualche variazione, come l’intermezzo centrale di Gran Torino che spesso arriviamo ad allungare ulteriormente improvvisandone la dinamica. Per il futuro abbiamo spesso pensato ad un pezzo con un finale predisposto ad una sorta di jam, infatti ci stiamo già lavorando; in generale, comunque, l’insieme delle nostre canzoni ha un buon equilibrio fra come le abbiamo pensate e come poi decidiamo di renderle sul palco.

Siete in cinque, ma suonate compatti e diretti quasi foste un’unica entità e l’impressione è che siete amici anche fuori dalla musica. Quanto è importante per voi l’amicizia all’interno di una band?
L’amicizia è ciò che ci ha permesso di continuare per quasi due anni senza un cantante e di provare comunque ogni settimana. È un collante micidiale che ci permette di vivere il tutto in maniera rilassata, e infatti quando capita di non poter provare per un motivo o per un altro, nulla ci vieta di bere una birra assieme e di discutere di qualsiasi cosa, sia dentro che fuori dal gruppo.
Detto questo, direi che l’amicizia aiuta tantissimo. Una band è come una famiglia, si gioisce e si soffre assieme, ed è un percorso che ti resta dentro per tutta la vita.

Di cosa parlano i testi? Qual è il vostro sogno nel cassetto? E l’obiettivo da raggiungere con realismo?
I testi parlano di argomenti disparati, ma credo che alla fine siano tutti legati dal filo conduttore dell’uomo moderno e della sua condizione, della sua necessità di distaccarsi dall’essere un numero e di diventare sempre più individuo.
Per quanto riguarda il nostro sogno nel cassetto.. credo che come ogni musicista che si possa definire tale c’è sempre la speranza di poter vivere della propria musica. Se vogliamo essere un po’ più “realisti”, diciamo che suonare da spalla a qualche band di grosso calibro, o addirittura ad una o più di quelle che ci hanno pesantemente influenzato, potrebbe essere già una gran bella soddisfaizone! Per il resto direi che possiamo già concentrarci sul nostro secondo album…

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