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“Stazioni lunari prende terra a puerto libre”, il nuovo album di Ginevra Di Marcodi: Ambrosia J.S. Imbornone Arriva oggi nei migliori negozi di dischi il nuovo album della Di Marco: reduce dal progetto di musica itinerante “Stazioni lunari”, Ginevra si fa “abitare” dal fascino antico dei canti italiani,rumeni,greci,cileni,francesi... E' arrivato oggi nei migliori negozi di dischi il nuovo album di Ginevra Di Marco, intitolato “Stazioni lunari prende terra a puerto libre”. A quasi due anni dall’uscita di “Disincanto”, pubblicato nel gennaio 2005, una delle voci più carismatiche e intense della musica italiana, dotata di originalità e palpabile, fervido calore, torna in veste di interprete con un disco pubblicato dall’etichetta Radiofandango, diretta da Stefano Senardi, che fa capo alla Fandango di Domenico Procacci. Si tratta di 11 rivisitazioni minimali di canti popolari, sulla scia del progetto itinerante “Stazioni lunari”, portato avanti con il compagno Francesco Magnelli, pianista e arrangiatore, come lei ex CSI e PGR, ed amici come Max Gazzè, Peppe Servillo e Paola Turci. L’album, registrato al Funambulo studio con la produzione artistica dello stesso Magnelli e quella esecutiva di Sergio delle Cese, porta così su cd la magia di un concerto che fonde momenti più intimi al sapore della festa, della danza, alle atmosfere di paese e alla voci antiche che da sempre esprimono l’anima segreta e senza tempo delle genti. Le canzoni allora custodiscono il fuoco del ritmo, la rabbia delle rivendicazioni rivoluzionarie, le passioni, le tradizioni e i costumi, narrati dai margini della storia, eppure conservati gelosamente in scrigni sonori dal fascino misterioso, che al linguaggio irrazionale e dionisiaco delle note aggiungono quello razionale della parola. Così, dai canti rumeni, ungheresi, greci, slavi, portoghesi, dalla musica dei Balcani, dei Rom, della Bretagna, del Messico, del Cile, del Sud-Italia e della Toscana Ginevra si è lasciata abitare, perché – dice nella presentazione del disco – “i canti sono esseri in continua trasmigrazione” che “abitano nei corpi e nei cuori di chi li accoglie”. L’artista li ha accolti allora come un puerto libre, uno di quei luoghi unici del Messico che potevano ospitare qualunque tipo di mercanzia, proveniente da qualunque posto del mondo, da quella più pregiata a quella di curiosa e bizzarra. Leggendo le pagine di “Puerto libre” di Angeles Mastretta Ginevra si è infatti, tra il serio e il faceto, riconosciuta in questi porti, per la strana sensazione, provata nell’ultimo anno, di essere abitata da questa musica che ha attraversato secoli e spazi, per parlare agli ascoltatori-esploratori di oggi come lingua ancora viva della fatica, del dolore, dell’amore. Dato che – come ricorda ancora Ginevra stessa – “solo chi ha radici può fiorire”, questo lavoro si presente allora come un’immersione nelle proprie origini e nella memoria, accompagnata dal pianoforte e dal suono sintetico dei magnellophoni di Francesco Magnelli, da tocchi discreti di batteria, ad opera di Marzio del Testa, dalla chitarra acustica, quella classica e dallo tzouras (strumento greco con tre doppie corde, simile al bouzouki) di Andrea Salvadori e dal clarinetto di Nico Gori. Le tracklist comprende due brani di Modugno, arricchiti dal contrabbasso di Ferruccio Spinetti, “Amara terra mia”, arrangiata da Pierò Pelù e Francesco Magnelli, e “Malarazza”, rielaborazione di un lamento popolare siciliano scritto da Lionardo Vigo nel 1857 (reinterpretata anche da Roy Paci, con i vibranti versi “Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti”, ripresi dai Rossomaltese di Luca Gemma e Gino De Crescenzo nella loro “Nudo”). Canto tradizionale siciliano è “Amuri”, mentre dalla tradizione napoletana Ginevra ha attinto “Il canto dei Sanfedisti”, che si riallaccia a un canto antirivoluzionario intonato dalle bande dei sanfedisti guidate dal Cardinale Fabrizio Ruffo a Napoli nel 1799. Ultimo pezzo italiano è “La Leggera”, soprannome affibbiato al treno che agli inizi del secolo scorso portava i lavoratori stagionali attraverso la Toscana fino in Maremma. Il termine aveva un valore dispregiativo e veniva adoperato con tono sprezzante per indicare i disoccupati e i poverissimi che viaggiavano con una sola sporta. “Saranta Palikaria” è invece un canto tradizionale greco intonato dai partigiani indipendentisti greci nel 1820, “Rumelaj” un canto tradizionale gitano dei Balcani. “Les Tziganes” proviene dal repertorio dello chansonnier Leo Ferrè, mentre “Le grande coureur” è una delle più famose “chanson à vire”, uno di quei brani che i marinai cantavano quando giravano l’argano. Completano il disco due brani sudamericani; il primo è il celeberrimo ed emozionante “Gracias a la vida” di Violeta Parra, che ha recuperato la tradizione popolare del Cile. E’ noto anche nelle interpretazioni di cantanti come Joan Baez, Mercedes Sosa e Gabriella Ferri. Il secondo è invece “La Martiniana”, brano tradizionale messicano. Articolo letto 6318 volte Riferimenti Web
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