Franco Battiato: mi piacciono ancora le scelte radicali

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Metti un pomeriggio di novembre con Franco Battiato e il filosofo Manlio Sgalambro. Il cantautore siciliano, che ha attraversato tutti i generi e gli stili musicali, è ora approdato al cinema. Uscito lo scorso maggio, il film “Perduto Amor” ha ricevuto ottimi consensi di critica e pubblico, e ancora oggi viene proiettato in numerosi festival cinematografici. Come a quello di Sulmonacinema, dove appunto il film è in concorso. Incontriamo il Maestro e il fido Sgalambro in occasione di un incontro con i giornalisti. Appena arrivato mi riconosce e mi dice “Sempre fedele alla linea”: evidentemente si è ricordato dell’ultima intervista, che gli avevo fatto due anni fa (ai tempi di “Ferro Battuto”) a Roma, in occasione di una mostra di suoi quadri. Battiato ama scherzare e spiazzare, e infatti ad alcuni colleghi che lo intervistano risponde anche in inglese e in tedesco. Quando arriva il nostro turno io e il collega Massimo Giuliano iniziamo una breve, ma intensa, conversazione sulla sua carriera, le canzoni e il film.

Antonio Ranalli: Come mai nella scaletta di “Last Summer Dance”, il suo ultimo album dal vivo, non ci sono brani tratti da “Ferro Battuto”? Perchè ha escluso dai concerti della scorsa estate questo disco, a tutt’oggi il suo ultimo album di inediti, e che secondo me era piuttosto in linea con il resto del repertorio?

Franco Battiato: Cosa vuoi che ti dica… In 40 anni di musica qualcosa devi pur lasciar fuori. Non potevo mica mettere tutto.

Antonio Ranalli: Per questo live ha ripescato anche una b-side. Si tratta dell’”Incantesimo”, che era uscita all’epoca sul singolo di “Shock In My Town”. Come mai ha deciso di riprendere proprio questo brano e non altre outtake, come ad esempio “Declin And Fall Of Roman Empire” (b-side del singolo “Strani giorni” n.d.a), che tra l’altro mi sembra molto attuale…

Franco Battiato: Attuale come?

Antonio Ranalli: … attuale al periodo che stiamo vivendo…

Franco Battiato: … sì, l’attualità della decadenza della società occidentale. Anche qui vale il discorso che facevo per la scelta dei pezzi del disco dal vivo. Non faccio differenza tra i brani. Per me l’uno vale l’altro…

Antonio Ranalli: Riguardando qualche giorno fa i miei archivi, ho ritrovato una vecchia pubblicità, apparsa all’epoca sui quotidiani, in cui lei invitava a “prendere” la tessera del Partito radicale di Marco Pannella, che stava rischiando di chiudere. In una canzone cantava “Mi piacciono le scelte radicali” (da “Mesopotamia” n.d.a.). Mi chiedo: piacciono ancora a Battiato le scelte radicali?

Franco Battiato: Le scelte radicali a cui mi riferisco nella canzone non sono quelle del partito. Per me la scelta radicale, in base all’aggettivo, va intesa come un voler essere estremi con se stessi.

Antonio Ranalli: Quindi può essere radicale anche la partecipazione ad una manifestazione come la “Festa Tricolore” di Alleanza nazionale, che tanto ha fatto discutere la scorsa estate?

Franco Battiato: Ecco, quello è un altro esempio di radicalità. Secondo me l’artista è un tramite tra il cielo e la terra. Quando sono su un palco, se mi dicessero “Guarda, in mezzo al pubblico c’è un assassino” io mica potrei smettere il concerto e dire a quella persona “Devi andare via” o cose di questo tipo. Allo stesso modo l’artista quando è su un palco non deve dare giudizi politici. Cosa che invece può avvenire nel privato. A me non interessa essere di destra o di sinistra. Nella vita pubblica certe cose non puoi dirle. Anche a me, quando guardo la televisione, capita di dare giudizi piuttosto pungenti su personaggi che non mi piacciono: ma questo resta nel privato.

Antonio Ranalli: La scorsa settimana, intervistando Riccardo Sinigallia, che proprio in questi giorni è uscito con un suo disco solista, è venuto fuori che uno dei dischi che gli ha cambiato la vita è stato “La Voce del Padrone”. Lo stesso album è stato considerato tra i fondamentali da Frankie Hi Nrg e da altri giovani artisti. A distanza di tanti anni dall’uscita di quel lavoro, si è spiegato il perché ancora oggi tante persone lo citano e lo considerano tra i propri preferiti?

Franco Battiato: Vedi, il fatto è che io con quell’album ho giocato. “La voce del padrone” è un disco che è stato realizzato in assoluta libertà. Quando ti togli dalla responsabilità di alzare il tiro, ti senti libero, ed è proprio in quel momento che crei prodotti interessanti! Poi non mi è più successo.

Antonio Ranalli: Non è vero, anche con “L’imboscata” ha avuto un grande successo…

Franco Battiato: Hai ragione. Anche lì ho teso un’imboscata…

Antonio Ranalli: Che cosa può dirci delle prossime repliche della “Messa Arcaica”?

Franco Battiato: Verranno fatte tre rappresentazioni a dicembre. Ricordo ancora la prima assoluta dell’opera, che venne fatta alla Basilica di San Bernardino all’Aquila. C’era una fila enorme e tante persone restarono fuori.

Antonio Ranalli: Quanto dobbiamo aspettare per un nuovo album di inediti?

Franco Battiato: Quien Sabe!

A questo punto il collega Massimo Giuliano interviene per sapere qualcosa del film “Perduto Amor”…

Massimo Giuliano: Maestro, dopo aver esplorato vari ambiti musicali (il pop, l’elettronica, la lirica), era inevitabile il suo passaggio al cinema, prima o poi?

Franco Battiato: Beh, tutto sommato il confronto tra musica e cinema può essere sintetizzato così: il linguaggio è lo stesso, ma cambia il mezzo. E’ solo dopo che provi certe esperienze che capisci che puoi spingerti oltre. Questo film era il mio primo esperimento con il cinema, e ne sono rimasto contento.

Massimo Giuliano: Quanto sono importanti per lei gli anni ‘60? Vedo che li ha “citati” musicalmente nei due dischi di cover realizzati (”Fleurs” e “Fleurs 3″ n.d.a.), e che anche nel film sono ben presenti…

Franco Battiato: Beh, gli anni ‘60 per me non sono poi così importanti! Per me conta lo sguardo verso il passato. Nei due “Fleurs” ho cercato di intendere la musica leggera come la liederistica tedesca dell’800. In questo senso, ho riletto con un quartetto d’archi e un pianoforte brani storici come quelli di De Andrè ed Endrigo. Ho cercato di mettere in evidenza la suggestione della canzone leggera italiana, facendo in modo che potesse competere con il paragone tedesco.

Antonio Ranalli: Lei ha sempre detto che “Perduto Amor” non è un film biografico. Però ho riscontrato un’attinenza tra il film e le sue canzoni. In particolare mi riferisco alla scena del bambino che si ritrova davanti al mare. Praticamente corrisponde a quando canta “La maestra ci dava ripetizioni nel suo cortile / io stavo sopra un muretto ad ammuffire / ogni tanto passava una nave” (da “Sequenze e frequenze” n.d.a.). Che ne pensa?

Franco Battiato: Sì, sono d’accordo con te. Ho ripreso nel film una suggestione della canzone, perché mi interessava. Ma non è comunque una situazione che ho vissuto. La mia infanzia è stata molto diversa da quella del protagonista del film.

Massimo Giuliano: Sono sempre stato incuriosito da questa sua collaborazione con Manlio Sgalambro. Un filosofo, autore di un libro come “Contro la musica”, alla fine ha scritto testi per canzoni, le sue. Che cosa l’ha portata a voler collaborare con Sgalambro?

Franco Battiato: Direi di girare la domanda direttamente all’interessato… Manlio, puoi venire un attimo?

A questo punto ripetiamo la domanda al filosofo…

Manlio Sgalambro: “Contro la musica”, a dispetto del titolo, non era contro la musica. Finiva con la frase “Chi vuol capire, capisca”. La musica veniva “sbattuta contro il muro” e poi rianalizzata.

Franco Battiato: Mi inviò il libro come una sorta di provocazione. Io mi sono divertito e gli ho proposto di collaborare con me.

Antonio Ranalli: Quest’estate in uno dei vostri concerti ho sentito un ragazzo gridare da sotto il palco “Manlio, sei meglio di Kant”. Come reagisce a questi complimenti? Secondo lei, se Kant avesse avuto a disposizione anche la musica per comunicare, avrebbe raggiunto risultati più grandi?

Manlio Sgalambro: Non mi pare di aver sentito questa cosa… Comunque, se l’avessi sentita, avrei preso a pugni chi urlava una frase del genere! In “Teoria della canzone” ho parlato del fatto che oggi la canzone ha tutt’altro significato: la musica leggera è diventata la vera rappresentante della musica. Ha il ruolo che un tempo era proprio della musica colta.

Massimo Giuliano: Questa inversione dei ruoli che si è verificata tra musica colta e musica leggera secondo lei è temporanea o è irreversibile?

Manlio Sgalambro: E’ sicuramente temporanea. Tenga presente che la musica colta oggi è troppo distante dall’orecchio dell’ascoltatore: non riesce a raggiungerlo, mentre invece la musica leggera è più vicina all’interlocutore. Il problema, semmai, è definire la durata di questo momento: con l’aggettivo “temporaneo” posso intendere anche qualche secolo. Ma sicuramente prima o poi la musica colta si riprenderà quel ruolo che aveva in passato.

Antonio Ranalli: Io mi sto per laureare con una tesi sul mondo dei fan. Lei ha pubblicato un album di cover dal titolo “Fun Club”. Un titolo che mi ha molto incuriosito. Da dove nasce?

Manlio Sgalambro: Ho voluto giocare sul suono della parola. “Fun” si pronuncia “Fan”. Mi interessava mettere in evidenza l’aspetto di frivolezza della musica proposta.

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