Disco d’esordio di M.A.C.: è una mina che vaga nell’etere delle cose impacchettate e tutte uguali. Siamo di fronte ad una quasi rivoluzione della forma canzone canonica, rivoluzione non intesa come scoperta del nuovo ma come coraggio di lasciarsi alle spalle la comodità del facile e della forma conosciuta per avventurarsi in stilemi a tratti disturbati e sicuramente trasgressivi per il momento che viviamo. Sono 8 inediti forgiati ad arte dalla guida di Luca Spaggiari, sono 8 matrici musicali dalle forme istintive, dal suono che dal pop o post-rock che sia, cerca di strizzare l’occhio al concetto punk, certamente nello spirito lo vedo proprio come un disco punk.
Sulle trame sonore di Spaggiari che alle volte richiama alla mente il paesaggio dipinto spesso da Vasco Brondi, si poggiano quasi scollate le parole di M.A.C., in una declamazione che poco presta attenzione a intonazioni, metriche e soluzioni melodiche. Testi importanti, testi di spessore, testi che a commentarli ci vorrebbero pagine e pagine di recensione ma anche capacità di sorreggere l’analisi sociale e filosofica che ci viene restituita da un simile disco, brani portanti come “Alchimia” o “Livore” ma anche la definitiva “Le parole” in cui troviamo anche una featuring di Bologna Violenta, sono “canzoni” che non andrebbero prese come canzoni, ma come riflessioni sonore. Tutto questo disco che distruggerà la critica in mille pezzi, è immersione pura e totale nel pensiero di un uomo che poi, ad ascoltare con attenzione e senza pregiudizi, è pensiero che calza perfettamente nel vissuto di ognuno di noi, questo è “Un pianeta su nove”. Difficile aggiungere altro in una sintesi che, a dirla tutta, risulterà incapace di raccontarvi un disco che va ascoltato con tutta l’attenzione possibile.