Competente ed appassionato, Massimo Salari e’ uno dei nomi più noti tra i fan di prog. Oggi ci parla del suo libro Rock Progressivo Italiano. Nulla di nuovo direte voi? Ed invece si, perche’ affronta il periodo 1980-2013.
Massimo, presentati ai nostri lettori e racconta del tuo percorso di ascoltatore e poi critico musicale.
Prima di tutto un caro saluto a tutti i lettori di Musicalnews. La mia passione per la musica è atavica vista l’età di cinquantaquattrenne. Inizio all’età di nove anni ad ascoltare musica grazie ad un mio vicino d’ appartamento avente già negli anni ’70 un impianto quadrifonico in casa. Immaginate voi cosa può succedere nella mente di un ragazzino all’ascolto di The Dark Side Of The Moon (Pink Floyd) quadrifonico! Una magia. Nasco quindi immediatamente non solo amante della musica, bensì collezionista, sempre alla ricerca esasperata di edizioni limitate o di alta qualità sonora. Inizio con i Pink Floyd, King Crimson, Genesis, Goblin, Led Zeppelin per poi dare un occhiata al passato. Per mia natura ho sempre amato cercare di capire l’evoluzione delle cose e nella musica il modus operandi è identico. Ho comperato molti libri di settore, biografie, enciclopedie e letto molte riviste come Ciao 2001, Stereoplay, HM, Metal Shock, Flash etc. etc.. Non sono ovviamente un ascoltatore specifico di un genere musicale, bensì di tutti, per questo mi ritrovo bene nel genere Rock Progressivo. Il mio essere critico, caro Gianni, fa palestra proprio nella tua storica fanzine Andromeda. A seguire ho scritto anche sul cartaceo Rock Hard e Flash. Oggi ho un blog che si chiama Nonsolo Progrock, molto seguito dagli amanti del genere e scrivo su “Rock Impressions” e “Flash Forwards”. Ho passato anche sei anni nella giuria Progawards di Fabrizio Catalano. Progawards è stato un premio web mondiale che si dava agli artisti divisi per categorie: “Miglior debutto”, Migliore band italiana”, “Migliore band straniera”, “Migliore artwork”, “Migliore incisione” etc. Oggi ho scritto questa enciclopedia storica “Rock Progressivo Italiano 1980 – 2013” per Arcana Edizioni, e sono stato il primo a parlare integralmente di questo genere esclusivamente post anni ’70, senza narrare i soliti noti.
Quando in Italia si parla di rock progressivo, subito si pensa alla scena storica degli anni ’70. Il tuo libro invece inizia dove tutto per molti è finito, dagli anni ’80. Dove hai trovato tanto coraggio e come nasce questa idea?
Sono semplicemente un consapevole scellerato. Come ti dicevo, io ho letto e leggo ancora molto di musica. Ho libri anche enciclopedici al riguardo, soprattutto di Rock Progressivo e quello che non ho mai digerito è stata la frase “…E nel 1980 il genere muore sotto i colpi del Punk, della New Wave e della Discomusic”. Lo dicono in molti. Ecco, alzo gli occhi e guardo la mia sala con migliaia di dichi Prog post anni ’70 e dico: “Lo sapete? Voi per la grande critica non esistete”. Il mio libro nasce dunque provocatoriamente dalla volontà di dare voce a questi dischi, alle nuove leve, e ai nuovi classici. Facile fare i fenomeni quando un genere va di moda montando sul treno del successo altrui. Meno facile è fare il salmone controcorrente. Tanta musica Prog italiana buona è stata fatta nel tempo a seguire gli anni ’80, ed io ho voluto testimoniare sia la buona qualità del genere che la volontà di progredire il nostro Rock. Molte band storiche negli anni 2000 si sono riformate, e questo è potuto accadere solo grazie alla caparbietà di chi ha tenuto in vita il genere, ossia i meno noti se non “ignoti” che hanno tenuto calda la cenere sotto la brace. Nel mio libro cerco anche di fare luce sul significato intrinseco del termine Progressive Rock, intervistando gli artisti stessi per farne scaturire un quadro generico dal quale ne traggo delle dovute conclusioni. Questo perché oggi attorno al suo significato si aggira molta confusione. Siete curiosi di sapere?
Il prog rock italiano dagli anni ‘80 in poi l’hai vissuto in diretta o l’hai scoperto dopo? In sintesi il tuo è un omaggio da appassionato della nostra musica prog o hai voluto fare un indagine puramente giornalistica?
Vissuto in diretta. La mia passione collezionistica alimentata dalla spinta inglese (sempre loro) del New Prog anni ’80 con band come Marillion, IQ, Pendragon, Pallas, Twelfth Night, Castanarc ed altre ancora, ha fatto il resto. Ho girato molto per vederli dal vivo, specialmente i Marillion. Una passione mai sopita. Si, il mio è un omaggio da appassionato, un appassionato viscerale.
Immagino che ti sei documentato nella tua collezione di dischi e demo tape, ma anche attraverso riviste ed internet. Raccontaci come hai elaborato e raccolto tutto il materiale che poi è diventato il libro. Quanto sono durate le ricerche?
Un lavoro titanico che lascio alla vostra fantasia immaginare. Importanti sono state le riviste (specie quelle che ho citato prima, e ci aggiungerei la fanzine storica Paperlate), ma soprattutto internet. Oggi si ha il mondo in casa e quindi per fare ricerca ed ascolto è anche un piacere oltre che essere veloce. Tuttavia molti dischi li compero ed altri mi giungono a casa per le recensioni, per cui in questo sono stato avvantaggiato. Ho fatto circa 1000 recensioni a gruppi Prog italiani, per cui so molto del mio. Le ricerche comunque sono durate circa due anni per poi aggiungerci la stesura del libro, per un totale di circa tre anni e più di lavoro. Catartica per me la stampa finale del libro. Devo ringraziare l’Arcana Edizioni nella persona di Federico Pancaldi che ha creduto immediatamente nella mia scommessa e credo che la stiamo anche vincendo, visto che ho ricevuto anche una nomination per “Migliore Enciclopedia 2018” al premio MACCHINA DA SCRIVERE 2018. Il Progressive Rock è una musica di nicchia, ma i suoi seguaci sono affamati di sapere e assimilano e fagocitano tutto ciò che esce al riguardo. Il libro l’ho elaborato fondamentalmente in tre parti, la prima introduttiva e descrittiva del genere, la seconda enciclopedica con gli esordi delle band suddivise anno per anno, e la terza parte con le interviste ai 13 protagonisti che ho ritenuto più importanti per questo genere nel tempo post anni ’70.
Il prog italiano è continuamente in fermento, e propone grandi band e dischi in continuazione. Ma tutto sembra fermarsi agli anni ’70. Come vive questa cosa? Non pensi che sia frustrante anche per te che documenti con recensioni, interviste ed ora libri, la fertilità del nostro prog?
E’ molto frustrante! Vero che ci sono capolavori negli anni ’70 inconfutabili, ma è altresì vero (ma non lo si ammette solo per valore collezionistico) che c’è altrettanta spazzatura. Ci sono dischi anni ’70 osannati ma che in realtà non hanno scaturito che poche centinaia di copie stampate, viceversa ci sono dischi post anni ’80 con artisti validissimi (per fare un esempio Fabio Zuffanti e i suoi progetti Finisterre, Hostsonaten etc. etc.) che hanno fatto dischi di qualità decisamente migliore ma non esaltati come questi misconosciuti. Il paradosso è dato dalla mistificazione di oggetti che devono salire di valore collezionistico, altrimenti tutto questo non ha una vera e propria spiegazione plausibile, a meno che molti critici e scrittori siano sordi. Ma è inconfutabile lo straordinario lavoro di gruppi come P.F.M. Premiata Forneria Marconi, Le Orme, Banco Del Mutuo Soccorso, Area, Osanna, Rovescio Della Medaglia etc. etc. La lista è davvero lunga e credo che chi ama questo genere la conosca a memoria. Oggi è diventato frustrante anche recensire, in quanto si è consapevoli che molti non leggono, ma cercano solamente l’album da scaricare direttamente su internet (generalmente in maniera pirata) per averlo in un cellulare o in una pennetta usb quando va bene, altrimenti il file si sposta dopo un veloce e distratto ascolto direttamente nel “cestino”. Finiti i tempi degli ascolti allo stereo e del vinile che sta esalando i suoi ultimi respiri (il cosiddetto miglioramento prima della morte). Io faccio conferenze anche nelle scuole, e il 90% dei ragazzi di età che varia dai 13 ai 20 anni, non hanno mai visto un lp o un giradischi. Ma questo è un altro argomento.
Il libro ha anche uno spazio interviste. Qualcuno è rimasto sorpreso nello scoprire che sarebbe finito su un libro, che poi è una sorta di antologia del prog? Hai qualche episodio curioso da raccontarci?
Si, ci sono molti gruppi che sono rimasti colpiti dal fatto che li ho nominati, alcuni addirittura sono sgomenti su come io posso averli scovati in quanto appena autori di un demo e mal distribuito. Ecco, qui come dicevamo, internet ha giocato un ruolo fondamentale, ma anche il mio naso da segugio (dovrei dire orecchio) non è stato da meno. Di episodi curiosi ne ho alcuni, ma quello che più mi ha divertito è stato ricevere risposte come: “Ma noi non siamo un gruppo Progressive Rock!”, questo per sottolineare nuovamente la confusione che si aggira attorno a questo appellativo. Ci sono band che fanno sperimentazione e non sanno di essere sperimentali, ossia “progressivi”. Molti intendono Progressive Rock solo il sound antico del Mellotron e quant’altro. Altri mi chiedono il perché di una copertina nera e angosciante con quel volto che sembra gridare dolore, di certo non invoglia all’approccio con il libro. E invece è proprio l’opposto, è uno specchietto per le allodole! Chi conosce il genere (colui a cui mi riferisco in primis) riconosce l’uomo schizzato del 21 secolo, disco storico dei King Crimson ed icona sacra del genere. Noi abbiamo solo stilizzato ed aggiunto i colori della bandiera italiana. Sto parlando ovviamente di In The Court Of The Crimson King del 1969, l’inizio ufficiale.
Oltre al rock progressivo, quali sono i generi che apprezzi maggiormente? Chi sono i gruppi/artisti che ti hanno cambiato la vita?
Sono contento che mi hai fatto questa domanda, in quanto chi ama il Progressive Rock deve essere a mio modo di vedere, un onnivoro musicale. Si, perché per capire la sperimentazione e gli innesti che si infliggono al Rock, bisogna conoscere anche gli altri rami. Io dunque ascolto di tutto, dalla classica al Jazz, passando per l’elettronica, il Krautrock, il Reggae e il cantautorato. Ma la musica che io amo di più e che mi da sempre nuove emozioni (ci sono anche cresciuto), non ci crederete mai ma è l’Heavy Metal in tutte le sue sfumature, anche Death o Black che dir si voglia, non ho limiti. I gruppi che mi hanno cambiato la vita sono moltissimi, impossibile nominarli tutti, ma per onestà intellettuale e storica io dico per primi i Beatles, senza di loro il Rock non si sarebbe evoluto in questa maniera. Il perché lo spiego dettagliatamente nel libro. Poi i citati Pink Floyd, Supertramp, Jethro Tull, i Queen, Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, Ivan Graziani, Iron Maiden, Metallica, Exodus, Bob Marley, Miles Davis, Armstrong, Mozart, Deep Purple, Led Zeppelin, Atomic Rooster, Judas Priest, Queensryche etc. etc. Mentre oggi godo di Porcupine Tree e quindi anche di Steven Wilson, Opeth, Anathema, The Pineapple Thief etc. etc.
Mi sembra che il libro sia stato apprezzato, a testimonianza che non tutti vivono solo di nostalgia. Ora cosa dobbiamo aspettarci, hai altre idee in cantiere?
Si, è stato apprezzato notevolmente e come ti dicevo con annessa nomination al premio MACCHINA DA SCRIVERE 2018, per cui, qualcuno ha gradito. In più ho venduto anche all’estero, perché mi sono giunte richieste sia dal Brasile che dal Giappone oltre che dalla Francia e dalla Svizzera. Ma la quantità di copie vendute ancora mi è sconosciuta, bisognerà attendere la fine del ciclo annuale di uscita. Sono davvero curioso anche io. Ho ricevuto alla pagina Facebook del libro molte fotografie selfie di amici ed artisti con il mio libro, più di 200, questo è un campanello che mi fa capire l’entità della cosa. Oggi vendere un libro è una impresa titanica e tu Gianni lo sai benissimo, se non si compera la musica, figuriamoci se si compera chi ne parla. Nuovi progetti? Si, qui ve lo dico in anteprima, sto facendo un’altra enciclopedia che vedrà luce l’anno prossimo, questa volta non suddivisa per anni, ma per regioni e trattasi di una costola del libro precedente, volutamente tenuta fuori in quanto molto ampia, ossia il Metal Progressive Italiano.
Dove trovi le energie per alimentare la tua grande passione per la musica?
Questa è la domanda più difficile che mi è stata fatta sino ad ora in tutte le interviste. Non lo so, forse sono composto dalla stessa essenza dei suoni e vibro con loro acquisendone l’energia (scherzo). Più che altro è il tempo libero che mi manca. A parte gli scherzi, mi resta semplice, ci sono nato con la musica e sempre l’ho ascoltata, l’alimentazione nel tempo poi l’ha elargita la mia immortale curiosità. E come concludo nel libro ti dico che in fondo “La musica è il grido liberatorio del silenzio”, qualunque essa sia. Buona musica a tutti.
Massimo Salari: l’esploratore del prog italiano
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