Benvenuta a Isabella Benaglia, critica musicale e autrice del libro “Thegiornalisti – Roma, Riccione, Pamplona e altri lidi”, edito da Arcana, nella collana “Cantautori del duemila”.
Sono passati alcuni mesi dall’uscita del tuo libro. Vogliamo fare un primo bilancio? Com’è stato accolto questo tuo lavoro su quella che può essere definita la band italiana del momento?
Il libro è stato, innanzitutto, un grande traguardo personale per me. Sognavo di scriverne uno fin da quando ero piccola e riuscire finalmente a farlo è stato bellissimo. Entrare in una libreria e vedere il mio nome tra gli scaffali è sempre una grande emozione, così come è bello ricevere complimenti da importanti artisti italiani, come Federico Fiumani, e da colleghi e amici. Mi stanno invitando a presentarlo un po’ ovunque, festival musicali, eventi culturali, e sono sempre felice di raccontare la storia dei Thegiornalisti e confrontarmi con le persone che intervengono e fanno domande.
Partiamo dall’inizio. Quando hai scoperto i Thegiornalisti e che cosa ti ha maggiormente colpito nella loro produzione?
I Thegiornalisti li ho scoperti e cominciati ad amare tra il 2014 e il 2015. Le prime canzoni che ho ascoltato sono state “Fine dell’estate” e “Io non esisto”, poi con l’uscita di “Completamente sold out” sono diventati una delle mie band preferite in assoluto. Mi è piaciuta subito la malinconia dei loro testi e dei loro suoni, che arriva all’improvviso come una coltellata: “Fine dell’estate” è appunto perfetta per descrivere questo mood. Personalmente do molto peso alle parole quando ascolto una canzone, forse anche per questo tendo a preferire la produzione italiana a quella straniera, e le parole di Tommaso Paradiso mi sono piaciute fin da subito, perché le ho trovate sempre vere.
Quando è nata l’idea di fare un libro su di loro? Quali linee guida hai seguito nel tuo lavoro?
L’idea è arrivata da Arcana: hanno letto la mia recensione su Ondarock, una delle webzine per cui scrivo, di “Completamente sold out” e l’hanno trovata interessante, quindi mi hanno proposto di occuparmi del libro sui Thegiornalisti per la collana “Cantautori del Duemila”. Ho incontrato l’editore a Roma e poi mi sono messa subito al lavoro: per i tre mesi successivi ho passato buona parte dei miei weekend in casa a scrivere, in compagnia solo delle interviste e delle canzoni dei Thegiornalisti. L’idea nella mia testa era quella di raccontare la loro storia dagli inizi, quando nessuno li conosceva, e fare una panoramica a 360° sulla loro musica ma anche sulla loro vita, sui fan e su come la loro produzione è cambiata nel corso degli anni, dando spazio anche alle critiche e ai commenti ironici.
Sebbene la tua non è una classica biografia, ma una guida ragionata ai dischi, alle canzoni e alle collaborazioni della band, ci viene da chiederti se hai provato comunque in qualche modo a entrare in contatto con Tommaso Paradiso e soci. Inoltre, sai se hanno letto il tuo libro?
Durante tutto il periodo di stesura del libro ho avuto contatti con Nicola Cani, il manager della band, a cui avevo inviato anche un’intervista per Tommaso, Marco e Marco. Purtroppo, a causa dei tempi stretti di pubblicazione, non abbiamo fatto in tempo a inserire questa parte, e dunque non ci sono interviste in esclusiva all’interno del libro. Tuttavia, di materiale online ce n’è davvero parecchio, a partire dai canali social fino ad arrivare a YouTube, dunque non ho avuto difficoltà a reperire informazioni. Per quanto riguarda la seconda domanda, la casa editrice ha inviato loro una copia del libro, quindi immagino l’abbiano letto ma non ne ho la certezza.
Molti hanno conosciuto i Thegiornalisti con l’album “Completamente Sold Out”, anche se la band aveva già realizzato tre album. Tu preferisci la prima fase rock del gruppo o la svolta pop?
Gli unici Thegiornalisti che non mi piacciono sono quelli di “Love”, per il resto considero “Completamente sold out” uno degli album della mia vita, così come all’interno di “Vol.1”, “Vecchio” e “Fuoricampo” ci sono pezzi che ritengo veri e propri capolavori. Mi piace il Tommaso degli inizi, quando scriveva quei testi così nichilisti, esistenzialisti e malinconici, ma mi ritrovo anche nei pezzi più pop in cui racconta delle sue avventure quotidiane. Mi piacciono le chitarre dei primi due album così come i sintetizzatori degli altri, e anche se il cambiamento non è sempre sinonimo di evoluzione, ritengo che fino al quarto disco i Thegiornalisti avessero davvero qualcosa da dire.
Quali sono le tue cinque canzoni preferite del gruppo?
“Io non esisto”, “La tua pelle è una bottiglia che parla e se non parla vado fuori di me”, “Fine dell’estate”, “Proteggi questo tuo ragazzo”, “Il tuo maglione mio”
Il tuo libro è stato pubblicato prima dell’uscita del recente album “Love”. Qual è il tuo giudizio su questo lavoro? E che spazio avrebbe occupato nel tuo volume?
L’unica canzone di “Love” che mi è piace è “Zero stare sereno”. Per il resto lo trovo un disco banale e ripetitivo, non hanno proposto nulla di veramente nuovo in questo lavoro e sia dai testi che dalle melodie si capisce, a mio parere, che l’unico obiettivo del disco è quello di vendere e arrivare a più gente possibile, riempire i palazzetti e avere sponsorizzazioni. Sono scelte, e al contrario di tanti fan storici non sono assolutamente arrabbiata con Tommaso e soci, perché il loro obiettivo è stato, fin dall’inizio, raggiungere il successo, e non l’hanno mai nascosto. Se c’è una cosa che non manca in questo periodo storico è proprio l’offerta di cantanti indie/itpop italiani, dunque a chi non ha gradito la svolta pop dei Thegiornalisti consiglio semplicemente di ascoltare altro, senza rodersi troppo il fegato.
Ti sei soffermata in maniera precisa e puntuale su tutte le collaborazioni, i singoli fuori dagli album e le curiosità. C’è qualche aspetto della band che avresti voluto approfondire ma che hai preferito mettere da parte?
No, diciamo che ho avuto lo spazio sufficiente per parlare di tutti gli aspetti che mi stavano a cuore e che a mio avviso ritenevo importante portare alla luce.
Dopo questo libro, quali sono i tuoi progetti futuri?
Continuare a scrivere di musica, sicuramente. Mi occupo di recensioni, interviste e live report per Ondarock e Beat&Style e seguo alcune band emergenti a livello di stampa e comunicazione. Mi piacerebbe, se ne avrò occasione, firmare la biografia di altre band italiane e sicuramente inizierò a lavorare a un libro tutto mio, un romanzo che potrebbe avere la musica come filo conduttore.