Roberto Vecchioni: un Professore (di successo) a Pescara!
di: Massimo Giuliano
Serata sensazionale al Teatro Massimo di Pescara: Roberto Vecchioni ha regalato due ore e mezza di ottima musica con il suo "Rotary Club of Malindi" tour L'agenzia Localbus, da sempre organizzatrice di grandi concerti in quel di Pescara, anche stavolta non si smentisce e ci regala uno spettacolo di classe, con uno dei più celebrati cantautori italiani: Roberto Vecchioni. Lunedì 29 marzo, al Teatro Massimo si sono vissute 2 ore e mezza di buona musica, con un Vecchioni in forma e nelle inedite vesti, in alcune occasioni, di satiro, grazie anche all'impostazione quasi da recital che il suo concerto ha. Ma andiamo con ordine.
Poco dopo le 21, si apre il sipario con uno schermo su cui campeggia la frase "Solo chi non ha scritto mai lettere d'amore fa veramente ridere". Un attimo dopo, entra Roberto, applauditissimo, e intona, accompagnato solo da un pianoforte e una tastiera, "Le lettere d'amore", dolcissima riflessione sulla magniloquenza dell'amore. Al termine del brano, una donna gli consegna una rosa, e lui risponde parlando del viaggio effettuato poco tempo fa in Kenya per ritrovare se stesso: un viaggio, tra l'altro, prolifico, visto che gli ha ispirato l'ultimo album "Rotary Club of Malindi". Il soggiorno in Kenya è diventato un percorso interiore "per tornare a farmi anche delle domande: noi occidentali non abbiamo mai domande da porci, abbiamo solo risposte".
Parte subito dopo "La mia ragazza", seguita da "Vincent", la bellissima cover dell'omonimo brano di Don McLean, realizzata da Vecchioni nel 2000 per raccontare Van Gogh visto dal suo grande amico Gauguin.
Subito dopo, il cantautore attacca un monologo sulle parole: "Se le parole finissero sarebbe la fine. Conosco tanta gente che dovrebbe parlare di meno. Bisognerebbe avere alla nascita un tot di parole da spendere e poi basta, se ne vuoi altre devi pagare. Le parole sono un miracolo". E' quasi sottinteso il riferimento a certi politici che farebbero meglio, in più di un'occasione, a tenere la bocca chiusa. C'è anche spazio per una riflessione sulla guerra, e qui il "Professore" Vecchioni sale in cattedra leggendo un brano di Bertold Brecht, "La guerra che verrà", che ammonisce su una cosa: al termine di un conflitto bellico, sia fra i vincitori che fra i vinti è la povera gente a fare la fame.
Torna a regnare la musica, e lo fa con "Sogna ragazzo sogna". Sullo sfondo vengono proiettate immagini di uomini e donne africani: sarà così per tutto lo show, incentrato sul continente nero (anche la scenografia, inerente il Rotary Club of Malindi, richiama quel contesto).
L'occasione per ammirare l'inedito Vecchioni satiro di cui accennavamo prima è data dal tentativo di dare una definizione dell'innamoramento: il cantante prima imita Schifani, poi Biscardi. Alla fine, citando Alda Merini, ci fa capire la chiave del discorso: "A volte Dio uccide gli amanti perché non vuole essere superato in amore". E' inevitabile ascoltare, a questo punto, la "Canzone per Alda Merini".
Su "Le mie ragazze", che lanciava l'album "Il cielo capovolto" del 1995, Vecchioni si lascia andare invece a una considerazione sulle donne: esse sono la prova dell'esistenza di Dio.
Prima di concludere il primo atto del suo spettacolo, Vecchioni ricorda anche che i diritti editoriali derivanti dal brano "Rotary Club of Malindi" verranno devoluti all'associazione Lila Cedius. In particolare, questo contributo andrà a sostenere il progetto Aidsudafrica, l'intervento che l'associazione sta realizzando in Sudafrica per la riduzione della trasmissione dell'HIV dalle madri sieropositive ai neonati, intervenendo prima e durante la gravidanza, nel momento del parto e nella fase di allattamento.
Con la commovente "Viola d'inverno" (dall'album "Il lanciatore di coltelli"), eseguita in una versione per sola chitarra e voce, si chiude il sipario: pausa di una decina di minuti circa. Ci vuole proprio, visto che questa canzone affronta, in maniera molto delicata e romantica, il tema della morte, e così un piccolo istante di raccoglimento è d'obbligo.
Si riprende, e lo si fa con un brano movimentato: la mitica "Samarcanda", che nel 1977 ha tributato forse per la prima volta all'artista milanese il consenso del grande pubblico. Ancora un monologo, stavolta per ironizzare sul premier Berlusconi, che già da piccolo ce l'aveva con i comunisti, pur non sapendo cosa fossero ("So solo che vanno eliminati tutti"), e che sognava di fare il cantante...
Con "El bandolero stanco" Vecchioni ripercorre un'altra tappa importante della propria carriera: correva l'anno 1997, e questo brano fu un hit dell'estate. Salto indietro di 20 anni, ed ecco "Stranamore".
Giungiamo poi alla title-track dell'ultimo cd, "Rotary Club of Malindi": Roberto racconta una "semplice rivelazione" rispetto alla quale risultano tragicamente comici tutti i sogni di potere, di sopraffazione, di superiorità civile del mondo occidentale e sempre più risibili gli affarucci italioti e tutte le minute avventure di chi si prende troppo sul serio.
Secondo Vecchioni i bianchi sono afflitti solo da due malattie: lo stress e la depressione, "tipiche di chi non ha un cazzo da fare". Il Rotary Club of Malindi esiste davvero, e questa cosa, di per sè assurda, ha spinto Vecchioni a realizzare un calypso in cui i neri "ringraziano" i bianchi per tutte le "belle" cose che essi hanno realizzato in Africa: per aver portato la dittatura, per non aver portato i medicinali, ecc...
Con questa canzone si chiude il sipario, ma non lo show, tanto che, invocato a gran voce, il cantautore torna in scena per eseguire tre brani, tra i quali spicca un'intensa "Luci a San Siro". Un finale veramente sensazionale. Grazie, Roberto!
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